Una sedia vuota con un nome e un cognome: Giuseppe Conte. Accanto, la sedia occupata da Elly Schlein. Quanto andato in scena prima del voto sulla Consulta, nella Sala Capitolare del Senato, è l'ultima di una serie di foto 'strappate', come quelle da cui si vuol togliere un parente o un amico con cui si è rotto. Prima, c'era stata la scalinata della Cassazione in occasione della consegna delle firme per il referendum dell'Autonomia differenziata, con Schlein da una parte e Conte dall'altra e, nel mezzo, i giornalisti a cercare da fare da spola fra l'uno e l'altra.
Poi è stato il turno dei rappresentanti di Avs, Bonelli e Fratoianni, correre da un lato all'altro di Piazza Navona per scambiare qualche parola prima con Schlein e poi con Conte (i giornalisti avevano capito e si erano organizzati in pool), alla manifestazione contro il ddl Sicurezza. E non basta a spiegare questo gelo il caso del voto sul Cda Rai, disertato dal Pd, ma a cui hanno partecipato i Cinque Stelle e Avs. Alla base di tutto c'è il 'nodo' Renzi, ovvero la determinazione di Schlein a tenere la porta della coalizione aperta al centro, tanto ad Azione quanto a Italia Viva.
"Restiamo testardamente unitari", è stato il mantra di Schlein da quando è alla guida del Pd. "Non mettiamo veti su nessuno e non ne accettiamo da nessuno", ha poi detto, aprendo di fatto a Italia Viva. "Non spreco nemmeno un minuto in polemiche", ha infine fatto sapere. Tre concetti che spiegano da soli la strategia di Schlein. La porta è aperta, ma nel confronto fra Conte e Renzi, la segretaria non vuole entrare convinta che non porti consenso e, anzi, ne faccia perdere. Il rischio è che, per dirla con Orlando, rimanga il campo senza la coalizione. Perchè si arrivi alla coalizione serve un programma su temi condivisi. L'Aventino ha funzionato sul voto per la Consulta ma, come fa notare anche Carlo Calenda, non può essere la soluzione per tutto. "Le opposizioni la devono piantare di fare l'Aventino, noi la finiremo perché cosi' non si va avanti", è l'avvertimento del segretario di Azione.
Che quella di ieri sia stata per il centrosinistra una vittoria in chiaro scuro lo dicono anche dalle parti del M5s: le voci su un presunto scambio fra Cinque Stelle e Fratelli d'Italia sulla Rai, ha segnato la giornata di ieri. Tanto che in serata, Giuseppe Conte si è concesso ai giornalisti in Transatlantico per rispondere: "Non ci sono stati tentennamenti da parte del Movimento 5 stelle. Nessuno della maggioranza ci ha prospettato chi intendevano votare, nessuno ci ha detto nulla, lo abbiamo saputo dai giornali. Non avendolo fatto non ci hanno consentito di entrare nel merito del nome". Alle voci che parlano di uno scambio Conte-Meloni non crede nemmeno Schlein che, tuttavia, denuncia il tentativo della maggioranza di fare 'campagna acquisti' fra i parlamentari di opposizione per recuperare i voti mancanti.
Se l'obiettivo di Schlein è quello di creare una coalizione alternativa a quella di governo, occorre lavorare per farsi trovare pronti all'appuntamento con le politiche. Per farlo, si ragiona in ambienti dem, Schlein potrebbe sfruttare le elezioni regionali: una vittoria schiacciante sul centrodestra 'puntellerebbe' la leadership nel centrosinistra di Schlein e preparerebbe il terreno per la coalizione a livello nazionale. Ma poi, a livello nazionale, il 'nodo' di Renzi e il 'no' di Conte si ripresenterebbero. L'escamotage, a quel punto, sarebbe di infilare nelle liste del proporzionale i nomi che mettono d'accordo tutti, o quasi. I candidati mal digeriti dagli alleati e sui quali pesano i veti incrociati se la giocherebbero nel maggioritario. E che vinca il migliore. Su questa ipotesi di strategia, tuttavia, si registrano gia' perplessità trasversali. Perché, è il ragionamento, a Conte andrebbe bene appaltare tutte le quote maggioritarie ad Italia Viva? E i renziani sarebbero dispposti a sottoporsi a questa sorta di test del Dna per accontentare i Cinque Stelle? Quello su cui tutti o quasi gli alti dirigenti del Pd sembrano d'accordo è che il punto di partenza sono le regionali.
La partita delle regionali
Si registra un certo pressing affinché la segretaria favorisca l'accordo fra renziani e Cinque Stelle. Il risultato a cui puntano i dem è quello di ribaltare l'1-2 attuale, confermando l'Emilia-Romagna e togliendo alla destra almeno una regione fra Liguria e Umbria. Dai territori, pero', arrivano segnali contrastanti.
Un esponente del Pd umbro sottolinea che l'arrivo del sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, nel perimetro della coalizione di centrodestra stia alimentando i timori che la partita possa essere piu' aperta di quello che si crede. Mentre in Emilia-Romagna, De Pascale si sta affannando a tenere tutti insieme, da Conte a Renzi, ed evitare strappi dell'ultimo momento. Il leader M5s ha, in questo senso, rassicura spiegando di voler sostenere De Pascale e di non avere intenzione di presentare un altro candidato. Detto, questo, ha poi ribadito di "non avere intenzione di non avere intenzione di presentare il M5s in coalizione "accanto al simbolo di Italia Viva". Parole che nel centrosinistra, Pd e Avs, leggono cosi': niente simbolo di Italia Viva ed esponenti renziani che si presentano sotto altra denominazione. Una ipotesi che si scontra, pero', con la determinazione già espressa da Renzi di presentare il simbolo. Fonti del Pd dell'Emilia-Romagna, oggi alla Camera, si mostrano ottimiste su una chiusura positiva che, dicono, potrebbe arrivare gia' la prossima settimana. Dato il clima di incertezza, è comprensibile il lavoro di chi sta cercando di convincere Schlein a mettere tutti intorno a un tavolo. Andrea Orlando ha chiesto una cabina di regia per trasformare quello che "al momento è un campo" in una coalizione.
"Forse dopo le Europee si è pensato che alcuni risultati incoraggianti risolvessero da soli alcune contraddizioni sul campo, e invece siamo qua. C'è un lavoro politico ancora tutto da fare, che in Liguria abbiamo fatto e serve fare anche a livello nazionale", aggiunge Orlando. Anche Dario Franceschini, viene riferito, avrebbe sottolineato la necessita' di intervenire nel dossier delle alleanze e della coabitazione fra Renzi e Conte. A cominciare dai territori, dove gli equilibri e i rapporti fra le forze politiche possono essere molto diversi da quelli nazionali. AGI