Gli analisti di intelligence, gli esperti, i giornalisti in generale, i mass media ci raccontano di un fenomeno terroristico che esplode a piacimento, con connotati indefiniti e motivazioni indefinibili.
Tuttavia, nonostante gli allarmi e le legittime preoccupazioni, una organica decostruzione del fenomeno terroristico moderno, almeno nel dibattito pubblico, si ascolta raramente e questo non aiuta la conoscenza né il contrasto.
Il primo aspetto, naturalmente, è quello del POSIZIONAMENTO dell’organizzazione terroristica nello scenario politico e relativamente al suo nemico.
Il problema è agevole, perché il terrorismo come tutte le organizzazioni e, di più, come tutte le organizzazioni politiche, cambia molto lentamente e nel corso di molti anni. A maggior ragione le organizzazioni terroristiche islamiche che, non avendo vissuto l’accelerazione sociale dei tempi prodotta in Occidente dalla rivoluzione industriale e dal mercato autoregolato, regolano la loro azione in un arco temporale molto più ampio, oltre una lunga vita e, addirittura, oltre un’epoca storica.
Questo aspetto della differenza dell’arco temporale di azione pone (impone e propone) una prima importantissima asimmetria:l’asimmetria dei meta-livelli.
Lo spazio e il tempo di un terrorista non è lo stesso spazio e lo stesso tempo nostro. Egli vive in un tempo politico totalmente diverso da nostro; futuro (come era per le avanguardie rivoluzionarie nostrane che anticipavano la rivoluzione) o passato (come è per le attuali formazioni fondamentaliste che reclamano il ritorno alla purezza dell’utero materno sotto forma di testo sacro). Per lo spazio è perfettamente il contrario: noi viviamo nello spazio immateriale della globalità, loro vogliono la fisicità territoriale della nazione. Attaccano le linee di trasporto e i luoghi di divertimento perché è lo spazio che loro non hanno. Non le auto, che hanno, ma i treni e gli aerei che non hanno; non le chiese, che hanno, ma ristoranti, concerti e stadi, che non hanno. Il contenuto è contrario, ma l’asimmetria è proprio la stessa.
Ogni terrorista convive con il suo stato diliminalitàpolitica costruito su meta-livelli spazio/temporali totalmente diversi da quelli dei suoi nemici.
Se non si parte da qui, dalla asimmetria dei meta-livelli, si capisce poco delle organizzazioni politiche, violente o pacifiste, fuori dal mondo Occidentale. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le organizzazioni politiche arabe – anche quelle che prima erano laiche o addirittura comuniste – sono nate come organizzazioni terroristiche e successivamente si siano trasformate in movimenti politici legittimati. Non è un caso che quelle organizzazioni politiche siano così pesanti, durevoli e durature, profondamente radicate nella cognizione del proprio habitat. Da noi, invece, ogni 4 anni, da una elezione all’altra, un leader politico può sparire e con lui tutta intera la sua organizzazione. Ogni 8 anni, in media, cambia il principale interlocutore politico internazionale, in corrispondenza con la nomina del Presidente statunitense, e cambiano le strategie politiche nelle relazioni internazionali. Un Leader terrorista islamico, avrà visto passare almeno 4 o 5 diversi Presidenti USA e avrà vissuto almeno 7 o 8 nuove linee strategiche. Subito avrà imparato che, rispetto al suo obiettivo storico, l’interlocutore è indifferente e la strategia occasionale. Saprà che la sua principale risorsa è la stabilità, degli obiettivi politici e dei valori culturali, la regolarità della narrazione evocata altrettanto regolarmente dagli attentati mediatici. Quella permanenza, quella certezza, quel differente esserci oltre i meta-livelli spazio/temporali, nella indifferenza di esistere (come ogni mito) dentro i meta-livelli spazio/temporali, è la sua forza più attraente.
Per noi è perfettamente il contrario, direi per fortuna. Siamo mutevoli e provvisori, siamo presenti, esistiamo dentro il tempo e dentro ogni spazio, perfino dentro lo spazio immateriale del web. Il nostro esserci non è assolutamente indifferente e nessun morto è un martire, ma una vittima. La nostra forza di vita è interamente nella vita, non si proietta oltre di essa, non siamo invadenti sul futuro e scompariamo, senza amore e senza calcolo, per offrire agli altri che verranno il medesimo intero diritto ad esistere.
Se la loro esistenza è finalizzata alla loro essenza, la nostra essenza è finalizzata alla nostra esistenza.
Se loro hanno una assoluta e infinita verità, noi abbiamo una relativa e globale realtà.
Sono tutti effetti alternativi, volutamente alternativi per meglio confliggere, che derivano dalla asimmetria dei meta-livelli.
Se non si considera questo problema del posizionamento politico dei concorrenti e la consecutiva asimmetria dei meta-livelli, sarà difficile contrastare il terrorismo, perché sarà difficile capirlo. L’azione puramente militare, ad esempio, amplia queste differenze e rafforza l’organizzazione del terrore. Una nostra vittoria nel presente (e una loro sconfitta) espande il risentimento e rafforza l’esigenza della propagazione del terrore in uno spazio geografico superiore e in un tempo indefinito. La sconfitta tattica non indebolisce la strategia, la solidifica, proprio perché la proietta in un tempo diverso ed in altri terreni di confronto.
Per essere chiari, non dico che l’intervento militare non sia necessario. Anzi, al contrario. Se non ci fosse stato l’intervento militare ad alzare un barriera protettiva alla nostra precarietà, saremmo già tutti islamizzati. A rigore, senza questa protezione militare, non ci sarebbe nemmeno bisogno dei terroristi. I terroristi ci sono, perché i loro militari non ce la fanno ad esserci. Quindi la protezione militare è assolutamente necessaria. Dico che non è sufficiente. E che dobbiamo averla, sapendo che per certi versi è controproducente: e, rispetto al posizionamento dei terroristi nella asimmetria dei meta-livelli spazio-temporali, lo è.
La nostra debolezza, tuttavia, non sta in questo.
La nostra debolezza sta nel fatto che sono loro a gestire il posizionamento rispetto a noi, non viceversa.
La nostra azione, non militare intendo politica e comunicativa, è soltanto reattiva: o
Non bastano le belle parole, ci vogliono i soldi.