Tale permesso aveva rappresentato per anni, insieme allo status di rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e alla protezione sussidiaria introdotta dal diritto dell’Unione Europea, una delle forme di attuazione del diritto d’asilo sancito dalla nostra Costituzione.
Il Testo unico sull’immigrazione (il D.Lgs. 286/1998), prima del decreto del 2018, conteneva infatti una disposizione secondo la quale non si poteva negare a un cittadino straniero il permesso di soggiornare sul territorio nazionale quando ciò era impedito da «seri motivi» di carattere umanitario o derivanti da obblighi internazionali o costituzionali.
Negli anni quest’ultima espressione è stata oggetto di un’interpretazione che ha valorizzato tra gli altri, oltre ai caratteri più strettamente “umanitari” della forma di protezione, il dovuto rispetto del diritto al non respingimento verso Paesi nei quali il cittadino straniero potrebbe essere vittima di persecuzione, tortura o trattamenti inumani o degradanti o verso i quali il rimpatrio non sarebbe attuabile per calamità o situazioni di generale insicurezza, del suo diritto alla salute o al rispetto della sua vita privata o familiare.
La protezione umanitaria è stata ora sostituita con permessi di soggiorno residuali e perlopiù precari. Venuta così meno una delle forme di attuazione del diritto di asilo previsto dalla Costituzione, al cittadino straniero che ne abbia i requisiti non resta che invocare direttamente il riconoscimento dell’asilo costituzionale.
Esclusa tale possibilità, infatti, la norma del decreto sicurezza che ha abrogato la protezione umanitaria dovrebbe ritenersi incostituzionale.
La demolizione del fragile sistema pubblico di accoglienza
e protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati
Attraverso alcuni recenti interventi normativi e amministrativi, il “sistema” nazionale di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati è stato oggetto di una vera e propria demolizione.
Si registra prima di tutto l’impatto sul sistema SPRAR (il “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati”): mettendo a confronto le condizioni giuridiche che vengono confermate o inserite per la prima volta nel raggio d’azione del nuovo SIPROIMI (il “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati” che, come stabilito dal d.l. “sicurezza” n. 113 del 4 ottobre 2018, ha preso il posto dello SPRAR) e quelle che invece vengono escluse, appare con chiarezza che il SIPROIMI non assomiglia affatto allo SPRAR, ma sia «un generico e bizzarro contenitore» nel quale trovano collocazione persone con condizioni e bisogni del tutto diversi tra loro, mentre altre persone con condizioni e bisogni vicini a quelli dei rifugiati (quali i titolari di un permesso di soggiorno per “protezione umanitaria”, per “casi speciali” o di “protezione speciale”) non hanno accesso al sistema.
Ma ci sono anche gli interventi amministrativi che hanno reso possibile ciò che viene definito la «truffa delle etichette», ovvero l'eliminazione del sistema di accoglienza ordinario a favore di un sistema di accoglienza di natura esclusivamente“straordinaria” la cui gestione è affidata in via esclusiva allo Stato (i CAS, cioè i centri di accoglienza straordinaria).
Tutto ciò è avvenuto in attuazione di un disegno politico lucido e spregiudicato: quello di produrre una situazione di confusione e incertezza in tutto il territorio italiano prevedendo l’eliminazione, nel minor tempo possibile, di ogni intervento pubblico mirato a rendere l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati un fenomeno sociale da gestire con strumenti ordinari. L’obiettivo sembra, all’opposto, quello di mantenere una eterna dimensione emergenziale, in modo da poter sfruttare appieno le rendite politiche di quella che è stata chiamata da vari commentatori, con efficace espressione, la «fabbrica della paura».
