Cari concittadini, ecco ci siamo: da domani ultimi cinque giorni di campagna elettorale e poi silenzio di riflessione e domenica prossima il voto.
Gentili concittadini, qui a Padova, il vostro esule tarantino, vi saluta tra bombe d’acqua, di questa tarda primavera che assomiglia, talvolta, a una torrida estate, talvolta a una coda di inverno.
Ho letto diverse volte, nei giorni scorsi, ritagliando qua e là, sulla stampa locale, una lista di 14, addirittura in certo momento si parlava di 16 sindaci, alla fine e alla conta finale, sono diventati 11 candidati al posto di primo cittadino, come cinque anni fa, dopo lo sberleffo di Peppe Quaranta, dodicesimo, che ha presentato lista bianca.
Cari concittadini, dall’ultimo corsivo sulle elezioni amministrative è passato un tornado e tutte le certezze sono cascate come un castello di carta.
Cari concittadini lontani, da Padova vi scrivo il settimanale corsivo che ha nel titolo un vecchio proverbio che spiega ora questa particolare situazione della mia città quando spira vento dal Nord, bisogna chiudere le finestre, non fare corsette mattutine, evitare di respirare.
Cari concittadini, dalla mia Padova vi scrivo questo corsivo settimanale prendendo spunto dalle note vicende tarantine, quei giochi della politica malsana, che appare anch’essa vittima dell’inquinamento che confonde le meningi.
L’aria di fine febbraio sa meno di inverno e non ancora di primavera. Nel limbo meteo, da questa Padova che mi ospita da quando il pediatra è sindaco di Taranto, riprendo il corsivo domenicale.
Riprendo il mio corsivo domenicale in vista delle elezioni della mia città; dal mio abbaino padovano vedo la cupola della chiesa di Sant Antonio, mentre vedrei volentieri il cappellone di San Cataldo.
Ringrazio quanti mi inviano tramite posta elettronica ritagli di giornali e notizie su quello che accade a Taranto e mi consente di fare considerazioni da Padova, dove vivo in esilio, da quando il pediatra è diventato Sindaco.