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Lunedì, 19 Dicembre 2016 20:31

Nicola Signorello ultimo Sindaco di Roma espressione della Politica

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L’elezione a Sindaco di Roma di Virginia Raggi ha segnato la data del “canto del cigno” di tutti quei poteri che dalla metà degli anni ’80 avevano fatto “il bello e cattivo tempo” nella amministrazione capitolina.

Per chi ha raccontato la “cronaca bianca” dalla fine degli anni ’60 a livello di Comune di Roma, Provincia e successivamente Regione, è difficile ricordare chi sia stato l’ultimo Sindaco di Roma espressione della politica romana. Riavvolgendo il nastro della memoria occorre tornare al 1985 in cui fu eletto Nicola Signorello, a capo della prima giunta pentapartito Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli, dopo nove anni di amministrazione a guida comunista.

In quegli anni si consumava “l’omicidio della politica fondata su basi etiche” a vantaggio della politica fondata su interessi lobbistici, venivano superate le vecchie forme di consociativismo che avevano caratterizzato i partiti sorti alla fine della seconda guerra mondiale.

Possiamo ricondurre questa emersione lobbistica di interessi locali particolari e personali alla pubblicazione del DPR n. 616 del 24/07/1977, in attuazione della legge delega n. 382 del 22/07/1975, che trattava del “trasferimento e deleghe delle funzioni amministrative dello stato”.

Con il varo delle Regioni a statuto ordinario nel 1970, nel Lazio e in particolare a Roma, nei partiti storici tradizionali cominciò un “mutamento genetico”. Nella DC le correnti cattolico democratiche, di provenienza dall’Azione Cattolica o dai Movimenti Sociali, da sempre linfa del partito, cominciarono ad essere sostituite da componenti non democristiane che una volta “convertite” si dedicarono sistematicamente al controllo del partito prendendo in mano le sezioni. Questo fenomeno avvenne in tutte le sezioni di tutte le correnti interne alla Democrazia Cristiana. Nel partito socialista con l’elezione di Bettino Craxi a Segretario alcune componenti, alla sinistra del partito, ritennero che il “metodo democristiano del momento” fosse anche quello più efficace per mantenere in vita il proprio gruppo politico, questa situazione subì una accelerazione con l’elezione di Bettino Craxi a Presidente del Consiglio, incarico che permetteva un ulteriore controllo interno sempre più pressante. Lo stesso accadde nel PCI che con la improvvisa morte di Luigi Petroselli, tolto il periodo di sindacatura di Ugo Vetere che si dedicò al risanamento delle borgate, emersero interessi simili a quelli degli altri partiti. Queste componenti espressione del popolarismo italiano cominciarono ad avere per riferimento non più organizzazioni sociali ma gruppi di interesse che tendevano a gestire settori di servizio alla società civile.

Gira la favola che la “spartizione dei capitoli di bilancio” avvenisse intorno ad un tavolo interpartitico dove il piatto forte fosse “pasta e fagioli”.

Le nuove opportunità offerte dal decentramento istituzionale si scontravano con il ruolo svolto dall’IRI, gli ambiti di intervento dell’Iri erano capillari e ad ampio spettro: nella siderurgia, nella cantieristica, nella telefonia, nelle telecomunicazioni, e nel settore radiofonico, nell’energia elettrica, nell’industria meccanica, nelle costruzioni navali e nella navigazione, nei trasporti aerei, nelle infrastrutture, con la costruzione dell’Autostrada del Sole, nella rete dei servizi, nel settore alimentare, sviluppando anche il comparto dell’elettronica. Occorreva smantellare a cannibalizzare l’IRI e per far questo il primo passo da fare era quello di trasformare gli Enti pubblici, come l’IRI, in società per azioni.

Questa modifica istituzionale ha permesso il proliferare di migliaia di società partecipate ai vari livelli istituzionali, che debbono supportare il consenso dei gruppi che assegnano gli incarichi, che tanto danno stanno creando al debito pubblico.

Il possibile degrado etico nelle istituzioni era stato preso in considerazione da una Commissione istituita nel 1996 dalla Camera dei Deputati, denominata “Comitato di Studio sulla Prevenzione della Corruzione”. La Commissione aveva individuato tutta una serie di “Mezzi per prevenire la corruzione”, è utile riportare i contenuti del documento: “che si semplifichi e riordini la normazione, che si assicuri la trasparenza delle procedure di privatizzazione e delle attività amministrative in forma privatistica, che si liberino da vincoli pubblici le attività private e si riducano e semplifichino i procedimenti amministrativi di controllo; che si consideri l’eventualità di regolare l’attività di pressione (lobbyng); che si precisino i limiti all’accesso alle cariche elettive: che si stabiliscano le incompatibilità degli impieghi pubblici ed i vincoli di avanzamento in carriera; che si disciplinino i conflitti di interessi; che si riformi la disciplina delle nomine politiche; che si sottraggano la selezione e la carriera dei dipendenti pubblici alla commistione con la politica; che si migliorino le condizioni dei dipendenti pubblici che ci si adoperi per il recupero del prestigio della funzione pubblica; che si promuovano i codici di comportamento; che si prevedano dichiarazioni patrimoniali dei dipendenti pubblici; che si disciplinino le attività successive al rapporto di impiego; che si adegui il procedimento disciplinare alle risultanze del giudizio penale; che si assicurino trasparenza e controllo dell’attività contrattuale; che si disciplinino i procedimenti ispettivi e di verifica; che si passi dai controlli di processo ai controlli di prodotto; che si rafforzino i controlli interni delle società per azioni; che si promuova la disciplina nelle professioni”.

I Sindaci che si sono susseguiti dopo Nicola Signorello hanno dovuto fare i conti con molti degli accadimenti previsti dalla Commissione parlamentare, la loro cultura politica di provenienza non ha potuto incidere molto su una macchina istituzionale dove una serie di normative mettevano da parte la politica per mettere al centro della decisione il funzionario incaricato.

I vari Sindaci sono stati bravi a sopravvivere, hanno avuto la capacità di tacitare gli interessi in gioco attraverso l’organizzazione di grandi eventi, tutti a carico del bilancio pubblico.

Ma un dato emerge da Nicola Signorello in poi tutti hanno concluso la carriera politica dopo aver fatto il Sindaco di Roma.

Questo è un suggerimento per il nuovo Sindaco Virginia Raggi; a parte le facezie, fermo restando il contrasto che viene fatto dall’informazione in mano ai poteri precedentemente descritti, tanto che il ruolo svolto dal Ministero della Cultura Popolare, messo in essere dal fascismo, impallidisce di fronte a quanto stiamo assistendo. La stragrande parte della popolazione romana ha chiesto un cambio di rotta rispetto ai sistemi precedenti Virginia Raggi come Sindaco eletto deve rispettare queste indicazioni popolari.

Il popolo, gli elettori comprendono i trucchi e le trappole che in questo sistema burocratico farraginoso possono essere messi in atto da tutte quelle componenti che vedono calare il sole sulle loro rendite costruite sulle spalle dei pensionati e dei giovani disoccupati.

* Giornalista pubblicista per Agenzia Montecitorio e Avvenire dal 1970 al 1980, docente scuola giornalismo Regione Lazio, Amministratore locale dal 1975 al 1980, segretario generale della Associazione Cristiana Artigiani Italiani dal 1977 al 1986, Fondatore e Presidente dell’Istituto Ricerca Settore Terziario per i partenariati europei, promotore di progetti di sussidiarietà orizzontale per lo sviluppo locale, fondatore e segretario politico del Movimento Popolari Glocalizzati. http://www.corradotocci.it

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