ANNO XVIII Dicembre 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Domenica, 23 Luglio 2017 00:00

Taranto - Tre giorni di riflessioni da Violante al vescovo Cassano gli interventi

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 Pubblichiamo i tre resoconti giunti in redazione della tre giorni di riflessione organizzata da Gianni Liviano con le organizzazioni religiose e sui cui abbiamo dato spazio nella testata.

Le bombe, i tentati golpe, la guerra psicologica in Italia ovvero gli anni ‘92, che si aprono con l’assassinio di Salvo Lima, passano attraverso il barbaro attentato costato la vita ai giudici Falcone e Borsellino (e agli uomini delle rispettive scorte oltre che al giudice Francesca Morvillo) e hanno il loro epilogo nel ‘93 con l’attentato di via dei Georgofili a Firenze, con quello di Milano, in via Fauro, nel quale Maurizio Costanzo rimane miracolosamente illeso, l’omicidio di Ignazio Salvo, imprenditore legato a Cosa Nostra, per sforare, infine, nel 1994 con la tentata strage vicino lo stadio Olimpico di Roma.

Un periodo, duro, difficile che chiudeva alle sue spalle la porta sulla Prima Repubblica per spalancarne una piu’ grande su quella che sarebbe stata la Seconda Repubblica caratterizzata dall’ascesa di Silvio Berlusconi e dalla polverizzazione dei partiti tradizionali.

Tutto questo è “La strategia dell’inganno”, il libro scritto dalla giornalista Stefania Limiti e presentato nel pomeriggio di venerdì nell’ambito della Tre giorni di riflessioni organizzata dal consigliere regionale Gianni Liviano e dall’associazione “Le città che vogliamo” in collaborazione con “Argomenti 2000” che fa riferimento all’on. Ernesto Preziosi, già presidente nazionale di Azione cattolica. Un appuntamento anticipato dalla lettura del messaggio del ministro alla Giustizia, Andrea Orlando, impossibilitato, per impegni concomitanti, a partecipare alla Tre giorni di riflessioni.

A discutere con Stefania Limiti di quel particolare momento storico l’on. Luciano Violante, già presidente della Camera dei Deputati, e autore, anche lui, di un libro dal titolo “Democrazia senza memoria”. Due libri, quelli presentati venerdì (con Violante hanno dibattuto l’ex presidente del Tribunale di Taranto, il giudice Morelli, e il prof. Grasso, associato di Diritto costituzionale all’Università del Salento), uniti dal filo rosso di una stagione politica difficile, per certi versi drammatica, madre di quell’attualità stringente che fa dell’Italia ancora il paese dei misteri, dei gialli irrisolti.

“Stragi - ha spiegato Stefania Limiti - che non furono realizzate soltanto ed esclusivamente da Cosa Nostra ma ci fu un doppio livello. A mio avviso - ha aggiunto la giornalista - ci fu un lucido super potere che ha influenzato la dialettica democratica creando un vuoto di potere. L’Italia stava uscendo dalla guerra fredda che aveva comportato un terremoto politico all’interno delle istituzioni sostanzialmente liquidate, sia quelle politiche sia quelle dell’intelligence. Tutto questo ha creato quel vuoto di potere dal quale è nata Forza Italia che nel ‘94, con Berlusconi, vinse le elezioni. Ma tutto questo non si realizzò attraverso un processo naturale ma attraverso una strategia dell’inganno, attraverso una serie di atti intimidatori, terroristici, due tentativi di colpi di stato. Ne sappiamo troppo poco, ci hanno raccontato troppo poco”.

Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e una democrazia che non ha piu’ memoria legate tra loro da un sottile filo rosso. “Le democrazie si suicidano quando le idee di libertà e di giustizia attorno alle quali si erano costituite diventano loro estranee”, scrive infatti l’on. Violante nel suo “Democrazia senza memoria”, opera nella quale passa in rassegna tutte le diverse minacce che, a suo avviso, mettono a rischio le democrazie occidentali.

