«Non ho mai preso in giro nessuno, ho semplicemente letto le carte dicendo con molto tatto quello che riuscivo a decifrare. Quello che ho capito è che in realtà la gente aveva solo bisogno di parlare con qualcuno. Anche coloro che si mostravano sicuri, in realtà, cercavano nelle carte certezze sul lavoro, sulla salute e soprattutto sull'amore». La chiameremo Alessandra, con il nome femminile che le piace più di tutti. È una delle donne che ha lavorato per oltre un anno come cartomante al call center di cui aveva dato notizia la Slc Cgil Taranto il 9 luglio scorso. Ha deciso di rivolgersi al sindacato per raccontare una storia di solitudine e di sfruttamento.
Tutto comincia a dicembre 2016 quando Alessandra trova un annuncio su internet e invia la sua candidatura. «Sono stata contattata telefonicamente e mi è stato spiegato che avrei guadagnato 7 centesimi per ogni minuto di conversazione. Non mi è stato neppure chiesto che tipo di conoscenza avessi della cartomanzia. Inizialmente lavoravo sei ore al giorno, poi siccome i clienti chiedevano di parlare con me ho iniziato a lavorare anche otto ore al giorno. Si lavorava sei giorni alla settimana e ogni mese dovevo garantire due domeniche». Insomma un vero e proprio impiegato fulltime, ma non nella retribuzione.
«Per ottenere il pagamento mensile era un'odissea ogni volta: dopo i primi mesi in cui ricevevo una ricarica postepay mediamente di quasi 400 euro, il referente con cui mi interfacciavo ha cominciato ad accampare scuse per spiegare le mensilità che saltavano. A volte sosteneva che i committenti non avevano pagato, altre volte che c'erano controversie giudiziarie». Le ricariche postepay arrivano a saltelli: alcuni mesi sì, altri no. Nel regolamento della cooperativa sociale per la quale ha svolto il suo lavoro era previsto addirittura che se la chiamata avesse avuto una durata inferiore a 2 minuti, non le sarebbe stato riconosciuto alcun compenso: «Era incredibile: se la telefonata durava 1 minuto e 59 secondi non mi veniva riconosciuto il pagamento e quindi dovevi fare in modo che le telefonate durassero il più possibile».
Alessandra parla con tanti tipi di persone: hanno un'età compresa tra i 35 e 60 anni e nelle carte cercano risposte sul futuro. «Chiedevano di lavoro, salute, ma soprattutto dell'amore. C'erano alcuni che volevano sapere cosa pensava il loro partner, se una relazione fosse realmente finita, se il partner avesse o meno altre storie. Le carte però erano un pretesto: la gente aveva bisogno di parlare. Lo capivo. Alcuni richiamavano e facevano le stesse domande nello stesso modo: forse non si accorgevano di aver già parlato con me oppure facevano finta. Non lo so, quello che so è che era evidentemente che avessero bisogno di qualcuno». Un bisogno che evidentemente è costato caro: le telefonate che arrivavano