ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Martedì, 06 Marzo 2018 08:14

Dentro il Pd le dimissioni differite di Renzi non sarebbero piaciute affatto

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Il segretario annuncia: niente 'inciuci' e partito all'opposizione. Ma la decisione di non lasciare subito ha colto di sorpresa molti. Anzi i malumori sono diffusi. I retroscena di  HuffPost e Corriere della Sera

Matteo Renzi annuncia le dimissioni da segretario del Partito democratico: il leader dem è salito all'ultimo piano del Nazareno al termine di una lunga giornata di incontri e ha spiegato di voler attendere la composizione delle Camere e la formazione del Governo prima di rendere effettivo il suo passo indietro. Dimissioni differite, dunque. A questo, però, Renzi aggiunge che il nuovo segretario non sarà un traghettatore scelto nel chiuso delle stanze dei palazzi.

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Dunque, sarà congresso vero e colui che prenderà la guida del partito sarà un leader legittimato dalle primarie. Una scelta maturata dopo lunghe ore di riflessione e confronto con i suoi fedelissimi, prendendo atto delle indicazioni che arrivavano dalla minoranza dem e, infine, decidendo di non accogliere il suggerimento di lasciar decidere l'assemblea senza passare dagli elettori.

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"Abbiamo riconosciuto che si tratta di una sconfitta netta che ci impone di aprire una pagina nuova all'interno del Partito Democratico", sono le parole di Renzi, attese da stanotte in sala stampa e arrivate solo dopo diversi rinvii. I giornalisti erano stati dapprima allertati per la mattinata, poi per le 17 e infine per le 18. Renzi compare davanti alle telecamere alle 18,20. In completo d'ordinanza, con giacca e cravatta scuri su una camicia bianca, non palesa segni di stanchezza.

Alla base di una così dura sconfitta, spiega, c'è un difetto di comunicazione: "Siamo stati troppo tecnici", dice, "e se a questo si somma l'evidenza di un vento estremista, che nel 2014 siamo riusciti ad incanalare ed oggi non siamo riusciti ad arginare, comprendiamo come il risultato sia stato tanto deludente".

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Il simbolo di questa campagna, per il segretario dem, è la sconfitta di Minniti a Pesaro. Il ministro dell'interno, ricorda Renzi, ha fatto un "lavoro straordinario" sui migranti e, nonostante questo, è stato sconfitto da un candidato M5S che, "per ammissione del suo stesso partito, è impresentabile e nel frattempo è scappato dalla campagna elettorale ed è andato in vacanza". Ora sta a questo "vento estremista" mostrare di avere la forza di governare perché dal Pd non arriveranno aiutini. Il leader dem non cita direttamente il capo politico del M5S, Luigi Di Maio, ma a lui si riferisce quando sottolinea che "chi si oppose al referendum nel 2016 oggi è vittima del suo stesso No". Ovvero, con la riforma della Costituzione che prende il nome di Renzi-Boschi si sarebbe potuta evitare l'incertezza sul vincitore che oggi ha portato Di Maio ad aprire al dialogo con le altre forze politiche.

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"Non faremo mai accordi", avverte Renzi e, se non fosse abbastanza chiaro il messaggio, ribadisce: "Abbiamo detto in campagna elettorale no a un governo con gli estremisti e non abbiamo cambiato idea in queste 48 ore. Il Pd, nato contro i caminetti e le forze anti sistema, non diventerà la stampella per le forze anti sistema, magari con decisioni prese a porte chiuse". Insomma, chi si aspetta una strada in discesa sulla formazione di un governo, magari con l'appoggio esterno del Pd, resterà deluso. Una scelta, quella delle 'dimissioni differite', che provoca la reazione di Luigi Zanda, senatore Pd e capogruppo a Palazzo Madama: "La decisione di Matteo Renzi di dimettersi e, contemporaneamente, rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo. Le dimissioni di un leader", aggiunge Zanda, "sono una cosa seria. O si danna o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre".

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Per quanto riguarda il suo futuro, Renzi spiega di volersi dedicare all'attività di "senatore semplice" anche per rispetto alle migliaia di email ricevute in queste ore. Una formula che sembra allontanare l'idea di rimettersi in gioco, almeno nell'immediato, come candidato alla segreteria del partito. (agi - molinari)

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