ANNO XVIII Maggio 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Giovedì, 20 Agosto 2020 21:36

Una storia di donne, migranti e marginalità al Giffoni Film Festival

Written by  Lucia Licciardi
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'Rosa pietra stella', in anteprima nazionale, fa il punto su temi cruciali come casa, lavoro e rapporto con il diverso.

Può la vita di una giovane donna 'precaria' nella dimensione sociale e affettiva racchiudere in sé tutti i nodi cruciali delle società 'mature' occidentali? Può, se è Carmela, protagonista di 'Rosa pietra stella', pellicola di Marcello Sannino con Ivana Lotito, Ludovica Nasti e Fabrizio Rongione, in uscita nelle sale il prossimo 27 agosto, e in anteprima nazionale al Giffoni Film Festival domani, unico lungometraggio italiano in concorso.

'Rosa pietra stella' è distribuito da Pfa Films ed è prodotto da Antonella Di Nocera (Parallelo 41 Produzioni), Gaetano Di Vaio e Giovanna Crispino (Bronx Film) e Pier Francesco Aiello (Pfa Films) con Rai Cinema, con il contributo di Mibact-Dg Cinema e Audiovisivo, Regione Campania e Film Commission Regione Campania.

Carmela, nome omaggio come il titolo del film al famoso brano di Sergio Bruni, riassume in sé e nella sua storia il tema della maternità, quello della casa, il dramma del lavoro e l'interrogativo sempre presente del rapporto con l'altro, con il diverso da sé, con il migrante.

Una donna sotto pressione

Una scelta "per far meglio risaltare le molte sfumature di un carattere complesso - spiega all'AGI il regista -  mi sembrava logico raccontarla in un momento di grande pressione della sua vita, quello in cui ha l’obbligo di trovare una via per mantenere il suo rapporto con la figlia undicenne, Maria. E ha davanti a sé una realtà in cui quelle piccole illusioni che si era creata, la svolta e il riscatto da un destino segnato e uguale rispetto la madre e la sorella, attraverso il suo lavoro cadono".

'Rosa pietra stella' è ambientato nel centro storico di Napoli, a Porta Capuana, già al centro di un lavoro documentaristico di Marcello Sannino, e a Portici, sua città natale. Carmela, bella e indomita, sotto sfratto, tira avanti giorno per giorno con lavori precari e vane ambizioni, finché non le capita, per conto di un avvocato abbastanza equivoco, di fare affari con gli immigrati clandestini che popolano i vicoli di Napoli, alla ricerca continua di un contratto di lavoro, anche falso, per ottenere il permesso di soggiorno. 

È stata la madre poco presente di Maria, ma ora vuole rimediare. Conosce Tarek, un quarantenne algerino, e lo travolge nella sua lotta per trovare un equilibrio, tra l'occupazione abusiva di una casa di proprietà di un parroco non troppo caritatevole e il tentativo di gestire da sola, dopo la fuga dell'avvocato, il 'business' dell'immigrazione irregolare anche grazie a un piccolo imprenditore.

I migranti: solo numeri?

"Carmela incontra altri che stanno peggio di lei, ma non capisce come molti di noi che sono suoi compagni di lotta - racconta Sannino - per ignoranza e per abitudine pensi di sfruttarli, anziché unirti a loro. Questa confusione di coscienza civile e politica è una dimensione nella quale ormai nasciamo". Una frase di Tarek, che "riconosce in lei una donna fragile", annota il regista, la scuoterà: "Per voi noi siamo solo numeri".

"Volevo raccontare come ci sono destini comuni tra marginali, italiani o migranti che siano - ribadisce - anziché unirsi per cambiare fanno quella che è una lotta interna. Anche l'imam accetta di sfruttare il canale illegale che li sfrutta, pur di ottenere permessi per la sua gente. Non lo farebbe mai se non capisse che è una chance, quasi l'unica strada possibile".

"E' la legge che obbliga a fare questo - sottolinea Sannino - me lo ha spiegato e mostrato un amico che incontro sempre a piazza Garobaldi. Sfruttamento, lavoro nero, lavoro inesistente accumuna i poveri, napoletani e migranti che siano, un meccanismo perverso sotto gli occhi di tutti giustificato dalla legge". Napoli è sullo sfondo, molto poco percepibile se non per due inquadrature del Vesuvio di lontano. I luoghi sono poco riconoscibili, perché questa "è una storia di tutte le marginalità italiane e non.

Napoli presente, ma non si 'mangia' il film

Volevo luoghi non così identificabili. Napoli è presente, ma non si 'mangia' il film". Una storia aperta, riassunta in un lungo sguardo che Carmela  scambia con la figlia. "Lei si costruisce una speranza - avverte il regista - vuole dirle 'vedo che stai bene e ti darò ancora questa serenità'. La bambina non guarda lei, in realtà, ma guarda noi per urlarci 'in mondo mi state facendo vivere'. Un rimprovero a noi adulti".

Altra cifra difficile della pellicola, la presenza sotto traccia delle istituzioni, forze dell'ordine e assistenti sociali. "Volevo essere rigoroso ed essenziale - dice Sannino - le istituzioni stanno lì a fare il loro dovere nel film, con eccesso di zelo per esempio nel caso dei servizi sociali, ma perché siamo a Portici, dove storie come questa di Carmela e Maria sono una dimensione più rara". "Ma occorre una giustificazione anche per l'esistenza delle case famiglia - affonda - anche questi luoghi hanno bisogno di 'clienti' e quindi c'è come un bisogno di allontanare bimbi da famiglie 'irregolari'. Mi sono anche qui documentato, ho parlato con psicologi. E Carmela, come tutti i marginali, con le istituzioni ha sempre un rapporto in cui è schiacciata. Il proletariato marginale non ha possibilità di evolversi e di scegliere, e le istituzioni te la fanno pagare tutta per questioni di cultura e linguaggio". AGI

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