Il tam-tam sui social
I manifestanti, la maggior parte molto giovani, si sono radunati in piazzale Loreto poco prima delle 21 a partire da un appello girato sui social diretto a chi aveva motivi per protestare contro i nuovi provvedimenti restrittivi del Governo per contenere il contagio. Il momento più tesodavanti al Palazzo della Regione Lombardia, l’obbiettivo prescelto fin dall'inizio secondo le prime valutazioni della Polizia, contro la quale sono stati lanciati pietre, bottiglie e grossi petardi. Gli agenti hanno presidiato gli ingressi anche attraverso l’uso dei lacrimogeni.
Il bilancio, in continua evoluzione, è al momento di 28 accompagnati in Questura(tecnicamente non ancora fermati) e un poliziotto contuso. La polizia è scesa anche nella linea verde della metropolitana, fermata per qualche minuto in direzione Gessate, per cercare alcuni partecipanti ritenuti responsabili dei disordini.
Gli slogan del corteo
Nel corso della traversata per le vie della città conclusa in zona stazione Centrale, dove l’arrivo degli agenti in zona antisommossa ha determinato la dispersione dei partecipanti, sono stati distrutti dehors, rovesciati cassonetti e transenne, spaccati i finestrini di un tram. Tra i cori lo slogan “Libertà, libertà” e insulti contro il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i politici della Regione. Alcuni manifestanti erano incappucciati, altri avevano delle catene tra le mani. Di fronte alle azioni più cruente, alcuni dei partecipanti hanno inveito contro chi sfogava la propria rabbia su qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.
Il barman che non ha condiviso "lo scempio"
Diverse le anime del corteo, alcuni non hanno approvato la deriva violenta. “Sono un titolare di un bar a Vimercate - ha spiegato Matteo all’AGI - sono venuto qua per chiedere un concerto di libertà che non è rispettato. Non condivido lo scempio, io sto raccogliendo motorini e biciclette per terra, non siamo tutti uguali”. “Sono una studentessa - dice una ragazza di 17 anni - e sono qui per protestare contro i diritti che ci vengono tolti”, mentre Giacomo e Alberto, due giovani di 21 e 18, espongono così il loro punto di vista: “Lavoriamo in una ditta, finiamo alle 19 e poi cosa facciamo? Dobbiamo chiuderci in casa? Siamo giovani, vogliamo divertirci”. AGI