Allora cosa fare per far vivere pienamente la forza della democrazia? Per l’on. Violante la strada è tracciata. “Senza doveri - spiega l’ex presidente della Camera nel suo libro - non esiste il concetto di nazione: i doveri specificano il senso complessivo della cittadinanza, come obbligo politico e come rete di rapporti civici. La continua rivendicazione di diritti senza alcun riferimento ai doveri, inoltre, aumenta l'egoismo sociale e allenta i legami di appartenenza alla comunità civile”.

Ragion per cui, ha aggiunto l’on. Violante, i diritti senza doveri “trasformano i desideri in pretese, sacrificano il merito e finiscono per legittimare gli egoismi individuali. Col promettere diritti senza richiedere l'adempimento di doveri altro non si ottiene che accrescere il rancore sociale, perché si promette quello che non si può mantenere, e, in ambito pubblico, si conferiscono poteri di veto, lasciando campo libero alla demagogia e al populismo”. Insomma, ha poi concluso Violante, “occorrono strumenti nuovi per capire dove stiamo andando”.

INTERVENTO VESCOVO CICCIO SAVINO

Ha passato tutta la sua vita sacerdotale fra l’impegno con i giovani e le sfide della solidarietà. Sue sono le iniziative bitontine per i malati di Aids, le ragazze madri e i malati terminali, con l’Hospice intitolato a don Marena, suo mentore e maestro. Tutto questo è don Ciccio Savino, vescovo di Cassano allo Jonio, ospite sabato della sessione mattutina della Tre giorni di riflessioni organizzata dal consigliere regionale Gianni Liviano con l’associazione Le città che vogliamo e in collaborazione con Argomenti 2000 dell’on. Ernesto Preziosi.

“Lettura dell’impegno a partire dal Vangelo e dalla dottrina”, questo il tema sul quale si è intrattenuto don Ciccio Savino, l’uomo che è vicino a tutti, che si fa compagno di strada di ciascuno, particolarmente dei più deboli.

Tossicodipendenza, Aids ed ogni forma di emarginazione sono gli interessi che don Savino con entusiasmo e ardore sempre crescenti concretizza nella prossimità ai deboli e ai poveri la fede di Gesù Cristo. La carità, infatti, è la forza propulsiva per la ideazione della fondazione “Opera Santi Medici Cosma e Damiano – Bitonto – Onlus” nel novembre 1993. Nel frattempo don Ciccio ha già aperto un centro d’ascolto, una casa d’accoglienza per senza fissa dimora; ha dato impulso alla mensa dei poveri e ha avviato la costituzione di una associazione famiglie contro la droga. Ma, soprattutto, si fa prossimo in modo specifico agli usurati.

“In una regione dove la politica fa da zerbino - è l’esordio di don Ciccio - c’è una alienazione quotidiana dei diritti del popolo e c’è bisogno di cambiamento, di cuori pensanti e di politici dal cuore pensante. Come, per esempio, Gianni Liviano, che dell’ora della resilienza deve saper fare la sua arma per costruire piccole comunità di senso, di significato sul territorio. Questo è il modo migliore per fare da cerniera tra i cittadini e le istituzioni”.

Un percorso che va costruito giorno dopo giorno così come “giorno dopo giorno io stesso sto cercando di imparare ad essere vescovo. Non è piu’ tempo di pensieri deboli, di pensieri liquidi perchè oggi ad essere cambiata è un’epoca che ha mandato in soffitta l’uguaglianza. la legalità, il senso di comunità. Vanno recuperate razionalità e pensieri profondi anche a costo di non essere compresi perchè oggi è tempo di profezia che è tempo di una differenza. Oggi il pensiero cristiano non può omologarsi”.

La politica come forma martiriale di vivere il Vangelo, questa la strada che don Savino traccia aggiungendo come sia importante il recupero dell’etica della parola perchè oggi “siamo passati dal tempo della Pentecoste, quando tutti si comprendevano tra loro, al tempo di Babele, quando tutti parlavano e nessuno si capiva”. E la Babele di oggi sono i social network “mentre le parole, nonostante la comunicazione digitale (guai a cadere nella loro tribalizzazione), si spiegano con il cioè”.

