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Martedì, 25 Aprile 2017 15:32

Taranto - Un superstite racconta l’affondamento della crociata FIUME 1941

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Questa le deposizione della corona che ogni tanto il 28 marzo si getta in mare ricordando i caduti Questa le deposizione della corona che ogni tanto il 28 marzo si getta in mare ricordando i caduti

Storia: la Seconda Guerra mondiale - Oggi che si festeggia la festa della liberazione, ripubblico questo articolo perduto nell'archivio distrutto di agoramagazine

 Il golfo di Matapan conserva i ricordi di italiani caduti, dove ora muoiono giovani migranti

1941: quella notte di Marzo, nel mare di Matapan
Esiste la Storia, quella che si racconta sui libri, talvolta messa in discussione da revisionismi di parte, c’è poi la storia comune, quella del popolo. Pensiamo alla grande guerra, e senza scomodare Monicelli pensiamo alla guerra che hanno fatto i nostri padri. Cosa resta di queste storie invisibili? Solo il ricordo. Ed io ne racconto una.

Suor Ausilia è mia zia, classe 1925, ieri in auto dal convento di Ferrandina a Taranto, racconta la storia di suo fratello (mio zio Antonio, detto Uccio) che era imbarcato sulla nave Fiume.
Siamo nel 1941, in pieno conflitto mondiale. Tra italiani ed Inglesi c’è scontro nel mar mediterraneo siamo nella notte tra il 28 ed il 29 marzo 1941, nelle acque a sud del Peloponneso, tra una squadra navale della Regia Marina italiana sotto il comando dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino, e la Mediterranean Fleet britannica (comprendente anche alcune unità australiane) dell’ammiraglio Andrew Cunningham. Veramente la battaglia in sé si compone di due scontri distinti: uno combattuto nei pressi dell’isolotto di Gaudo, tra la mattina ed il pomeriggio del 28 marzo, ed un secondo al largo di Capo Matapan nella notte tra il 28 ed il 29 marzo.
Ma mancano i particolari " umani " di questa storia che nel dettaglio non viene raccontata. Perché solo testimoni oculari possono descrivere le emozioni e non chi rovista tra i libri.
Mia zia era una adolescente e ricorda che sognò suo fratello che cadeva colpito sulla nave. Svegliandosi in preda al pianto raccontò alla madre quello che aveva sognato. Passò la guerra e lei entrò in convento. Il fratello come tutti i dispersi in mare venne dato per morto: Antonio Manna, aveva 22 anni. Nel 1985 vedendo un reduce della nave Fiume a Portobello, la popolare trasmissione di Enzo Tortora mia zia scrisse una lettera al presentatore con la preghiera di inoltrarlo all’ ex ufficiale che era stato ospite nella trasmissione.
Questi, che viveva in Venezuela, dove era diventato famoso quale maratoneta cinquantenne (il motivo della presenza nel contenitore della TV italiana) le rispose ed in successive lettere le raccontò quanto accaduto in quella notte tra 28 ed il 29 marzo.
" Eravamo sulla nave Fiume e stavamo in angoscia perchè era stata allerta e ci avevano avvertito che la nave Pola era stata colpita ed era in difficoltà. Era notte ed avevamo visto gli inglesi andar via. Nessuno era al suo posto, ce ne stavamo tutti in poppa per effettuare le operazioni di attracco della nave Pola. Si stava avvicinando anche la nave ammiraglia Zara. Non ci accorgiamo di nulla di quello che avvenne dopo. Mentre stavamo rientrando a Taranto, gli inglesi che avevano fatto finta di andar via e che, a differenza degli italiani, avevano strumenti simili al radar per veder di notte, quando furono a soli tre chilometri ci silurarono ed affondarono quello che restava della flotta italiana (un altra parte era andata distrutta a Taranto l’anno precedente). Io ed il comandante scendemmo per ultimi dalla nave, lui a prua ed io a poppa con le scialuppe di salvataggio. Il resto è solo rabbia, sofferenza e la disperazione di naufraghi, nelle acque fredde. Solo in cinque ci salvammo dalla nave Fiume”.

