Cassius Clay vel Muhammad Alì (17.01.1942-3.06.2.016), oro nei pesi massimi a Roma, che accese il tripode ad Atlanta, non ci sarà. Io ringrazio l’Eterno di essere prossimo alla mèta. Lo dico da rugbista, come punto d’arrivo dopo la linea del goal, calcisticamente parlando.
Nello stadio latino la mèta era la colonnina di giro della curva dopo il rettilineo; la curva immetteva nel rettilineo opposto. Perciò il Bolt dei cento metri vedrebbe la prima mèta, mentre il Bolt dei 200 farebbe la curva stando dentro i 19 secondi ed un pelo. Bolt punta al top dei top. Mennea, che frantumò per primo a Mosca i 20 secondi tenne il record fino a Bolt. Livio Berruti era stato il primo italiano che ruppe il predominio statunitense a Roma sfatando il mito degli italiani pelandroni. Alla sua corsa io non fui presente, in diretta tv, la prima volta. Ero andato nell’orto ad esercitarmi nel getto del peso: i 5 chili dell’allievo, che scagliavo a 13 metri.
La me.ta, zumero “luogo ta del ME –il nome che crea, accompagna e finisce –“ è una faccenda semplice, della massima complessità. Come l’atletica. Che cos’è saltare?
È il ballo, zum. lu-bal. Io confesso di aver ballato male, come tanti e di non saper ballare.
Il salto dell’asticella parrebbe semplice; provate! L’anconese Gianmarco Tamberi avrebbe vinto l’oro, quest’anno, se non si fosse rotto negli ultimi salti. Segue lo stile del Fosbury flop, inaugurato a Montreal, quando imperava ancora lo scavalcamento ventrale di Valery Brumel, oro nella XVIII olimpiade.
Io andrò a far ginnastica fra poco, per decrepitare più lentamente e per dimagrire anche. Da tifoso, atleta per caso, seguirò i giochi che si apriranno senza la sospensione totale delle guerre che veniva praticata ad Olimpia, oltre 2000 anni fa.
Ciao Rio, giochiamo? (copywright dell’inserto di la Repubblica).
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