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Domenica, 17 Settembre 2017 00:00

Corruzione a Venezia

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Morte a Venezia è il film di Luchino Visconti del 1971[1]. Una splendida fiction.Corruzione a Venezia è la realtà amara che i giudici hanno cominciato a sanzionare giovedì 14 settembre 2017.

Io vi ho già detto dell’assoluzione dell’ex sindaco Orsoni[2] sul processo Mose.

Restava da chiarire come mai l’unico imputato in giudizio proclamatosi colpevole sia poi andato innocente. Ru.b., su La Tribuna di Tv di sab. 16.09.17: 4, chiarisce: “è una prescrizione col dubbio quella con cui il tribunale di Venezia ha stabilito di non doversi procedere per l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni per finanziamento illecito in relazione ai presunti 250.000 euro [e.c. 500.000 da me scritto: traducevo in lire storpiando] di finanziamento in nero ricevuti da Giovanni Mazzacurati, nell’ambito del processo Mose […]”. I giudici hanno trovato il modo di non condannare colui che formalmente ricevette la dazione in tre tranche da un testimone che non seppe esser preciso sulla data. Il periodo oscilla tra Ferragosto e la metà di ottobre. Su questa base, il principio di scegliere in favore del reo, ha fatto slittare a sette anni e mezzo prima il reato di corruzione, dunque nel tempo della prescrizione. Ed il reo sarebbe salvo con questo escamotage come si vedrà nel testo della sentenza.

Io concordo solo su questo punto con Massimo Cacciari, il sindaco precedente, amico di Orsoni: “La sinistra sbagliò a sfiduciare Orsoni. Colpa degli sceriffi”, articolo di Alberto Villetti[3]. La colpa è il furto, non l’opportunismo che ha alzato il clamore.

Lodo i giudici per esser riusciti a scansare la beffa di punire il reo formale mandando assolti i corrotti sostanziali, cioè coloro che hanno ricevuto i soldi, ovvero il partito democratico. Che gli sceriffi siano, in specie, il ministro dello sport Luca Lotti e Roger De Menech, come narra l’articolo successivo, non mi interessa. È certo che Renzi, segretario del Pd ed allora premier, pilatescamente dichiarò che il reo confesso doveva dimostrare che il denaro era stato incassato da altri e non da lui.

Cacciari è un filosofo. Ha scritto dell’angelo della conoscenza. Da tutelare anche se gli angeli non esistessero. Fa malissimo a non elaborare la conoscenza dell’articolo

49 della Costituzione orfano di leggi:  Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

Se avessimo la legge sui partiti, Pilato Renzi sarebbe il colpevole di questa corruzione.

Vale la pena di ricordare che Venezia fu nel Lombardo-Veneto. Oggi, il governatore della Lombardia Formigoni è stato condannato per aver derubato, nell’era berlusconiana, la Sanità lombarda ed il governatore del Veneto Galan è stato condannato con suo patteggiamento per il furto di 50 milioni del “miliardo di euro sparito nel nulla”, tante sono le tangenti stimate. Ed i conti tornano: il capo della Regione ha incassato il 5% ed a titolo personale, non di partito.

Non accetto di condividere alcuna colpa politica di tutto questo intreccio. Agoramagazine mi ha ospitato in questi ultimi dieci anni. Anche se il Daesh l’ha fiaccata nella memoria, io rivendico di aver perseguito continuamente la corruzione lamentando la totale sinecura dell’articolo più politico della Costituzione. Il commissario anticorruzione Raffaele Cantore ha risposto bene ad una nostra domanda in merito. Ma continua ad omettere di chiedere con forza la legge sui partiti.

I giudici stanno facendo bene il loro lavoro di incasso dei furti anche con la Lega:

Lega, Salvini chiede i soldi ai militanti. Anm: basta attaccarci [la Repubblica, 16.09.17: 11]. Il leader dopo la confisca dei conti annuncia il ricorso e accusa i giudici “fasciocomunisti”: Italia regime islamico.

Io ricordo ai giudici che cureranno il ricorso il fatto che Bossi dichiarò di sapere bene che non esiste il reato politico. Perciò ha rubato.

Dai tempi di Hammurabi (1750 a.C.[4]) il ladro è ladro. Con quel codice Galan e Formigoni avrebbero già perduto una mano o tutte e due.

Oggi possono tenerle sane e ricorrere.


[3] La Tribuna, stessa pagina.

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