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Sabato, 21 Aprile 2018 12:48

Cuba: il ricambio generazionale senza i Castro la dittatura continua Dissidenti: "Miguel Diaz-Canel è un fantoccio"

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Miguel Díaz-Canel è il primo presidente cubano dalla Rivoluzione del 1959 a non portare il cognome Castro e a essere nato dopo la Rivoluzione stessa: un momento cruciale di ricambio generazionale nel Governo. Sentiamo le reazioni della società civile di Cuba:

AURELIO ALONSO, filosofo e sociologo:

"Ora inizia un periodo fondamentale, fondamentale. Non soltanto in quanto nuovo di per se', ma perche' il Paese sta attraversando, dal punto di vista economico e sociale, un momento molto diffiicle. Il nuovo governo ha certamente un programma di rifrome da applicare ma è complicato tutto."

I luoghi pubblici come questi che mostriamo hanno ottenuto l'accesso a internet soltanto da pochi anni e anche i nuovi media ne hanno approfittato.

JOSÉ JASÁN, fondatore del giornale on line El Toque:

"Alcuni mesi fa circolava sul web un video in cui Díaz-Canel affermava che i nuovi media alternativi di Cuba fossero strumenti sovversivi provenienti dall'esterno. Un'opinione, secondo me, molto pregiudiziale non basata sui fatti ed è davvero deprecabile perche' dimostra che non si è compreso quanta richiesta di cambiamenbto provenga dalla società cubana, cosi come di informazione che sia canalizzata nel modo in cui noi lo stiamo facendo."

Rosa Maria Paya, dirigente dell'opposizione cubana e figlia di Owaldo Paya, noto dissidente e Premio Sakharov per i diritti umani nel 2002, ha sottolineato invece che Díaz-Canel non ha nessuna legittimità, perche' non e' stato scelto dai cittadini", e dunque la sua elezione non cambia nulla per gli oppositori,

HÉCTOR ESTEPA - Euronews:

"I cubani non si aspettano grandi cambiamenti nei primi mesi di presidenza di Miguel Diaz Canel. Il nuovo presidnete seguirà l'agenda politica di Raul Castro che continuerà a svolgere l'incarico del presidnete del partito comunista. Ed è un ruolo il suo a cui molti danno valenza di guardiano politico della presidenza di Canel."

"Sono venuto per lavorare e non per fare promesse", queste le prime dichiarazioni del neo presidente Miguel Diaz-Canel all'Assemblea nazionale: i cui 605 deputati lo hanno eletto, promettendo di rimanere "leale all'eredità del comandante Fidel Castro, ma anche all'esempio, ai valori e agli insegnamenti del generale Raul Castro". Non è tutto, il nuovo presidente assumerà anche la carica di capo del Partito comunista cubano (Pcc), quando Raul morirà. Lo ha dichiarato lo stesso Castro durante il passaggio di poteri: "Quando io verrò a mancare, Miguel Diaz-Canel diventerà anche segretario del partito. Il 57enne, che per anni ha risalito lentamente i ranghi del partito, era stato indicato come unico candidato alla presidenza, ed è stato formalmente nominato per un mandato presidenziale di cinque anni, assumendo la guida del Paese, alla vigilia del suo 58esimo compleanno. Ma il benvenuto dei cubani dell'isola si infrange contro le accuse dei dissidenti che vivono al di fuori di Cuba: "Miguel Diaz-Canel è un fantoccio; non decide nulla perché il potere ce l'ha il Partito comunista, che resterà nelle mani di Castro fino a quando non morirà". Sono queste le dichiarazioni di Blanca Reyes, fondatrice delle 'Damas de Blanco', il movimento per la liberazione dei detenuti politici a Cuba. "Diaz-Canel non dirigerà proprio nulla", insiste Reyes: "È stato scelto solo perché Raul capisce che suo figlio Alejandro Castro Espin, un ufficiale dell'esercito, non ha la forza per essere il presidente di Cuba". La fondatrice delle 'Damas de Blanco' commenta da Miami, dove vive con il marito, Raul Rivero Castañeda, poeta e dissidente, firmatario nel 1991 della "lettera dei dieci intellettuali" per il rilascio dei prigionieri politici. La critica della donna prosegue sul discorso di Diaz-Canel, che si è detto impegnato a "proseguire la rivoluzione" ma anche ad "aggiornarne" il sistema economico. "Il sistema economico continuerà con il controllo poliziesco, l'unico in grado di sorreggere un governo che ha perso anche i suoi ultimi sostenitori internazionali", risponde Reyes. Il riferimento è anzitutto al Venezuela "bolivariano", orfano di Hugo Chavez e ostaggio con Nicolas Maduro di una crisi allo stesso tempo economica, sociale e politica.

 

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