Non il secondo round di un match di pugilato, quanto l'occasione per ragionare a mente fredda sulla legge che vieta la produzione di carne coltivata, lasciando la parola agli scienziati. Questo l'obiettivo del convegno "Carne Coltivata, discutiamone", che vede protagonisti il deputato di Più Europa, Benedetto Della Vedova e il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, e moderato dalla direttrice di Agi, Rita Lofano. Della Vedova e Prandini sono su fronti opposti su questo tema.
Posizioni a confronto: Della Vedova vs. Prandini
Il primo a favore della ricerca e produzione di carne coltivata. Il secondo contro. Due posizioni che, un anno fa, sono arrivate a scontrarsi aspramente, come ricorda lo stesso Della Vedova: "Un anno e mezzo fa il Parlamento italiano ha approvato una legge sul divieto di carne coltivata. Ci fu una discussione in aula e una fuori dall'aula, una discussione che è trascesa con qualche ruvidezza. È nato un contenzioso che si chiude questa mattina e ringrazio il presidente Prandini di avere accettato questo confronto. Noi siamo tuttora contrari a quel provvedimento", aggiunge Della Vedova, "per diverse ragioni. Penso sia sbagliato vietare una cosa già vietata: in Europa oggi non c'è nessun prodotto di carne coltivata di cui sia lecita legare la vendita. Siamo contro questo provvedimento perché viola la libertà di ricerca scientifica. Se tu vieti il prodotto che non puoi produrre né consumare, è ovvio che gli scienziati andranno in quei paesi in cui si lavora su questo. Per me è sempre un grande errore vietare o penalizzare la ricerca scientifica. Infine, ritengo che questo sia un pezzo di un autogol che facciamo come Italia. Impediamo alle imprese italiane di stare sulla frontiera in questo settore. I paesi che crescono continuano a consumare proteine animali e la carne in particolare ha un impatto climatico fortissimo. Infine c'è un elemento che riguarda la salute degli animali. Perché l'Italia che è stata all'avanguardia della innovazione deve rinunciare alla possibilità di stare su quella frontiera? Se questo settore dovesse crescere, perché non dobbiamo avere imprese italiane anche in questo settore? Questa è la domanda che abbiamo fatto al legislatore e queste sono le contestazioni di fondo. Ecco, discutiamone sulla base di elementi razionali. Io ero appassionato contro questa legge perché vedevo usare dall'altra parte argomentazioni che non erano scientificamente fondate".
Prandini: un approccio costruttivo al futuro
Il presidente Prandini muove dalle stesse premesse improntate al fair play: "Ritengo questa mattinata proficua, interessante, di crescita e confronto. Io non ritorno sul passato, sono abituato a parlare di futuro. E ringrazio l'onorevole Della Vedova di questa disponibilità. Abbiamo invitato relatori che ritengo molto autorevoli, sia quelli invitati da Della Vedova, sia quelli invitati da me. Noi siamo abituati a ragionare in modo costruttivo sulle opportunità per le nuove generazioni. Ritengo questa giornata storica per coloro che l'hanno voluta per dare la possibilità alle persone che ci ascoltano di farsi le proprie idee, ma a partire da elementi di trasparenza e verità". Il primo tema di discussione è l'impatto ecologico della carne cellulare rispetto a quella da allevamento.
Analisi scientifica e sostenibilità
Alessandro Bertero, professore di biologia molecolare dell'Università di Torino: "Il 25 marzo abbiamo richiesto con una lettera al ministero della Salute e dell'agricoltura di poter dare il nostro contributo al tavolo che si occupa di questo tema". Bertero ricorda che alla fine dell'Ottocento molte delle contestazioni che oggi vengono mosse sulla carne coltivata erano dirette al ghiaccio artificiale, prodotto meccanicamente. "Immaginate una azalea coltivata in una serra. La carne coltivata può essere spiegata in questa maniera: cellule animali vengono coltivate, come si fa con procedimenti come la fermentazione dello yogurt o della birra. Nella fase produttiva non è richiesto l'uso di antibiotici. Il processo di crescita avviene in circa due settimane e ci dà cellule come muscoli o grassi con cui possono essere prodotte ad esempio salsicce. Non nascondiamoci dietro a un dito: è una sfida scientifica importantissima, e arrivare alla produzione di carne coltivata richiede decenni o ancora di più". La sostenibilità è un punto molto discusso: "Il costo ambientale potrebbe essere il cinquanta per cento di quello bovino, nel peggiore dei casi. Ma si può ambire a un risparmio anche del novanta per cento per alcuni parametri come quello del consumo di suolo".
Risponde, per il fronte "scettico" nei confronti della carne coltivata, Felice Adinolfi, professore di economia e politica agricola all'Università di Bologna. "La letteratura recente presenta elementi a favore della carne coltivata, ma anche elementi contro. Le emissioni: nessuno scenario presenta emissioni di anidride carbonica - più dannose rispetto a quelle di metano - inferiori con la produzione di carne coltivata rispetto a quello della carne bovina. La promessa associata allo sviluppo della carne coltivata, come cibo più virtuoso, è ad oggi non confermata. Questi confronti si fondano su dati ipotetici. Al di là della letteratura scientifica che ha ancora ampi margini di incertezza, ciò che si può dire è che l'impronta ecologica di un chilo di carne cellulare con un chilo di carne biologica non ci sarebbe paragone".
Sicurezza alimentare e alternative proteiche
E la sicurezza alimentare? Per Luciana Rossi, professoressa di nutrizione animale dell'Università di Milano, la carne coltivata può essere una alternativa valida sotto l'aspetto dell'assunzione di proteine: "La popolazione mondiale aumenta e ci sarà un aumento di consumo di carne da parte di paesi a medio reddito. Ma anche sul fronte europeo la produzione di proteine non sarà sufficiente in futuro. Per questo l'industria sta cercando di trovare proteine alternative che non utilizzino terra agricola, che rappresenta l'undici per cento della superficie terrestre. Superficie che non aumenterà ma diminuirà. Queste proteine alternative sono alghe, proteine da funghi, proteine vegetali, insetti. In questo contesto deve essere collocata la carne coltivata, non in contrasto con la carne tradizionale".
Le proteine da carne coltivata "hanno nutrienti essenziali facilmente disponibili. Dal punto di vista produttivo la carne coltivata offre la possibilità di personalizzare il prodotto. Quello che vorrei dire è che la carne cellulare rappresenta una opportunità e sarebbe un peccato se l'Italia rimanesse fuori dai giochi". Replica Giuseppe Campanile, professore di zootecnia speciale dell'Università di Napoli. "Abbiamo dimostrato che l'allevamento di ruminanti e l'allevamento di carne rossa sono virtuosi perché richiedono la coltivazione di foraggio che produce ossigeno e toglie anidride carbonica dall'atmosfera. Dal punto di vista del bilancio è un bilancio positivo: l'allevamento animale ha un senso nel mantenere la biodiversità del terreno anche dal punto di vista agricolo". Il problema etico? "Quanto deve essere grande l'animale per produrre pietà? Perché una vacca solleva un problema etico e l'uccisione di roditori e insetti non dovrebbe farlo?". Per Campanile "il consumatore deve sapere cosa mangia e per saperlo occorre fare degli studi. Ci siamo posti il problema dell'aumento dell'indice mitotico? Dateci la possibilità di capire cosa succede non solo sulle cellule normali ma anche su quelle patologiche. Nei vegani aumenta l'indice di incidenza dei rumori perché si usano acceleratori dei processi di crescita". AGI

 (Copia).jpg)