Poi cita Paolo Borsellino. “Sono convinto che il sangue dei martiri è fecondo. Solo in Italia non lo è. Siamo al paradosso che o scegliamo la classe dirigente attraverso la digitalizzazione o attraverso le lobby e la Massoneria. E, in tutto questo, anche la Chiesa ha le sue responsabilità”.

Una Chiesa “che deve tornare a formare i giovani preti”.

“Fate quello che egli vi dirà”, un testo, quello di Giovanni, che dice, spiega il vescovo di Cassano, che quello fu il primo segno che Gesu’ compì. “Oggi - aggiunge il presule - manca il vino nella proposta politica. Il vino nel linguaggio giovanneo è la possibilità di cambiare e noi oggi viviamo la difficoltà al cambiamento. A cominciare dalla politica che deve imparare ad essere sobria, che deve saper trasformare l’acqua del disimpegno nel vino dell’impegno. La mancanza del vino nel nostro tempo per me - sottolinea il vescovo di Cassano - significa che viviamo il tempo della perversione perchè oggi c’è l’egemonia del godimento che si alimenta dello sfruttamento dell’altro”.

Poi disincanto e indifferenza, facce della stessa medaglia che segnano il passaggio “dalla cultura democratica a quella del fascismo. Noi al me ne frego dobbiamo rispondere con l’impegno che parte dalla consapevolezza che noi apparteniamo tutti allo stesso corpo, noi ci apparteniamo anche se non ci conosciamo perchè abbiamo tutti in comune il fatto di essere tutti figli e il destino umano della morte. Il rischio, però, è che prevalga il disimpegno, la rassegnazione e oggi il pensiero unico, omologato e omologante, sta cercando di farci capire che non si può cambiare nulla”.

Infine la proposta concreta: “oggi vi affido un verbo, osare. E’ tempo in cui bisogna osare, riprendere l’interrogativo dossettiano: quanto tempo sentinella manca perchè arrivi l’aurora. E’ tempo nel quale dobbiamo fare esercizio dello spirito e recuperare lo spirito critico attraverso il discernimento comunitario dal quale anche la politica non può prescindere”. Insomma, se vogliamo cambiare il mondo, “dobbiamo cambiare prima noi”, per cui la sfida oggi “è come vogliamo abitare il mondo, come vogliamo abitare la storia, come vogliamo abitare la politica e le istituzioni. Dobbiamo sforzarci di essere un cantiere sempre aperto di cittadinanza attiva rimettendo al centro la Costituzione italiana senza farne un totem”.

Spiritualità, bene comune, responsabilità, vigilanza su stessi, comunità: queste “le cinque chiavi e il portachiavi che vi consegno per aprire le porte dei processi di cambiamento”.

INTERVENTO ON PREZIONI E DON PANICO

E’ il momento dei consuntivi e delle scelte da fare perché restare nel guado dell’incertezza finisce col corrodere sicurezze date per acquisite. Per capire, parafrasando il motto dossettiano, se la notte sta lasciando il posto all’aurora di un nuovo giorno, Gianni Liviano, consigliere regionale tarantino, e organizzatore della Tre giorni di riflessioni sul tema “Fate quello che Egli vi dirà” (che prende spunto dal racconto evangelico delle Nozze di Cana allorquando una coppia di sposi - ovvero la comunità in cammino - si trova di fronte alla mancanza di vino - la perdita di ideali, passione, vitalità, amore per il bene comune - ma ritrova la speranza nell’esortazione di Gesù  a fare quello che Lui dirà loro: ovvero di portare gli otri pieni di acqua che sarà, poi, trasformata in vino) ha invitato l’on. Ernesto Preziosi, già presidente nazionale di Azione cattolica e coordinatore dell’associazione Argomenti 2000, a parlare di “Una rete di amicizia perchè l’impegno, per il bene comune, sia servizio”.

