In qualità di avvocata internazionale specializzata in diritto culturale e cittadinanza, considero la moda non solo come un’espressione effimera, ma come un patrimonio vivo che unisce generazioni e nazioni. E in questa Milano Fashion Week di settembre 2025, la città ha salutato uno dei suoi figli più illustri: Giorgio Armani, l’eterno “Re Giorgio”, scomparso il 4 settembre all’età di 91 anni, lasciando un’eredità che trascende tessuti e cuciture.
La sfilata della collezione Spring/Summer 2026, presentata il 28 settembre nel cortile illuminato della Pinacoteca di Brera, non è stata soltanto la chiusura della Settimana della Moda – ma un memoriale messo in scena dallo stesso maestro. Originariamente concepito per celebrare i 50 anni della linea firma di Armani, l’evento si è trasformato in una lettera d’amore postuma alla sua Milano e all’isola di Pantelleria, il suo rifugio siciliano restaurato con gli ancestrali dammusi in pietra. Sotto un cielo inaspettatamente azzurro, dopo una settimana di piogge, 700 ospiti hanno assistito a uno spettacolo etereo, illuminato da lanterne perlate e accompagnato dal piano dal vivo di Ludovico Einaudi, la cui musica risuonava come un’elegia.
Ciò che si è visto è stata l’essenza di Armani distillata in poesia: silhouette allungate e fluide, tessuti che danzavano come brezza mediterranea, in tonalità di blu profondo, verdi vibranti e delicati lilla. Ogni pezzo sembrava tradurre il dialogo tra l’eterno e l’effimero, riflettendo i due grandi amori dello stilista: la sofisticazione urbana di Milano e la serenità rustica di Pantelleria.
Il culmine è giunto con l’abito finale: una lunga gown blu scintillante, a maniche lunghe, ricamata con l’immagine serena del volto di Armani, indossata da Agnese Zogla, una delle sue modelle predilette. Il pubblico – che includeva Cate Blanchett, Richard Gere, Glenn Close, Spike Lee e Anna Wintour – si è alzato in piedi in un applauso che è riecheggiato per minuti. Nel saluto finale, Silvana Armani, nipote del designer, e Leo Dell’Orco, partner e collaboratore di decenni, hanno suggellato il ciclo con emozione e dignità.
Ma la sfilata è stata solo il cuore di un tributo più ampio. Al piano superiore della Brera, la mostra Giorgio Armani: Milano, Per Amore, inaugurata pochi giorni prima, presenta 120 capolavori dello stilista – da completi iconici a rari abiti da sera – in dialogo con Caravaggio e Raffaello. Curata con il contributo diretto di Armani, l’esposizione, aperta fino a gennaio 2026, celebra non solo la moda, ma anche l’umanesimo: il suo filantropismo discreto e la sua visione dell’eleganza come forma di empowerment.
Armani non è stato soltanto uno stilista; è stato un architetto di identità. Ha democratizzato il lusso, vestendo presidenti, star di Hollywood e cittadini comuni con la stessa grazia minimalista. La sua scomparsa, tanto serena quanto sorprendente, ci ricorda che la moda – come la politica e il diritto – è ciclica: chiude cicli affinché nuovi inizi possano fiorire. Sebbene la sua squadra abbia promesso continuità, quest’ultima sfilata, supervisionata personalmente, sarà ricordata come un testamento del fatto che il vero stile non invecchia: ispira in eterno.
Mentre la moda mondiale migra a Parigi, Milano custodisce un nobile vuoto, colmato da memorie e ispirazioni. Arrivederci, Giorgio. Che la tua visione continui a guidare le generazioni, intrecciando passato e futuro come i fili invisibili che uniscono Italia e Brasile nel mio stesso percorso.
Di Renata Bueno, ex parlamentare italiana, avvocata internazionale e presidente dell’Istituto Cittadinanza Italiana

 (Copia).jpg)

