Se l’Europa ancora risulta distante dai cittadini è anche colpa di una politica che non spiega, non coinvolge, non infiamma. Una campagna elettorale generalmente piatta, con le uniche eccezioni di Antonio Tajani (Forza Italia) e Antonfrancesco Venturini (Popolari per l’Italia), che da capilista stanno cercando di non parlare per slogan vuoti ma di contenuti.
Non è un caso che entrambe le figure siano riconducibili nell’alveo del Partito Popolare Europeo, che rappresenta sempre più l’unica chance per equilibrare – e non soltanto contrastare – la deriva populista che ha attecchito in gran parte dell’Unione.
In realtà è anche una sorta di derby interno al Ppe, di scontro Davide-Golia, con Tajani a fare la parte di Golia e Venturini quella di David. Il primo maggiormente strutturato e con un ruolo istituzionale di grande impatto ma appartenente alla vecchia nomenklatura, Venturini a rappresentare le nuove forze in campo, competenti, determinate e con solidi valori cristiani. Chi prevarrà nel voto di opinione?
Oggi come oggi non si va oltre agli argomenti di facile consenso, senza però parlare del problema. Di Maio e Salvini hanno scelto di essere visibili litigando ogni giorno, la Meloni procede per slogan.
Ci si schiera a parole al fianco dei lavoratori, senza però affrontare il discorso di come organizzare un sistema pensionistico sostenibile a livello europeo; si dice no agli sbarchi, senza sedersi ai tavoli sull’organizzazione dei flussi migratori; si parla di piccole e medie imprese, ma senza una politica che incida sulle scelte comunitarie rispetto agli standard per la produzione.
Tanta propaganda (che fa presa sull’elettorato) e poca strategia politica-amministrativa (che quell’elettorato lo protegge realmente in prospettiva futura).
Venturini e Tajani hanno incentrato la campagna elettorale sul controllo dei processi produttivi, sulla crescita di un’Europa comune anche a livello di difesa militare, contemperando sia la necessità di un’Europa coesa sia quella di una tutela delle produzioni e delle eccellenze italiane.
L’Europa non si costruisce in piazza, ma… piazzando gli uomini e le donne giuste nelle stanze di Bruxelles. Con un minimo comune denominatore, che sottende a qualunque percorso decisionale: la tutela della persona, della famiglia, delle radici cristiane dell’Europa.
Per limitare un’altra deriva, pericolosa tanto quanto il nazionalismo, quella del relativismo, che già nel lontano 2005 Papa Benedetto XVI metteva al centro dei problemi sociali e politici di questo secolo.