Quella notte, una vera Caporetto del mare, perirono 2303 marinai italiani: 782 dello Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 dell’Alfieri e 169 del Carducci.
Nel 1981 il reduce venne in Italia, ospite di mia Zia insieme ad altri reduci. Era l’occasione di una celebrazione del 40° anniversario di quella terribile notte. La cerimonia si svolse nel mare mediterraneo, dove furono buttate delle corone d’alloro, lì dove giacciono quegli italiani morti nel 1941, in quella terribile notte di guerra, fra l’isolotto di Gaudo e Capo Matapan.

In un successivo articolo ripresi l'argomento con altre notizie fornitemi da Zia e che riguardavano sempre quella tragedia del mediterraneo, quell'episodio di guerra che vide la distruzione di gran parte della flotta militare italiana ed in cui persero la vita molti connazionali.
In una lettera dell’ex maresciallo Ernesto Vernola, inviata a mia zia Suor Ausilia, da Parma il 1 febbraio 1981, il superstite del FIUME, questo era l'oggetto, poi continuava
"Gent.ma sorella, la mia assenza dall'Italia nel mese di gennaio, sono rientrato da pochi giorni dalla Nuova Zelanda, ha causato con mio rammarico questo ritardo alla sua lettera del 16 dicembre 1980, indirizzata al signor Enzo Tortora.
Sono Ernesto Vernola, quel settantaduenne dal cuore giovane ed ho letto con commozione la sua richiesta, per avere notizie di suo fratello, il fuochista, Antonio Manna, imbarcato sul “Fiume”. Con profondo dolore rievoco quei giorni di angoscia passati nella zattera per cinque giorni in balia dei marosi. Fui imbarcato sulla crociata FIUME dallo scalo a Trieste nel 1930 e sono stato lì sino all’affondamento del 28 marzo 1941. Conoscevo tutti i marinai, eravamo 1800 come equipaggio. Ero un capo destinato all’artiglieria, e suo fratello senz’altro m’avrà conosciuto.
Se io potessi con una sola parola darvi un sollievo e pace al vostro strazio, l’avrei già fatto anche telefonicamente, ma purtroppo al vostro sempre memore ricordo, al vostro imperituro affetto, di tutti quelli che hanno avuto un disperso in mare, io non posso altro che rispondere con le lacrime, le stesse che ci accolsero a Messina, quando sbarcammo dalla Nave Ospedale Gradisca, che ci raccolse in mare e salvati. 100 unici superstiti di 5000 marinai naufragi, di tre incrociatori: Fiume, Pola e Zara e due cacciatorpediniere: Alfieri e Carducci.

Infatti il 28 marzo di quest’anno, 40° anniversario di CAPO MATAPAN, sulla più grande unità della Marina il Lancia missile Andrea Doria, a La Spezia, alla presenza di tutti gli Ammiragli, e Capi di Stato Maggiore, di tutta la flotta della divisione Navale e di tutti i superstiti delle cinque navi affondate, è stata celebrata in alto mare, una messa commemorativa per i dispersi ed è stata lanciata in mare una corona di fiori. Questo per testimoniare che nessun ricordo è svanito e che tutti nostri dispersi sono sempre vivi nel nostro cuore"


Nell’ottobre del 1981 il Vernola scriveva una cartolina dal Gargano: " Cara sorella e me n’andai. E la vita continua come sempre. E’ stata l’energia spirituale che aiuta a sperare, è restata la luce che illumina la vita. E me n’andai. Son rimasto solo su quel treno che mi portava lontano dai ricordi, dopo aver lasciato il mio spirito nella fraterna ospitalità, insieme ai miei marinai con i quali abbiamo rievocato con tanta nostalgia ed affetto. E me n’andai e la vita continua " con affetto Ernesto


Nell’anno successivo mia zia ebbe la comunicazione della scomparsa di Ernesto Vernola. Aveva fatto appena in tempo a ricostruire un ricordo e per una corona gettata nel mare.
E noi questa corona la mettiamo in rete nel mare di internet perché si abbia sempre una traccia di questa storia invisibile, che si potrà percepire nei marosi, sotto i raggi di luna, in quel capo di Matapan crocevia di scene di guerra di allora, di tragedie del mare di oggi, e noi staremo sempre vigili ad ascoltare la voce del tempo nelle pieghe dell’onda. Grazie ad un superstite che ha raccontato un frammento di storia e mia zia suora, oggi novantaduenne, che l’ha conservato in un convento.

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