ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Domenica, 04 Febbraio 2024 22:44

Il gigantesco telescopio che scoprirà se gli esopianeti sono abitabili

Written by  Francesco Russo
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ESO - Un'elaborazione artistica dell'ELT una volta ultimato e in azione ESO - Un'elaborazione artistica dell'ELT una volta ultimato e in azione

L’Extremely Large Telescope, in costruzione nel deserto cileno, è uno strumento senza precedenti che farà compiere all’astronomia un balzo paragonabile a quello realizzato dal cannocchiale di Galileo. Abbiamo parlato con il Programme Manager del progetto, Roberto Tamai, di una nuova rivoluzione scientifica che vede, ancora una volta, l'Italia in prima linea.

Nel deserto di Atacama, in Cile, sta sorgendo un’enorme struttura che cambierà per sempre l’astronomia. Si chiama Extremely Large Telescope (Elt), vede coinvolti sedici nazioni europee, tra cui l’Italia, e quando entrerà in funzione, nel 2028, conterà sul più grande specchio mai costruito per un telescopio. La nostra capacità di comprendere l’universo compirà un progresso paragonabile a quello segnato da Galileo quando rivolse un cannocchiale verso quel cielo che fino a quel momento avevamo ammirato solo a occhio nudo.

Finalmente l’umanità sarà in grado di scrutare quegli esopianeti la cui presenza è finora stata individuata solo in modo indiretto, di capire gli elementi che ne compongono l’atmosfera e scoprire, quindi, se presentano condizioni compatibili con la vita. Con una capacità di definizione dalle 10 alle 15 volte superiore al telescopio Hubble, l’Elt spalancherà nuove strabilianti frontiere nell’ignoto e, potenzialmente, segnerà il primo passo verso la ricerca della vita oltre il Sistema Solare

Una nuova rivoluzione scientifica che vede ancora una volta il nostro Paese in prima linea. Italiani sono i consorzi che si occuperanno della costruzione dei vetri dello specchio e del colossale “duomo”, la struttura che accoglierà e proteggerà il telescopio. E italiano è il progettista capo, Roberto Tamai, che abbiamo intervistato a margine di una sua conferenza al Palazzo delle Esposizioni, nell’ambito delle iniziative connesse alla mostra “Macchine del Tempo” organizzata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica. 

 

Il più grande telescopio mai costruito in origine avrebbe dovuto essere ancora più grande. Come si è passati dall'Overwhelmingly Large Telescope all'Extremely Large Telescope?

 

"L'Overwhelmingly Large Telescope era rischioso, in particolare per via dello specchio secondario, che aveva dimensioni un po’ difficili da costruire, sarebbe stato un solo specchio di una forma molto convessa e sferica che avrebbe causato notevoli rischi nella fase di costruzione, quindi si è pensato di ridurne le dimensioni e dall’Overwhelmingly siamo passati all’Extremely Large Telescope, dai 100 metri di diametro dello specchio principale, quello che raccoglie i fotoni, la luce, siamo arrivati agli attuali 39,2 metri di diametro". 

 

Dimensioni che rendono comunque l'ELT un progetto senza precedenti…

 

"Sì, oggi se vogliamo ci sono due competitor, dal diametro rispettivo di 30 e 25 metri, entrambi nordamericani. Quello di 30 metri si chiama Thirty Meter Telescope (Tmt) e dovrebbe essere costruito alle Hawaii, dove però stanno avendo problemi con i nativi per l’utilizzo della montagna. Ora stanno cercando di giungere a un accordo con gli indigeni e tutti quanti speriamo che lo facciano quanto prima. Poi c’è il Giant Magellan Telescope (Gmt) di 25 metri, che ha una logica diversa da quella dell'Elt e del Tmt, invece molto simili, con uno specchio segmentato, fatto di tanti esagoni messi insieme a formare l’ottica principale. Invece il GMT è composto da sette specchi grandi quanto quelli dell’attuale osservatorio di Paranal della European Southern Observatory (Eso), dove si trova il Very Large Telescope. Sono sette specchi che raccolgono la luce in modo indipendente l’uno dall’altro e la mandano allo stesso fuoco, qualcosa di molto simile a quanto già facciamo noi al Paranal, con quattro telescopi diversi del diametro di 8 metri in grado di raccogliere la luce dalla stessa stella e mandarla nello stesso fuoco". 

