Tra gli scioperanti, due sono arrivati fino in Vaticano: sono Jose Vicente Garcia e Martin Paz, due giovani consiglieri del comune venezuelano di San Cristobal. “Il Papa intervenga per la libertà dei prigionieri politici, per i diritti umani e per la democrazia in Venezuela”, afferma Jose Vicente, sdraiato a terra insieme a Martin, sotto i portici di via della Conciliazione.
Intanto si iniziano a percepire i primi segni di debolezza dei manifestanti in Vaticano; purtroppo hanno superato le 100 ore senza mangiare in attesa di un incontro con il Santo Padre. Il pontefice argentino continua il suo silenzio sulla “patata bollente” del Venezuela e l’assenza di Maduro ha sicuramente reso l’argomento ancora più scottante, tanto che i venezuelani, presenti in piazza San Pietro domenica scorsa con la loro bandiera gigante di 10 metri in segno di solidarietà con i ragazzi scioperanti, non hanno ricevuto nemmeno un saluto dal Santo Padre durante la tradizionale preghiera dell’Angelus. Silenzio assoluto da parte del Vaticano.
A far luce sull’argomento interviene invece l’arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge Urosa Savino, la massima autorità della Chiesa cattolica del Venezuela: “Per capire di cosa doveva parlare il Papa, dobbiamo ricordare che negli ultimi 2 anni ha fatto appello in quattro occasioni per il dialogo e la pace in Venezuela. La prima volta nell’aprile 2013, durante gli scontri per l’elezione di Maduro; nel febbraio 2014, quando è iniziata la violenza di piazza; nell’ aprile 2014, quando abbiamo convocato il summit per il dialogo; il messaggio più recente risale al marzo 2015, con la morte dello studente Kluiverth Roa (è stato assassinato per i colpi esplosi dall’arma di un agente della Guardia Nazionale). Questi appelli sono soprattutto per il governo. Loro hanno in mano il timone del paese e sono sicuro che il Santo Padre avrebbe fatto di nuovo un appello per fermare la violenza e per promuovere il dialogo con l’opposizione”.
Un compito difficile, secondo il cardinale Urosa. Il porporato ha spiegato che il governo venezuelano ha un atteggiamento intransigente; a suo parere, soffre di “superbia politica”. Inoltre egli avverte che “il governo ha troppo potere: controlla l’economia, controlla la politica, controlla la polizia, controlla tutto”.
Nonostante si mantenga la tradizionale prudenza vaticana e l’argomento non venga toccato, Jose Vicente Garcia e Martin Paz vanno avanti con il loro sciopero della fame e oggi saranno in piazza San Pietro per tentare di essere ascoltati da Papa Francesco durante l’udienza pubblica del mercoledì.
Jose Vicente Garcia e Martin Paz lottano come migliaia di giovani in Venezuela per la democrazia. Hanno 29 anni, sono laureati in ingegneria e hanno entrambi dei figli; ma cosa chiedono a Papa Francesco? Innanzitutto chiedono la sua intermediazione per la liberazione dei prigionieri politici; in secondo luogo, invocano l’intervento dell’ONU, dell’OEA e dell’Unione Europea per garantire i diritti umani in Venezuela; chiedono inoltre un’udienza privata con il pontefice per raccontare cosa succede nel loro paese e infine l’aiuto necessario per poter tornare in patria in pace, poiché credono che al loro rientro saranno anche perseguitati politici. Papa Francesco avrà l’ultima parola.