ANNO XIX Febbraio 2025.  Direttore Umberto Calabrese

Sabato, 23 Dicembre 2017 11:45

Evtušenko: arrivederci bandiera rossa

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In rete circola solo la poesia del noto poeta russo Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, nato il 18 luglio 1933 a Zimà, una cittadina della Russia sorta nel XIX secolo intorno a una stazione della linea ferroviaria Transiberiana.

Il libro di oggi, che ha proprio il titolo dell’articolo, edito diciassette anni fa, nell’edizione tascabili Newton (100 pagine 1000 lire) ha come sottotitolo:"Poesie degli anni novanta" anni che, come sappiamo, hanno caratterizzato un radicale cambiamento nel mondo.

Dice lo stesso autore nella prefazione del libro, tradotto da Evelina Pascucci: "Sebbene io presagissi la caduta dell’impero sovietico, non prevedevo ch’ essa potesse cadere sotto i miei occhi. Facevo parte di coloro che spingevano la Russia, come un camion impantanato nel fango, ma quando ci riusci di smuovere la storia, essa ci sfuggì di mano e, superandoci, impetuosamente e in modo terribile, fu come se si precipitasse da una montagna".

Io credo che i fatti accaduti in quegli anni, la caduta del muro di Berlino, la fine del regime comunista sovietico, visti attraverso gli occhi di un intellettuale, in parte protagonista di quegli eventi, assumono una altra fisionomia, diventano più densi. Scrive l’autore: " La storia sorpassò non solo Gorbačëv, ma tutti noi con lui, inzaccherandoci, nel congedarsi, il viso di fango, da sotto le ruote, per riconoscenza".

Quello che creò sconcerto nei Russi fu la velocità che assunse l’impero per frantumarsi in più parti, ognuna poi prendendo varie direzioni. Come conferma lo stesso autore, "Addio bandiera rossa" è un libro testimonianza di un rammarico, non certo per la dittatura, sicuramente non per la censura, assai scomoda per un intellettuale, e certamente non per i Gulag, dice Evtušenko: " E’ la nostalgia per il bambino gettato via insieme con l’acqua, per la nostra speranza, infranta di un socialismo dal volto umano. E non si conosce ancora se il nostro capitalismo avrà un volto umano. Per ora non gli somiglia".

Nella poesia Perdita, dai primi versi s’avverte questo il netto senso di smarrimento: " La Russia / ha perso in Russia / la Russia.

Secondo l’autore il fallimento della seconda rivoluzione russa, quella andata sotto il nome di "perestrojka" fu accelerata dall’incapacità di Gorbačëv di accorgersi dei golpisti che lo circondavano, ma soprattutto per la morte di Sacharov. Quel formidabile ingegno, premio nobel per la pace, pur essendo stato padre della bomba all’idrogeno atomica ed al quale è intitolato un premio che va alla libertà di pensiero. Secondo il nostro autore. " Sacharov era l’unica persona in tutta la nostra politica, dinanzi alla quale si provasse vergogna...Egli fu l’ultimo idealista senza macchia".

Ecco la poesia che da l’addio alla bandiera rossa:

 Arrivederci, bandiera rossa- 
 dal Cremlino scivolata giù 
 non come ti innalzasti, 
 agile, 
 lacera, 
 fiera, 
 sotto il nostro esecrare 
 sul fumante reichstag, 
 sebbene pure allora 
 intorno all’asta, truffa si attuasse. 
 Arrivederci bandiera rossa... 
 eri metà sorella, metà nemica.

 Eri in trincea speranza 
 unanime d’Europa 
 ma tu di rosso schermo 
 recingevi il GULAG 
 e sciagurati tanti 
 in tuta da carcerati.

 Arrivederci, bandiera rossa. 
 Riposa tu, 
 distenditi. 
 E noi ricorderemo quelli che dalle tombe 
 più non si leveranno. 
 Gl’ingannati hai condotto 
 al massacro, 
 alla strage. 
 Ricorderanno anche te- 
 ingannata tu stessa. 
 Arrivederci, bandiera rossa. 
 Non ci portasti bene.

 Grondavi sangue 
 e te 
 noi col sangue togliamo. 
 Ecco perchè adesso 
 lacrime non ci sono da detergere, 
 così brutalmente sferzasti, 
 con le nappe scarlatte, le pupille. 
 Arrivederci, bandiera rossa... 
 il primo passo verso la libertà 
 lo compimmo d’impulso 
 sulla nostra bandiera 
 e su noi stessi, 
 nella lotta inaspriti. 
 Che non si calpesti di nuovo 
 "l’occhialuto" Zivago.

 Arrivederci bandiera rossa... 
 Da te disserra il pugno, 
 che ti serra di nuovo, 
 ancora minacciando fratricidio, 
 quando all’asta 
 si afferra la marmaglia 
 o la gente affamata, 
 confusa dalla retorica.

 Arrivederci, bandiera rossa... 
 Tu fluttui nei sogni, 
 rimasta una striscia 
 nel russo tricolore. 
 Nelle mani dell’azzurrità 
 e del biancore 
 forse il colore rosso 
 del sangue sarà liberato.

 Arrivederci, bandiera rossa... 
 guarda, il nostro tricolore, 
 che i bari di bandiere 
 non barino con te! 
 Possibile anche per te 
 sia lo stesso giudizio: 
 pallottole proprie e altrui 
 ne hanno la seta divorato?

 Arrivederci, bandiera rossa... 
 sin dalla nostra infanzia 
 noi giocavamo ai "rossi" 
 e i "bianchi" battevamo forte. 
 Noi, nati nel paese 
 che più non c’è, 
 ma in quell’Atlantide 
 noi eravamo, 
 noi amavamo.

 Giace la nostra bandiera 
 nel gran bazar d’Ismajlovo. 
 La "smerciano" per dollari, 
 alla meglio. 
 Non ho preso il Palazzo d’inverno. 
 Non ho assaltato il reichstag. 
 Non sono un "Kommunjak".

 Ma guardo alla bandiera e piango.

Cosa resta alla Russia oggi? Secondo l’autore c’è la libertà di parola, e questo per la prima volta nella storia della Russia. Ma - dice lo stesso autore - la politica si è già consegnata l’immunità: di ignorare la libertà di parola"

Nell’avvento di internet e dei social forum, come risulta vera ed amara questa verità e come davvero ci sentiamo vicini a questo autore e questa bandiera.

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