 

Il progetto coinvolge unicamente istituzioni pubbliche?

"A oggi l'Elt è progettato e costruito solo con soldi provenienti dai 16 Stati membri della Eso, che è un’organizzazione intergovernativa. L’Italia è uno dei 16 Paesi membri, numero che può continuare a crescere, e il contributo di ognuno è proporzionale al Pil. È denaro pubblico, non abbiamo a oggi clienti privati o supporter privati. L’Italia è il quarto contribuente di un budget che lo scorso anno era intorno ai 240-250 milioni di euro; il primo è la Germania con circa il 22%, mentre l’Italia è intorno al 10-11% del totale. Il costo complessivo della costruzione è pari a 1,4 miliardi di euro".

Il deserto di Atacama è stata la sede scelta sin dal principio o erano state valutate alternative?

"La scelta del deserto di Atacama è stata il risultato di una profonda ricerca, non era affatto detto che dovesse sorgere in Cile come l'altro nostro osservatorio. Ho fatto parte anche del comitato di ricerca, dove si è data esclusiva priorità alle caratteristiche scientifiche, cioè alla qualità del cielo. Avevamo analizzato diversi luoghi: Namibia, Argentina, anche l’isola di La Palma, unica possibile sede nell’emisfero settentrionale... Alla fine, confrontando per anni le opzioni con una strumentazione che analizzava la qualità del cielo sopra questi diversi siti, fu individuato il sito di Cerro Armazones, a un'altezza di 3.046 metri, come il luogo ideale. L'Eso aveva già valutato l'area come sede del Very Large Telescope, che fu poi preferito spostare 25 chilometri a Ovest, appunto sul Monte Paranal. L'Eso svincolò così quello che era una sorta di diritto sul sito del Cerro Armazones, che fu quindi candidato a ospitare il Tmt finché gli americani non decisero di costruirlo alle Hawaii, liberando di nuovo l'area. La Eso la riprese, la rivalutò, e la riconfrontò con tutte le altre opzioni. Il deserto di Atacama offre condizioni eccellenti: clima estremamente secco, cielo al 90% pulito, bassa turbolenza e nessuna contaminazione luminosa". 

 

Cosa sarebbe cambiato, in concreto, costruendo l'Elt nell'emisfero settentrionale, a parte il poter osservare porzioni di cielo diverse in momenti diversi dell'anno?

 

"A livello ingegneristico, parecchio, perché il sito del Cerro Armazones è sismicamente molto attivo, ha condizioni di temperatura, densità, e venti molto diverse da quelle che abbiamo a La Palma dove magari c’è la neve più spesso, ci sono condizioni di umidità, sismicità e altitudine del tutto differenti. Sono tutti fattori fondamentali per poter progettare, ad esempio, l’isolamento del duomo, sia per le temperature interne che per i sistemi antisismici. Il duomo è la casa del telescopio, deve proteggerlo durante il giorno perché è un telescopio che va nell’ottico, nel visibile e nell’infrarosso, quindi non può vedere il sole perché brucerebbe". 

 

Come funzionano i diversi livelli di specchi che costituiscono l'Elt?

