Dal 2000 al 2014, nella perenne rincorsa tra tasse e spesa pubblica, vince quest’ultima alla grande. E così, nei quindici anni presi in considerazione, il debito pubblico è continuato ad aumentare – dal 109% del Pil ad oltre il 132% - nonostante il progressivo incremento della pressione fiscale che ha raggiunto, in termini virtuali, il 43,5%. Ovviamente, considerazione non da poco, tale livello comprende anche chi le tasse non le paga, cioè la nutrita categoria degli evasori, praticamente intoccabile perché portatrice di voti che possono far vincere o perdere le elezioni: secondo attendibili stime, la pressione fiscale, tra imposte ed oneri sociali, si aggira in termini reali attormo a circa il 54% del PIL.
La politica, fiscale e non, sin qui seguita non è riuscita a ridurre le disuguaglianza tra i più poveri e i più ricchi, anzi l’ha accentuata. I miliardari in euro, nonostante la crisi, sono aumentati della metà.
Secondo dati Istat elaborati dalla Cgia, sempre dal 2000 al 2014 le entrate tributarie sono cresciute del 38,6%, la spesa pubblica del 46,5%, al netto degli interessi sul debito del 4,9%, mentre il Pil è aumentato soltanto del 30,4%.
E’ evidente che l’uscita dal circolo vizioso - più spesa pubblica piu' tasse - si ottiene principalmente soltanto in due modi: aumentando il Pil, con un incremento considerevole della produzione e dell’occupazione che appare allo stato alquanto improbabile in una fase dell'economia a stagnazione endemica, qual e' la nostra; o tagliando la spesa pubblica in maniera equilibrata.
Intanto al prossimo orizzonte si presentano problemi non da poco. Per evitare che scattino le cosiddette clausole di salvaguardia previste dall’Unione Europea e da noi liberamente sottoscritte, entro la fine del 2018 il Governo dovrà recuperare 75,4 miliardi di euro, altrimenti famiglie e imprese subiranno un aggravio fiscale di pari importo.
La prima scadenza è il prossimo 30 settembre, data entro la quale si dovranno reperire 1,4 mld di euro per evitare l’ennesimo aumento delle accise sui carburanti, oltre a un deciso incremento degli acconti Irpef e Ires in capo a persone fisiche ed alle aziende. Entro la fine dell’anno saremo costretti a reperire ulteriori 16 mld di euro; diversamente dal I° gennaio 2016 ci saranno un nuovo ritocco dell’ Iva e un nuovo aumento della tassazione.
Foto : Achille e Giulia Colombo Clerici