Sono i caregiver, termine anglosassone ormai di uso comune, che indicano le persone familiari che assistono i parenti affetti da Alzheimer, questa patologia devastante, che ruba i ricordi, il senso dei gesti, della vita. La psicologa Floriana Signorile, responsabile del centro di recupero cognitivo Alzheimer Più di Taranto, ha parlato, nella sua terza comunicazione, nella Kermesse “Alla ricerca del ricordo perduto” organizzato al Castello Aragonese, di cosa avviene nei caregiver quando si scopre la patologia. Ci sono tre fasi progressive che ognuno di noi ha vissuto, se si è trovato in questa situazione. La prima fase è la negazione: “no, non può essere”. Questa è la fase, davvero stressante che porta ad un super attivismo fino a girare le sette chiese della neuro scienza. Stress che si ripercuote sul congiunto malato creando il primo problema. Anche perché il caregiver non crede che nel congiunto vi sia un cambiamento e lo maltratta, anche spesso involontariamente.
Questa situazione scompagina stili di vita, crea attriti fra le persone che magari hanno diverse reazioni più o meno aggressive. Qui la famiglia scopre di essere sola. Qui il ruolo di supporto della psicologia oltre che della neuro scienza. Anche perché il secondo step è ancora più negativo, perché scoppia la rabbia. Magari perché si è scoperto che non c’è nulla da fare di fronte a questa malattia diagnostica bene. Allora la rabbia è verso se stessi, verso il parente – proprio la sindrome della vedovanza improvvisa – verso il mondo sanitario impotente. Quando alla fine avviene una ristrutturazione interiore che finisce per comprendere il problema, nel frattempo il parente si è aggravato, a causa del deficit progressivo e ritorna la giostra dei tre stadi del caregiver. Il problema rappresentato dalla Signorile è proprio questo, ed è un problema enorme, se pensiamo ai 4 milioni che ruotano, tra deficit lievi e conclamate demenze, intorno all’Asl. Se aggiungiamo i familiari interessati abbiamo idea della fetta di società che rappresentano? Davvero? Allora chiediamoci dov’è sta l’attenzione della politica, quella dei convegni sul futuro, di cosa parlano?
Qui ci sono fatti concreti, occorre intervenire, ma subito. Occorre rafforzare il Welfare Comunale. Daniela Lelli (qui a lato con Floriana), nel presentare i risultati raggiunti nei giorni di presenza al Castello, con la mostra artistica dei fotografi, ha parlato dei fotografi francesi che organizzeranno due date, in luoghi diversi della Francia, della mostra di Alzheimer Più per raccogliere fondi per il centro di Taranto. Lo stesso farà la Sacra Famiglia di Milano con una mostra nel capoluogo lombardo. La Coop nazionale ha chiesto a Falanthra di fare informazione presso l’Ipercoop di Taranto. Quindi dopo un solo anno di attività questi sono i riconoscimenti nazionali e internazionali.
Non lasciare sole le famiglie ad affrontare il problema. La psicologa parlava dei centri di auto-aiuto dove i caregiver possono incontrarsi per socializzare le proprie esperienze e stringere fra loro relazioni che rafforzino l’area di affetto da creare intorno al malato. Anche qui siamo di fronte a una espressione Self-help da vari decenni in voga negli Stati Uniti, indirizzata a chi desidera risolvere i propri problemi in circostanze specifiche (ad esempio salute, benessere emotivo, lavoro, famiglia, amore), sia nella vita in generale. Ecco questa è una iniziativa che andrebbe generalizzata. Facendo un po’ come fa Roberto Iacona a Presadiretta, facciamo anche noi toc toc alla politica. Svegliaaa! Dal basso si organizza gratis, aiutate il volontariato a dare un sorriso in chi si vede perduto in un incubo!
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