Consentono i test anche di identificare quante persone, che non hanno manifestato sintomi, sono venute in contatto con il virus, e quindi quanti sono gli asintomatici che potrebbero essere contagiosi, ma che avendo gli anticorpi hanno acquisito l’immunità. Uno studio recente ha dimostrato, che gli anticorpi impediscono alla famigerata proteina “S” (spike cioè artiglio) di entrare nella cellula attraverso il recettore (identificato come ACE2). Il test sierologico consente la diagnosi indiretta del virus e consente di sapere quante persone venendo a contatto con il virus, quando è, qual è, quanto diretta, è stata la risposta del nostro sistema immunitario.
Il test misura due tipi d’immunoglobuline (IgM e IgG) e il loro tasso in circolazione nel sangue. Restando nel campo sierologico l’azienda Diasorin nota, per aver lanciato un mese fa l’esame molecolare per identificare in un'ora invece di sei, la presenza del coronavirus in una persona.
Ha annunciato di aver ultimato presso il Policlinico San Matteo di Pavia gli studi necessari al lancio di un nuovo test sierologico per rilevare la presenza di anticorpi nei pazienti infettati dal coronavirus. La procedura è tutta automatica e permette, ai laboratori di fare 170 campioni ogni ora. Inoltre c’è anche chi come l’azienda di biotecnologie, Kedrion Biopharma partecipata dal fondo della Cassa Depositi e Prestiti Fsi sta sviluppando una terapia che usa il plasma dei pazienti, che hanno avuto la malattia. Una strategia in verità sperimentata in altri paesi, a iniziare dalla Cina. Tempo 3/6 mesi ed efficacia dichiarata del 90/95%. Centri trasfusionali di Pisa, Mantova e Padova hanno ricevuto il kit, per utilizzare il plasma di soggetti convalescenti. Questi centri hanno le tecnologie, per inattivare il virus presente nel plasma. Sottoscritto un protocollo per la sperimentazione tra la società e le unità trasfusionali di Mantova, Pisa e Padova. Non mancano però critiche e distinguo come quella dell’Associazione Microbiologi Clinici, che considera non ancora affidabili i test sierologici delle circa 100 aziende produttrici. Un’altra critica proviene dal Prof. Bucci che insegna biologia alla Temple University di Filadelfia, e che sull’affidabilità dei test, che varie regioni stanno usando commenta “Dato che al momento non sono noti i tassi di errore dei vari test in adozione nelle diverse regioni, cosa succederà quando ci si accorgerà che il test in questo momento in studio all’Università di Padova ha un tasso di falsi positivi (soggetti che ci sembrano immuni al test ma non lo sono ) pari a circa il 4%, mentre in altre regioni potrebbe toccare il 10-12% se useranno certi test commerciali rapidi su microstrip?”. In verità questa insana e nefasta frammentazione della sanità in 20 sistemi regionali sta mostrando tutti i suoi esiziali limiti. Sui test per la ricerca degli anticorpi per esempio il Veneto usa una tecnologia cinese affidabile e certificata CE quella della chemiluminescenza, e gestita dall’Università di Padova. La Toscana che userà i test probabilmente che abbiamo visto sopra mente altre regioni usano o sperimentano test per la cosiddetta distribuzione del “patentino dell’immunità” che è nata in Germania. Accettabile certificazioni che nascono da test regionali diversi? Quindi con affidabilità diverse!
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