Le modalità di conservazione dei ricordi rappresentano il discrimine neurologico tra uomo e animali. È quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Trends in Cognitive Sciences, condotto dagli esperti dell’Università di Leicester, i quali hanno scoperto che negli esseri umani lo stesso insieme di neuroni può conservare tutti i ricordi, senza una separazione compartimentata.
“Diversi studi e ipotesi precedenti – afferma Rodrigo Quian Quiroga, direttore dei Sistemi di neuroscienze presso l’Università di Leicester – suggerivano che la separazione a compartimenti dei ricordi nell’ippocampo, l’area del cervello deputata alla conservazione dei ricordi, fosse la chiave per la distinzione tra le capacità psichiche umane e animali, ma il nostro lavoro ribalta tale prospettiva”.
Il team, che ha lavorato per 15 anni a riguardo, ritiene che lo stesso gruppo di neuroni sia in grado di immagazzinare tutti i ricordi, per cui avviene l’opposto della separazione dei pattern.
“Le conseguenze di questa possibilità sono di vasta portata – commenta l’esperto – perché tale rappresentazione neuronale, priva di dettagli contestuali specifici, spiega il pensiero astratto che caratterizza l'intelligenza umana”. La separazione dei pattern è un principio fondamentale della codifica neuronale che preclude l'interferenza della memoria nell'ippocampo, sottolinea il ricercatore, ed esistono risultati teorici, computazionali e sperimentali che ne supportano l’esistenza in diverse specie animali, ma si tratta di studi non replicati direttamente negli esseri umani.
“Gli studi sull’uomo sono stati condotti utilizzando la risonanza magnetica fMRI – precisa Quian Quiroga – che non consente di registrare l'attività dei singoli neuroni. Siamo riusciti a monitorare l’attività delle singole cellule cerebrali e non abbiamo trovato traccia della separazione dei pattern nell'ippocampo umano. Questa potrebbe essere una pietra miliare nello studio dell’intelligenza umana”.
Secondo l’autore, questa conformazione potrebbe spiegare le capacità cognitive sviluppate in modo univoco negli esseri umani, come la capacità di generalizzazione e il pensiero creativo. “Saranno necessari ulteriori studi – afferma lo scienziato – dovremo andare oltre i confronti comportamentali tra esseri umani e animali e cercare intuizioni più meccanicistiche, chiedendoci cosa nel nostro cervello può originare il repertorio delle funzioni cognitive che siamo in grado di svolgere”.
“Le dimensioni dell’organo cerebrale o il numero di neuroni non possono essere sufficienti a spiegare queste abilità – conclude Quian Quiroga – perché si tratta di caratteristiche che condividiamo con diversi primati. Devono esistere differenze a livello neuronale, e una di queste differenze potrebbe pertanto riguardare il modo in cui immagazzinano i nostri ricordi”. AGI