ANNO XIX Aprile 2025.  Direttore Umberto Calabrese

Sabato, 09 Settembre 2017 10:49

Taranto - Editore Gaspare Cardamone chiudere le radio è una scelta imprenditoriale incomprensibile

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Taranto ha davvero bisogno di svegliarsi, insegue il brand degli Spartani - per carità non si vuol far polemica – mentre a Lecce su Sereno Variabile della Rai si vede Maria D’Enghein contessa certo di Lecce, fortemente legata a Taranto in quanto di questa città era la principessa  -  visto che qui attese il suo sposo Re di Napoli per diventarne regina-  oppure su cartoline turistiche Lecce si presenta col castello Aragonese e Canale navigabile.

Questo accade perché l’informazione è distratta? Ognuno fa il suo e si dimentica di tutto il resto? La vicenda di Radio Studio 100 e consorelle, storiche radio tarantine che chiudono è passata quasi nel dimenticatoio e tranne pochi amici che hanno profferito qualche sillaba, la stragrande maggioranza ha continuato a fare quello che faceva prima, ovvero i ca...voli propri.

Qualcuno, un po’ con la solita rassegnazione cataldiana ha detto che a Taranto può succedere di tutto…un altro parla di sprofondo Sud.8c815f60 3cec 4508 aa43 6fd2e38275c3

Eh no! Non ci siamo, suoniamo la sveglia, per favore! L’ Editore Gaspare Cardamone, titolare di Studio100, è attaccato dal sindacato, in una nota congiunta tra Assostampa, Cgil e Cisl sulla vicenda che fino alla giornata di ieri - venerdì 8 settembre - perché pare non siano stati rispettati gli impegni assunti sul pagamento del saldo degli stipendi di giugno e nessuno ha avuto il bonifico. La riportiamo come notizia che deve davvero far riflettere a quale punto si è giunti.

Non v’è dubbio che l’avvento del digitale abbia creato qualche problema con l’aumento esponenziale delle emittenti.

Ma se questo è vero per le televisioni, come per ogni organo di informazione, laddove la presenza oramai avvolgente anche dei social forum brucia le news in un battibaleno e chi come noi fa un giornale online conosce questo mondo, ciò non è affatto vero per le radio.

Lo scrivente riporta un esempio calzante. Quando ci furono le dimissioni dil Papa Ratzinger, eravamo in auto e le due Ladies su Radio Capital riportarono la notizia scherzandoci sopra pensando a una bufala. Subito dopo in ufficio cercando le agenzie ne trovammo una che portava la parola Papa e pagina bianca.

Quindi la radio brucia le notizie in diretta. Poi c’è l’uso in auto, sui device, sul computer, nel Web. Chiudere oggi una radio, che non ha gli stessi costi di una Tv, - pensate a un’esterna radiofonica fatta con la registrazione su smartphone che si invia come file audio su whatsapp alla collega in radio -  è davvero una scelta imprenditoriale incomprensibile, e usiamo questo termine per essere cordiali con amici editori da parte nostra editori online. Per non parlare del costo della pubblicità radiofonica. Una manna davvero per piccole atttività artigianali che non possono acquistare pubblicità esose. Già c'è come sostengono le associazioni delle piccole imprese (sul cui accordo nazionale abbiamo scritto qualcosa che uscirà domani) la scomparsa del lavoro autonomo. Che vogliamo fare? Di crisi in crisi? Forza, dai!

Non siamo innamorati del passato – tutti noi abbiamo trascorso qualche ora in camera di registrazione radiofonica – ma nel futuro vediamo ancora tanto, ma davvero tanto spazio per le radio, presidio di cultura, svago e bellezza della vita, spegnere questa voce significa poi che ci resta solo di abbaiare alla Luna.

Roberto De Giorgi, Umberto Calabrese e Nunzia Auletta di Spazio Agorà editori di agoramagazine, italia e agoramazine latino e Piazza Italia

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