Con i suoi conclusivi travagli la lunga e lacerante agonia dell’Amministrazione Comunale di Brindisi costituisce la punta emergente della profonda crisi che sta investendo la città.
L’Esecutivo e in generale la classe politica sembrano più impegnati a tutelare rendite di posizione che a cogliere il merito di questa crisi per affrontarla con senso di responsabilità.
Abbiamo proposto una conferenza sui mali di Brindisi quale momento di riflessione sull’evidente crisi anche identitaria della città e sulla costruzione partecipata di un percorso virtuoso dal basso che faccia ritrovare valori comuni e prospettive reali di valorizzazione delle tante risorse locali. Abbiamo fatto questa scelta dopo aver visto venir meno vari presidi culturali, sociali ed economici e, soprattutto, la rappresentatività di una comunità sempre più in difficoltà e marginalizzata anche a livello regionale.
Abbiamo ricevuto qualche critica ma l’abbiamo colta come un’occasione di costruttivo confronto così come abbiamo ricevuto molti incoraggianti consensi e interventi intesi a recuperare servizi democratici perduti e a dimostrare che “un’altra Brindisi è possibile”.
E non vi è dubbio che un’altra Brindisi è possibile se si ritrovano radici identitarie, se si valorizzano spazi di democrazia partecipata specialmente nelle periferie laddove appaiono più labili e se dal basso e non dall’alto si creano e si consolidano garanzie di legalità e trasparenza nella vita pubblica nonché occasioni per uno sviluppo non più “capital intensive” ed ad alto impatto ambientale e sanitario. Uno sviluppo che sia realmente sostenibile ed autopropulsivo non rinnegando affatto la realtà industriale ma per essa promuovendo investimenti innovativi legati alle risorse naturali del territorio.
C’è bisogno ovviamente di una diversa selezione della classe dirigente che nasca dal confronto e dal riconoscimento delle competenze e non da trasformismi gattopardeschi e da apparenti aperture alla società civile. Di tutto questo vogliamo continuare a parlare con quanti come noi scelgono di impegnarsi per superare un comprensibile pessimismo della ragione all’insegna di un doveroso “ottimismo della volontà”.
Sostieni il tuo quotidiano Agorà Magazine I nostri quotidiani non hanno finanziamento pubblico. Grazie Spazio Agorà Editore