I dati/ Meno asilo, più irregolari
Nonostante alcune martellanti dichiarazioni politiche di propaganda circa il “ritorno” di un’ondata di sbarchi “indiscriminati” fra la tarda estate e l’inizio dell’autunno 2019, l’anno sembra avviato a concludersi con un totale di arrivi in Italia di migranti e rifugiati via mare ai livelli minimi: 9.648 quelli registrati a fine ottobre (- 56% rispetto allo stesso periodo 2018, e nell’ambito di un trend di drastica diminuzione inizato nel ’17). Al 31 ottobre 2019 i migranti arrivati nell’anno sono salpati da Libia (2.800 ca.), Tunisia (3.500), Algeria (900) e Grecia/Turchia (2.400). Ben 7.500 gli sbarchi "fantasma" o autonomi, contro i 6.000 dell'intero 2018. |
Nel 2019, fra i principali Paesi d’origine dei migranti arrivati via mare, sono quattro quelli caratterizzati da condizioni di “pace interna” molto basse o basse: Pakistan (secondo Paese assoluto), Iraq, Sudan e Iran. |
In forte calo nel 2019 anche i richiedenti asilo registrati: 26.997 alla fine di settembre (dato provvisorio, contro i 43.965 dello stesso periodo del 2018). Sino a tutto luglio, le prime nazionalità sono nell'ordine: Pakistan, Nigeria, Bangladesh, El Salvador, Perù, Ucraina, Marocco, Senegal, Albania e Venezuela. Oltre al Pakistan, anche Nigeria e Ucraina sono classificate a livello mondiale fra i Paesi con indice di “pace interna” molto basso. Consistente, rispetto al totale di 26.997, il numero di richiedenti asilo arrivati nell’anno in Friuli-Venezia Giulia dalla tormentata “rotta” balcanica via terra: ben 5.526 fra il 1° gennaio e il 15 settembre. |
Gli esiti delle domande d’asilo: nel 2018 le Commissioni territoriali italiane hanno riconosciuto uno dei tre benefici di protezione (status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria) a poco più di 31 mila persone, contro le 34 mila circa del ’17 e le quasi 37 mila del ’16. Il dato parziale per il 2019 (che ha registrato la quasi-scomparsa della protezione umanitaria) è pari ad appena 14.000: ormai a tre quarti dell’anno, meno del 50% del totale dei benefici riconosciuti nel ’18. A tutto settembre 2019, su circa 72.500 domande esaminate nell’anno, quelle respinte sono state l’80%: solo l’11% le concessioni dello status di rifugiato, il 7% della protezione sussidiaria e appena l’1,5% della protezione umanitaria. |
La “fortezza Italia”: 9.203 i respingimenti alla frontiera fra agosto 2018 e luglio 2019; 5.044 i rimpatri forzati dal 1° gennaio al 22 settembre 2019; 13.777 i migranti passati nel ’18 nei cinque hotspot (oggi quattro) attivi in Sicilia e Puglia; 4.092 i migranti trattenuti nei CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio) nel ’18, di cui solo il 43% effettivamente rimpatriati; 5.044 i rimpatri forzati e appena 200 i rimpatri volontari assistiti fra 1° gennaio e 22 settembre 2019 (i volontari assistiti erano stati 1.161 nel ’18); 94 gli “scafisti” arrestati fra agosto 2018 e luglio 2019 (ma 209 nello stesso periodo 2017-2018); fra gennaio e ottobre 2019, i migranti e rifugiati intercettati dalla Guardia costiera libica sono stati 8.155, una cifra non molto inferiore al totale di persone che nel periodo sono riuscite a sbarcare in Italia, 9.648; sono state 24 le “crisi navi” causate dal “blocco” dei porti italiani fra giugno ’18 e agosto ’19; ma da gennaio all’8 luglio ‘19, su 3.073 arrivi nel nostro Paese quelli realizzati da ONG sono stati appena 248, l’8%. |
Sono almeno 14 i Paesi dell’UE che, oltre all’Italia (dall’ottobre 2019), hanno stilato una lista di “Paesi sicuri” i cui richiedenti asilo vengono sottoposti a un esame accelerato e sommario. Sempre nell’UE si è verificato che i richiedenti asilo sottoposti alle “misure speciali” d’esame ottengono una risposta positiva appena nello 0-12% dei casi. |
Fra i 71.000 nuovi immigrati caduti in situazione di irregolarità in Italia stimabili fra giugno 2018 e giugno 2019, quelli che si possono attribuire al decreto “sicurezza” n. 113 del 4 ottobre 2018 sono 18.000. Al giugno 2019 gli “irregolari” presenti in Italia sono così stimabili in 620.000 persone. |
Nell’ambito dell’attuazione del regolamento “Dublino III”, nel 2018 sono stati trasferiti in Italia 6.351 richiedenti asilo, mentre ne sono stati trasferiti dall’Italia verso gli altri Paesi membri appena 189. |
