L'Italia conquista la seconda Coppa Davis della sua storiadopo la prima conquistata nel 1976. Ci riesce grazie ai successi di Matteo Arnaldi su Alex Popyrin(7-5 2-6 6-4) e di uno strabordante Jannik Sinner su Alex de Minaur (6-3 6-0). L'Australia capitanata da Lleyton Hewitt non è neanche riuscita a centrare quello che era il suo obiettivo minimo: arrivare al doppio dove Ebden e Purcell, in quanto formazione di doppio vera e rodata, avrebbero potuto rivelarsi una carta vincente.
Quarantasette anni dopo il trionfo di Santiago del Cile firmato da Panatta, Bertolucci, Zugarelli e Barazzutti, gli azzurri sono tornati a sollevare l'insalatiera che Dwight Davis fece forgiare come premio nel 1900 per il primo confronto fra i bostoniani di Harvard e i loro omologhi britannici. Ci sono riusciti trascinati dalla superstar Jannik Sinner la cui futura leadership planetaria non poteva che essere certificata dalla competizione più antica e più nobile (per quanto trasformata nel tempo) del tennis mondiale.
Nella finale Matteo Arnaldi ha dovuto attraversare un match fondato unicamente sulla psiche per battere Popyrin: un incontro che avrebbe potuto vincere solo chi fosse riuscito a mantenere i nervi saldi e commettere qualche errore meno dell'avversario (otto palle break annullate da Matteo nel terzo set) e Jannik si è divertito a massacrare l'amico De Minaur che proprio non ha strumenti per impensierirlo.
Una squadra destinata a dominare
Il successo di Malaga è arrivato anche e soprattutto grazie alla "creazione" del doppio Sinner-Sonego: una formazione che certo non ha dovuto confrontarsi con qualcosa di simile ai fratelli Bryan ma ha dimostrato che, poggiando su una reale amicizia fuori dal campo, su una certa esuberanza giovanile (di Sinner) e su una perfetta interpretazione del ruolo di spalla (di Sonego) possano costruire una formazione dignitosa capace di vincere incontri. Che poi è quello che conta.
Il trionfo in terra spagnola figlio di un gruppo di giocatori eccezionali che sono arrivati a diventare squadra provenendo ciascuno dal proprio ambito e dal proprio cammino di crescita. È merito di un capitano non giocatore, Filippo Volandri (l'anno scorso duramente criticato, e con ragione, per la scelta di far giocare Berrettini in coppia con Fognini nel doppio contro il Canada e che ha dovuto fronteggiare altre critiche per non aver convocato Fognini a settembre), che ha assemblato un gruppo con un obiettivo comune, la vittoria.
Il merito è anche di quei coach che hanno seguito con passione e intelligenza i loro giocatori (Gipo Arbino per Sonego, Sartori, Piatti, Vagnozzi e Cahill per Sinner, Tartarini per Musetti, Petrone per Arnaldi), di Simone Bolelli e di Matteo Berrettini presente a Malaga in qualità di uomo supporter della squadra. Il cielo del tennis è del tutto blu e questa squadra potrebbe anche avviare un ciclo di vittorie. Abbiamo una squadra straordinaria, sarebbe bello se avessimo anche la Davis vera, quella che era legata ai popoli e ai tifosi più che ai potentati che l'hanno scarnificata nel tempo. Ma oggi è il giorno della festa. E che festa. AGI