Questi leader autocratici riducono sempre i partiti che dirigono alle loro correnti. Preferiscono un partito del 15% affidabile e manovrabilità, a uno schieramento ampio e critico. Utilizzano strumentalmente tutti gli altri, siano essi amici o nemici, esclusivamente per i loro fini personali e si giustificano sempre considerando le critiche chiacchiere, le discussione noiose elucubrazioni, le decisioni pratiche e obbligatorie, o almeno inevitabili.
Si potrebbe dire: se le decisioni sono inevitabili e la tua volontà, alla guida del maggior partito politico italiano, senza il quale non si fa nulla in parlamento e al governo, non è incisiva, che cosa ci stai a fare? Ma queste sono altre chiacchiere e dunque evitiamo.
Tradiscono gli amici (prima Letta e poi Gentiloni) e si sentono traditi se gli amici si lamentano. Non si preoccupano se i compagni di partito li lasciano uno dopo l'altro, pensano che questo abbandono sia ininfluente perché si sentono amati universalmente da una volontà popolare che nei numeri elettorali non compare mai. E restano li, all'infinito, per decisione collettiva e interesse personale. Alla fine crollano tutti, chi con un tonfo, chi con un lento lamento.
E fanno tutti lo stesso errore: trasformano il loro partito da riformatore a conservatore pur di diventare premier. Craxi fece questo clamoroso errore con l'accordo del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani). Renzi lo ha fatto adesso con l'accordo elettorale (sia sulla legge, sia sul voto, sia implicitamente per il suo futuro governo) con Berlusconi. Veltroni se ne è accorto e lo denuncia. Chi lo ha a applaudito ed esaltato in Assemblea no. Sono gli stessi che nell'ultima direzione hanno votato la relazione di Renzi sulla riforma elettorale senza avere una proposta di riforma elettorale su cui votare. Misteri della fede!
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