 

"Abbiamo lo specchio primario che mi piace sempre paragonare a un imbuto: una volta che abbiamo raccolto la luce dobbiamo far sì che questa venga focalizzata il più vicino possibile. Gli altri specchi hanno la funzione di focalizzare la luce in un punto relativamente vicino al primario nonché di pulirla, per esempio, dalle deformazioni dovute alla gravità. È un telescopio gigantesco per cui quando si inclina la gravità ha un effetto sulle ottiche e le devo correggere, devo rimuovere le vibrazioni. Quando facciamo una fotografia dobbiamo stare fermi con le mani: il principio è lo stesso ma l’esposizione è molto più lunga. Con un telescopio si osserva un oggetto per un’ora, mezz’ora, due ore, per cui durante tutto questo periodo di esposizione devo cercare di stare quanto più fermo possibile seguendo la stella, rimuovendo i disturbi dovuti al tempo, alla gravità, alla temperatura e alla nostra atmosfera. Si chiamano ottiche adattative: due dei cinque specchi dell'Elt rimuovono il disturbo introdotto dalla nostra atmosfera. Quando la luce attraversa la nostra atmosfera viene disturbata perché ci sono bolle di aria calda e fredda, nuvole, perturbazioni. Sa quando guidiamo d’estate e vediamo uno specchio sull’asfalto? È dovuto al cambiamento dell’indice di rifrazione dell’aria quando è particolarmente calda. L’ottica adattativa modifica alla velocità di un kilohertz, quindi mille volte al secondo, la riflessione della luce su uno specchio prima che arrivi sul sensore in maniera tale da rimuovere ogni disturbo. 

 

Secondo la nuova tabella di marcia, la prima luce è prevista nel 2028…

 

"Purtroppo l’obiettivo del 2027 è stato abbandonato nel periodo del Covid. Abbiamo sorpassato il 50% della costruzione globale, abbiamo 37 contratti in essere, inclusi gli accordi con le istituzioni per gli strumenti. Forse non tutti hanno presente la differenza tra telescopio e strumenti: il telescopio è l’imbuto di luce, lo strumento è dove la luce acquisita dal telescopio viene analizzata o fotografata o fatta a spettroscopia e quindi individua quali linee sono presenti su una stella o meno... Gli strumenti scientifici, ognuno dei quali è diretto a uno scopo specifico, sono tutti in fase avanzata di design. Due sono già in fase di acquisto e tra un po’ inizieranno i montaggi. Per quanto riguarda la costruzione dei pezzi del telescopio, tutti i contratti sono stati abbondantemente piazzati da gare pubbliche e il più grande è quello italiano per la costruzione del duomo e la struttura del telescopio, affidato un consorzio Ace il cui leader e la Cimolai. Il consorzio AdOptica è responsabile della costruzione dell'unità dello specchio M4 adattivo". 

 

In che modo l'Elt cambierà la storia dell’osservazione spaziale? 

 

"Non sono un astronomo, sono un ingegnere meccanico, ma vedo il potenziale dell’Elt simile a quello che ebbe Galileo quando puntò il suo telescopio al cielo perché il salto nella quantità di acquisizione della luce è paragonabile a quello dall’occhio nudo al telescopio di 4 centimetri di Galileo Galilei. Il primo obiettivo scientifico è fotografare gli esopianeti, che oggi individuiamo con tecniche indirette. Analizzeremo l’atmosfera di un esopianeta, cioè faremo la spettroscopia della sua atmosfera. Tramite la luce che attraverserà l’atmosfera di questo pianeta noi potremo sapere se contiene clorofilla, o se contiene degli inquinanti o se contiene ossigeno e acqua e quindi sapere se l’atmosfera di un esopianeta è tale da poter consentire la vita come la conosciamo ora. E poi c'è quello che oggi è l’inimmaginabile, perché ogni volta che l’umanità ha avuto un oggetto che andava oltre quello che si aveva sino a quel momento ha aperto nuove domande, nuovi orizzonti. Dobbiamo davvero esser pronti a sorprese che oggi non immaginiamo, apriremo finestre su territori sconosciuti sui quali oggi non siamo in grado nemmeno di porci domande". AGI

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