Il movimento di Beppe Grillo lo abbiamo seguito dalle prime battute via mailing list dal 2005, e quindi non possiamo essere indicati di partigianeria dell’ultima ora, se lo guardiamo con simpatia, senza fargli però alcuno sconto.
Per esempio siamo d’accordo con i costituzionalisti che bocciano il sistema Rousseau per il voto sul Governo.
La loro domanda è, se vinceva il no che succedeva? Undici milioni di elettori che hanno eletto i loro rappresentanti sbugiardati da 60 mila iscritti, il popolo tanto caro ai pantastellati ignorato da una minima rappresentanza di iscritti al partito.
Si, davvero, il Rousseau in questi casi è persino pericoloso, snatura persino un movimento che si dice populista. Però non siamo d’accordo con chi parla di deriva e umiliazione della politica, è eccessivo. Una forma di consultazione dentro il partito è sempre legittima, per discutere le proposte di legge, per seguire i lavori parlamentari, per partecipazione.
La politica è partecipazione, lo abbiamo sempre detto, se avviene con le nuove tecnologie perché guardarle con sospetto? Perché è una società privata che lo fa? Certo non ci si deve accontentare di questo, la politica si fa anche stando in mezzo agli undici milioni di elettori che aspettano soluzioni alle crisi, alle difficoltà delle famiglie, a un sistema talvolta corrotto che circonda tutti, a partire dal condominio per finire alle istituzioni. Rousseau inventato dal visionario Casaleggio che ci ha lasciato, era una modalità di approccio a quel sentimento di cambiamento che è tipico dei filosofi, questo, in una democrazia sempre imperfetta, voleva essere un tentativo. Funziona? Noi crediamo che se usato senza esagerazioni e conflitti costituzionali va bene, aiuta a sentirsi se non proprio protagonisti, almeno informati. E di fronte ai tanti segreti della politica tradizionale non guasta. Una cosa ci piace ricordare a quanti vedevano questo M5s come un alieno, è cambiato, si chiamano partito e non più generico movimento. E questo è già qualcosa.