E' quanto chiedono due rinomati specialisti svizzeri in neurologia, che auspicano nuove regole per evitare il più possibile i traumi cranici. La ricerca scientifica mostra infatti che frequenti commozioni cerebrali contribuiscono allo sviluppo della demenza. I bambini sono maggiormente esposti al rischio di danni cerebrali in caso di lesioni alla testa, perché hanno il cranio più sottile e muscoli del collo più deboli.
Negli Stati Uniti la federazione calcistica ha vietato i colpi di testa ai bambini al di sotto dei 10 anni. ma c'è la possibilità di farlo solo in allenamento per i bambini fino a tredici. Pur non potendo direttamente intervenire altrove, la federcalcio americana ha raccomandato però che tutte le altre organizzazioni adottino la medesima politica. Tutto nasce da un problema drammatico in verità, ed è quello dei traumi cranici a seguito delle botte prese nel football americano: un problema che persiste da anni, e che ha portato a serie problematiche psichiatriche sfociate in atroci omicidi e suicidi.
Come sempre negli Stati Uniti sono cominciate le battaglie legali e le class action dei vari gruppi di tutela dei minori o di organizzazioni di genitori, e il caso è arrivato nel 2014 in un tribunale californiano. Un giudice, con una sentenza che fa giurisprudenza, ha deliberato allora che la responsabilità in caso di infortunio e di conseguente richiesta danni sarebbe stata della Federcalcio americana che, per correre ai ripari, ha stabilito in tutta fretta che nel calcio giovanile è vietato colpire la palla con la testa. Tuttavia, è bene precisare, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,che di certezze non ve ne sono. Alcuni esperti ritengono che i frequenti colpi di testa in giovane età possano portare a commozioni cerebrali, lesionare vaste aree cerebrali e si sospetta pure che alla lunga provochino patologie importanti come il morbo di Lou Gerigh (la famigerata Sla), o invalidità di vario tipo. Niente, tuttavia, è sicuro.