E l’on. Preziosi non si è sottratto al compito e subito ha chiarito che “ci troviamo di fronte a una crisi anche grave, sociale, e della stessa democrazia che si sostanzia nel crollo della partecipazione alle elezioni. In questa situazione - ha aggiunto - tutti i cittadini sono chiamati a un nuovo impegno, e fra questi anche i cattolici, che hanno un motivo di fondo per impegnarsi, non legato necessariamente a una ideologia. Dobbiamo rivatilizzare la democrazia che, ancorchè perfettibile, è l’unico strumento per migliorare la vita degli uomini. Vanno ripensati i partiti e i corpi intermedi, in primis i sindacati, che se non si autoriformano non saranno piu’ in grado di rappresentare le dinamiche del lavoro, e il mondo dell’associazionismo. Insomma, partire da una nuova visione della persona, di mondo, di società e le forze politiche devono avere la capacità di avere una progettualità e un programma politico che nella maggior parte dei casi sono assenti”.

Già, l’impegno dei cattolici in politica. Vexata questio alla quale si tenta di dare risposte le piu’ esaurienti possibili. “Negli anni scorsi - ha spiegato l’on. Preziosi - molti, di fronte al disorientamento, erano portati a rimpiangere il passato e si diceva: dobbiamo tornare indietro, quando avevamo un partito. Oggi c’è meno nostalgia, perché ci si rende conto che per la situazione nuova che noi abbiamo occorrono degli strumenti nuovi. C’è la percezione e speriamo la capacità di mettere in atto nuove proposte, strutture, strumenti. In questo senso ha aggiunto il parlamentare Pd -  credo valga la pena dire che per i credenti il problema della politica non è tanto della presenza personale ma soprattutto di elaborazione culturale. Dobbiamo essere capaci di ricavare dall’insegnamento del Vangelo e dalla dottrina sociale della Chiesa e dal Magistero delle proposte di tipo politico sui grandi temi dell’agenda politica: il lavoro, l’assistenza, il welfare, la sanità, la casa”. Insomma, un cattolicesimo democratico “che non può essere un’intuizione, un’idea ma deve contaminarsi perchè in ogni epoca storica deve confrontarsi con la realtà del momento. Perciò - ha proseguito Preziosi - serve un’interpretazione piu’ ampia del cattolicesimo democratico che faccia i conti con la politica ma che abbia una elaborazione culturale comune che oggi manca”.

Per cui i nodi essenziali della presenza dei cattolici in politica “sono: coscienza politica in senso pieno; autonomia della politica e laicità delle istituzioni; cultura della mediazione; giustizia sociale e eguaglianza sostanziale; investire sull’autonomia della società civile; fermento in mare aperto e non una lobby di cattolici. Non dobbiamo aggregarci per difendere i valori perchè se i valori sono tali si difendono da soli ma dobbiamo difendere i piu’ deboli. Sulla base di queste idee va messa in moto una nuova stagione del cattolicesimo che non possono mettere in piedi altri”.

Come muoversi, allora. “Dobbiamo avere la forza di creare spazi di partecipazione”, ha spiegato Preziosi, “creare un progetto, ridare visibilità al cattolicesimo attraverso i contenuti”.

Palla a don Antonio Panico, presidente del Comitato tecnico organizzatore della sede distaccata Lumsa di Taranto con compiti di coordinamento generale delle attività didattiche e di ricerca e ultimo relatore di giornata, che, chiamato a parlare de “I bisogni dell’uomo e le aspettative del mondo”, subito lancia un allarme: “manca una adeguata formazione, che sempre piu’ viene ridimensionata, sulla dottrina sociale della chiesa”.

Ascoltare la parola di Dio, ha detto poi don Antonio Panico, ci permette “di entrare in sintonia con un mondo che non è appannaggio degli uomini di Dio. Tutti possono ricevere qualcosa di positivo da quello che Egli ci dice perchè Dio non può fare a meno degli uomini. Non ci sono superman, non ci sono uomini solo al comando come è uso della politica ma c’è bisogno di comunità, di uomini che si mettono a disposizione della collettività per costruire bene comune. E questo è il principio fondante della dottrina sociale della chiesa”.

 

 

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