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Lunedì, 16 Marzo 2020 00:09

Coronavirus, morto l'architetto Vittorio Gregotti uno dei padri dell'architettura moderna italiana

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Apprendo dall'edizione on line del Corriere della Sera qui a Caracas della morte del grande architetto Vittorio Gregotti, che fu socio di mio zio Giotto Stoppino dal 1952 al 1968, un amicizia e una collaborazione nata ancora da studenti della Facoltà d'Architettura di Milano e nella redazione di Casabella del loro Professore architetto Ernesto Nathan Rogers. Dal 1952 al 1953 fondarono lo Studio Architetti Associati a cui nel 1953  si uni a loro Ludovico Magistrelli. poi il loro sodalizio fini nel 1968 ed ognuno prese la sua strada. Vittorio Gregotti – Ludovico Meneghetti – Giotto Stopino furono gli artefici milanesi del Neo Liberty loro la poltrona Cavour simbolo appunto del Neo Liberty, la lampada 537 Arteluce dal 1970 al Museum of Modern Art di New York nella collezione permanente. In queste ore mi scorrono le immagini, di una vita, mi unico da una Caracas in quarantena al cordoglio della famiglia.

Vittorio Gregotti. Aveva 92 anni. E' scomparso questa mattina a Milano, come riferisce l'edizione online del "Corriere della Sera". Era ricoverato nella clinica San Giuseppe di Milano in seguito alle conseguenze di una polmonite da coronavirus. Anche la moglie Marina è ricoverata nello stesso ospedale.

Era nato a Cameri, in provincia di Novara, il 10 agosto 1927 e si era laureato in architettura nel 1952 al Politecnico di Milano. E' stato uno dei padri della moderna architettura italiana. Gregotti ha iniziato la sua carriera collaborando con la storica rivista "Casabella", di cui diventerà direttore a partire dal 1982. Nel 1974 ha fondato lo studio professionale Gregotti Associati International, che ha progettato opere in oltre venti paesi in Europa, America, Africa, Medio Oriente e Asia. Ha insegnato in università italiane, europee e statunitensi. Tra le sue opere più recenti: "Una lezione di architettura" (2009), "Tre forme di architettura mancata" (2010), "Architettura e postmetropoli" (2011) e "Il sublime al tempo del contemporaneo" (2013).

IL QUARTIERE ZEN A PALERMO, SUO PROGETTO PIÙ CONTROVERSO - La notorietà di Vittorio Gregotti era legata anche a uno dei suoi primi progetti, al tempo stesso tra i più famosi ma anche controversi: il quartiere Zen di Palermo, di cui anni dopo l'architetto Massimiliano Fuksas proporrà la demolizione. Gregotti ha sempre dato la responsabilità del fallimento del progetto dello Zen al fatto che non fosse mai stato ultimato a causa delle infiltrazioni mafiose.

Lo Zen (Zona Espansione Nord) è il quartiere di edilizia popolare situato nella VII circoscrizione di Palermo. L'intero complesso nasce in seguito a un concorso di progettazione bandito dallo Iacp per le aree d'espansione e fu vinto nel 1969 da Gregotti.

Il progetto si rifaceva alla concezione di città di fondazione murata e venne organizzato in blocchi di insulae all'interno di un sistema di griglia ortogonale orientata longitudinalmente secondo l'asse nord-sud. Con la tipologia della megastruttura e l'unità dell'insula, Gregotti ambiva a portare 'in blocco' modelli abitativi ed erogazione dei servizi urbani all'interno del paesaggio della campagna palermitana.

Le dinamiche politico-amministrative intercorse tra il 1975 e il 1980 hanno distorto la morfologia complessiva del quartiere. Dagli anni '90 il quartiere è denominato San Filippo Neri ed è suddiviso in due aree definite, Zen 1 e Zen 2.

Lo Zen 2 è rimasto privo di servizi e di opere di infrastrutturazione primaria e secondaria; inoltre si è susseguito un fenomeno di occupazione non legittima degli alloggi in presenza di una forza emergenza abitativa, tutti fenomeni che hanno generato una pesante situazione sociale e di degrado del quartiere.

L'ulteriore mancanza di collegamenti e la segregazione dovuta ad un anello di circonvallazione veloce realizzato in occasione dei Mondiali '90 e delle Universiadi, ha chiuso l'insula come un baglio-fortezza.

"Era un buon progetto che non è stato realizzato come avrebbe dovuto", dichiarò Vittorio Gregotti durante un'intervista concessa in occasione dei suoi 90 anni. "E' la mia battaglia persa contro la società locale così com'era", disse amaramente il grande architetto.

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