La cancelliera tedesca Angela Merkel ritiene "problematica" la chiusura da parte di diversi social network, tra cui Twitter, degli account del presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump: lo ha riferito il suo portavoce.
"È possibile interferire con la libertà di espressione, ma secondo i limiti definiti dal legislatore, e non per decisione di un management aziendale", ha spiegato in conferenza stampa Steffen Seibert. "Questo è il motivo -ha aggiunto- per cui il Cancelliere ritiene problematico che gli account del presidente americano sui social network siano stati chiusi in maniera definitiva".
Anche il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, ha espresso la sua "perplessità" per la decisione delle piattaforme di bandire il presidente americano, Donald Trump, dai social network "senza controllo legittimo e democratico" e ha rilanciato i progetti europei per regolamentare i giganti del web.
"Il fatto che un Ceo possa staccare la spina dell'altoparlante del presidente degli Stati Uniti senza alcun controllo e bilanciamento è sconcertante. Non è solo una conferma del potere di queste piattaforme, ma mostra anche profonde debolezze nel modo in cui la nostra società è organizzata nello spazio digitale", ha affermato il commissario Ue in un editoriale pubblicato su Politico e su Le Figaro.
Breton sottolinea che le piattaforme "non saranno più in grado di sottrarsi alla (loro) responsabilità" per il loro contenuto. "Proprio come l'11 settembre ha segnato un cambio di paradigma per gli Stati Uniti, se non il mondo, ci saranno, quando si parla di piattaforme digitali nella nostra democrazia, un prima e un dopo l'8 gennaio 2021", data in cui Twitter ha sospeso definitivamente l'account di Donald Trump, due giorni dopo l'assalto da parte dei suoi sostenitori al Campidoglio, ha confermato l'ex ministro francese dell'Economia.
"Quella data rimarrà come riconoscimento da parte delle piattaforme della loro responsabilità editoriale e del contenuto che trasmettono. Una sorta di 11 settembre nello spazio informativo", continua. "La reazione senza precedenti delle piattaforme in risposta agli attacchi del simbolo della democrazia americana è tuttavia sconcertante: perché non sono riuscite a bloccare prima le 'fake news' e l'incitamento all'odio che ha portato all'attacco a mercoledì scorso?", ha chiesto Breton. "Rilevante o no, la decisione di censurare un presidente in carica può essere presa da una società senza controllo legittimo e democratico?", ha aggiunto.
Per Breton, che ha presentato a metà dicembre il progetto di legislazione europea - il Regolamento sui servizi digitali (Dsa) e il Regolamento sui mercati digitali (Dma) - per cercare di porre fine agli abusi dei giganti del web, "questi eventi dimostrano che non possiamo più stare a guardare e fare affidamento solo sulla buona volontà delle piattaforme". "Dobbiamo stabilire le regole del gioco e organizzare lo spazio informativo con diritti, obblighi e garanzie chiaramente definiti", ha affermato. "L'Unione Europea e la nuova amministrazione americana avranno interesse a unire le forze, come alleati che sono del mondo libero", ha esortato il commissario.
A sostenere che l'Ue non debba lasciare che Facebook e Twitter decidano cosa rientri nei limiti dell'accettabile sulle loro piattaforme è anche Manfred Weber, l'europarlamentare tedesco capogruppo del Ppe. "Non possiamo lasciare che siano le società americane della Big Tech a decidere come discutere e non discutere, cosa si possa e cosa non si possa dire in un discorso democratico. Abbiamo bisogno di un approccio normativo più rigoroso", ha dichiarato Weber a Politico.eu.
E non si tratta solo del caso Trump. "Abbiamo bisogno di più ambizione nella regolamentazione dei social media. I meccanismi odierni dividono le nostre società, amplificano posizioni estreme e persino estremiste, distruggono il consenso, la ricerca di compromessi e l'unione di cui abbiamo bisogno nelle società libere e democratiche", ha detto Weber. "È una domanda fondamentale, tradurre il principio di funzionamento delle democrazie - ricerca di compromessi e terreno comune - nella sfera digitale", ha aggiunto.
Anche iI ministro francese dell'Economia, Bruno Le Maire, ha fatto osservare che non spetta ai giganti del web regolare lo spazio digitale. "Quello che mi sciocca è che sia Twitter a chiudere l'account di Trump. La regolazione dei giganti del web non può essere svolta dalla stessa oligarchia digitale", ha detto Le Maire in una intervista a France Inter. La chiusura dell'account di Trump da parte di Twitter ha suscitato numerose reazioni nella classe politica francese.
Il caso Parler
Parler è stato messo offline. Il social network usato dai sostenitori di Donald Trump per condividere le immagini dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio scorso è stato ‘chiuso’ da Amazon che ne ha bloccato l’accesso ai suoi server a causa, spiegano dalla società, della persistenza di messaggi che inneggiavano agli eventi drammatici di mercoledì scorso.
Di qui la decisione del colosso dell’ecommerce, che gestisce anche uno dei più usati servizi di web hosting al mondo, spiegando di aver notato recentemente “una persistente aumento di contenuti violenti” sull’app.
Apple e Google poco prima avevano rimosso il social network dai loro app store con ragioni analoghe a quelle portate da Amazon. In un’intervista a Fox News il cofondatore del sito, John Matze, ha ammesso che ci potrebbero volere giorni prima di rimettere in piedi il sito.
“Faremo tutto il possibile per tornare online, ma tutti i provider che contattiamo ci dicono che non vogliono lavorare con noi se Apple e Google non approvano”, ha detto Matze, che ha accusato i giganti del web di aver scatenato contro di loro “una battaglia contro la libertà di espressione”. Ma, assicura, “non vinceranno, siamo l’ultima speranza del mondo per la libertà di espressione e la libera informazione”, ha detto.
Parler ha avuto un boom di download dopo i fatti di Capitol Hill. Dopo che Donald Trump ha subito lo stop da parte di Twitter e Facebook, il social con sede a Henderson, in Nevada, è diventato immediatamente una valida alternativa alle piattaforme sociali più blasonate.
Prima usato soprattutto dalle frange estreme dell’ultradestra, poi ha cominciato a essere usato da profili della destra più moderata e giornalisti di area conservatrice. Ma è stato il ‘ban’ di Donald Trump sui social più popolari a far esplodere gli iscritti di Parler. AGI