La gestione della spaventosa crisi economica che ha investito il Venezuela è forse la ragione principale che ha scatenato la rabbia della popolazione nei confronti del presidente Nicolas Maduro, che - ormai avverso anche a figure che avevano sostenuto il suo predecessore Hugho Chavez, su tutte il Procuratore Generale Luisa Ortega - reagisce tentanto di riformare la Costituzione in senso più autoritario.
La miccia che ha fatto esplodere una nazione ricchissima di risorse naturali è il crollo del prezzo del petrolio avvenuto lo scorso anno, rivelatosi letale per un'economia assai poco diversificata e dipendente, forse più di ogni altro esportatore di greggio, dalle entrate garantite dall'oro nero. A dare la dimensione della catastrofe sono gli impietosi numeri delle statistiche, analizzati in un articolo uscito su Project Syndacate a firma di Ricardo Hausmann, l'economista di Harvard che nel 1992 e il 1993 fu ministro della Pianificazione del governo venezuelano, allora retto da Azione Democratica, oggi tra i partiti dell'opposizione contro Maduro.
Il Pil è sceso del 35% dal 2013
Contrazione ancora più brusca per il Pil pro capite, sceso del 40% in quattro anni. Si tratta di una contrazione che supera notevolmente quella del 28% registrata negli Stati Uniti nel quadriennio 1929-1933, quello della Grande Depressione. Rovesci maggiori, in tempi recenti, si sono visti solo in Russia e in Albania dopo la caduta del muro di Berlino.
L'inflazione. A terza o a quarta cifra?
La carenza di beni di prima necessità e l'affondamento del bolivar hanno portato l'inflazione a livelli da Repubblica di Weimar. Per il 2016 è difficile recuperare dati affidabili. A fine 2015 il tasso di incremento dei prezzi al consumo aveva superato il 108%. Un anno dopo sarebbe schizzato all'800% e, secondo alcune stime, entro fine anno è destinato a raddoppiare a un inaudito 1.600%. Una crescita frenetica che ha costretto molti ristoranti a non esibire i prezzi sul menu, tanto è rapida la maniera in cui crescono.
La produzione petrolifera è scesa del 17% in quattro anni
Il calo dell'output di greggio ha avuto un'accelerazione lo scorso anno, a causa del crollo del prezzo del petrolio, sceso sotto 30 dollari al barile nel gennaio 2016 dopo aver viaggiato sopra i 100 almeno un anno prima. Non è solo per l'eccessiva dipendenza dal petrolio che il brusco arretramento delle quotazioni ha colpito il Venezuela più di ogni altro paese esportatore. Caracas, che vanta le riserve maggiori del mondo, produce una qualità di petrolio molto pesante, che richiede elevati costi di produzione e raffinazione. Il tonfo dei prezzi ha quindi reso antieconomico estrarlo. Nello stesso periodo il valore delle esportazioni di greggio è sceso di 2.200 dollari pro capite.
Bolivar in caduta libera
Strettamente legato al crollo dell'export petrolifero è la picchiata della divisa venezuelana. Solo nel primo semestre del 2017, il valore del dollaro è passato da 3.000 a 10.000 bolivar. Questo è il cambio effettivo del mercato nero. In quello ufficiale basterebbero ancora dieci bolivar per acquistare un biglietto verde. Ma è un tasso ormai meno che teorico. A causa della svalutazione, le importazioni sono scese del 75% dal 2012 al 2016.
I poveri sono raddoppiati in due anni
IL numero di persone sotto la soglia di povertà è salito dal 48% del 2014 all'82% del 2016. Il 74% dei cittadini, nello stesso periodo, ha perso una media di 8,6 chili di peso per la difficoltà nell'alimentarsi in maniera adeguata. Il salario minimo, che in Venezuela è anche quello del lavoratore medio, è sceso del 75% dal maggio 2012 al maggio 2017, a prezzi costanti. Misurato in dollari, al tasso del mercato nero, il salario medio è sceso da 295 dollari ad appena 36 dollari.
E raddoppiano anche i neonati morti negli ospedali
La carenza di medicine e la mancanza di fondi ha messo a dura prova la sanità pubblica. Secondo l'Osservatorio Venezuelano sulla salute, nel 2016 il tasso di mortalità tra i pazienti è aumentato di 10 volte. Maduro, però, ha sempre rifiutato le offerte di assistenza internazionale.
35mila venezuelani varcano la frontiera in un giorno
È quanto accaduto il 22 luglio, quando la Colombia ha riaperto la frontiera con il Venezuela, dal quale 35mila persone si sono riversate per procacciarsi cibo e medicine nel Paese confinante (agi)