Fra il 2016 e la metà del 2019 l’iniziativa dei “Corridoi umanitari” italiana ha permesso di far arrivare in Italia, soprattutto dal Libano e dall’Etiopia, 2.148 rifugiati siriani, eritrei, somali e sud-sudanesi. In aggiunta, tramite evacuazioni umanitarie, fra la fine del ’17 e il settembre ’19 sono stati trasferite nel nostro Paese 859 persone dalla Libia (808) e dal Niger (51). |
Alla fine di settembre 2019 i richiedenti asilo, rifugiati e migranti in accoglienza sono scesi sotto la soglia delle 100 mila unità per la prima volta dal 2015. Del totale di 99.599 persone accolte, quelle ospitate nei CAS e nei centri di prima accoglienza eano ben il 75% del totale. Solo 24.674 le persone ospitate nei centri del SIPROIMI ex SPRAR. |
Sono 7.272 i minori stranieri non accompagnati censiti e presenti nei servizi di accoglienza alla metà del 2019 (- 45% rispetto a un anno prima); 4.736, invece, quelli “irreperibili”, che cioè si sono allontanati da sei servizi. Sono 5.501 gli italiani che si sono formalmente resi disponibili a seguire un MSNA come “tutori” in attuazione alla legge 47/2017 “Zampa”. |
QUARTA PARTE - Approfondimento
L’Italia che resiste, l’Italia che accoglie
Malgrado siano numerose le ricerche che evidenziano come in Italia stiano aumentando le tendenze xenofobe e “sovraniste”, non si può negare che nell’ultimo anno si siano dispiegati a più livelli interventi concreti di segno opposto.
Ci sono le reazioni istituzionali (di Regioni e Comuni), quelle ecclesiali, quelle della società civile organizzata ma anche quelle di singoli cittadini e cittadine. Un’attenzione particolare merita, inoltre, la campagna “Io accolgo” (promossa fra gli altri dalla Fondazione Migrantes e dalla Caritas italiana), che mira a dare voce e visibilità ai tanti cittadini che condividono i valori dell’accoglienza e della solidarietà e desiderano esprimere il proprio dissenso rispetto alla “chiusura dei porti”, ai decreti “sicurezza” e in generale alle politiche “anti-migranti”, mettendo in rete le molte iniziative già attive e promuovendone di nuove, sia di forte impatto comunicativo (l’esposizione di un oggetto simbolo, la coperta termica dorata), sia di rilevanza concreta nel “ridurre il danno” dei decreti “sicurezza”, promuovendo reti territoriali di prossimità e realizzando interventi di accoglienza, servizi di supporto all’inclusione sociale e azioni di tutela dei diritti.
Le contraddizioni e le tensioni evidenziate e smascherate dall’Italia “che resiste e che accoglie” sottolineano l’esigenza di una nuova “politica della somiglianza” che superi i rischi della logica di contrapposizione amico-nemico: quella più evidente verso i migranti e rifugiati, ma anche quella più sotterranea che riguarda i “vicini” italiani che la pensano diversamente da noi.
Conclusioni
«Solo riabituandoci a trovare somiglianze e legami, e quindi a pensare che possiamo non solo coesistere ma convivere, saremo in grado di ripensare quartieri, parrocchie, società e Paesi nei quali ascoltarsi, parlarsi e individuare soluzioni concrete sia possibile senza escludere nessuno, ma tenendo conto dei diversi punti di vista e, nello stesso tempo, della complessità di comporre delle soluzioni condivise.
«Non sarà facile, perché l’esclusione che sembra aver vinto negli ultimi anni si associa a una forte semplificazione delle analisi, e quindi anche delle “soluzioni”. Ma se vogliamo non solo salvare gli altri, ma capire che sacrificando gli altri stiamo anche uccidendo parti di noi, dobbiamo fare quel salto a cui ci invita Papa Francesco con lungimiranza, e quasi rivolgendoci un accorato appello: «Non si tratta solo di migranti» (di richiedenti asilo, di rifugiati, di poveri, di svantaggiati…).
«Se ci eserciteremo insieme a sostituire al binomio identità/alterità quello meno pericoloso e “più umano” di somiglianza e differenza, potremo sperare di riuscire a guardare con occhi nuovi al presente, mantenendo al contempo uno sguardo sul passato e sul futuro, e di riguadagnare una pacifica convivenza in cui tutti si sentano tutelati e protetti. Prima ancora che dalle leggi – che pure sono fondamentali – dalla forza dei legami sociali».
Modena, 29 Novembre 2019