ANNO XVIII Giugno 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Mercoledì, 25 Gennaio 2017 09:54

Il clochard - racconti o sogni raccontati

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L’auto blu passava davanti al grattacielo della city; sul marciapiede, come al solito, se ne stava un clochard, appoggiato al muro. Portava una giacca blu esagerata, lacerata in più punti ed un fazzoletto rosso intorno al collo.

Gli impiegati della city passavano davanti a lui frettolosi. Nessuno lo degnava di un solo sguardo. Solo il titolare della finanziaria, mentre usciva dal garage con i suoi uomini, l’osservava, fermandosi qualche istante. Non si sapeva se lo facesse per il fastidio che dava la presenza del clochard, oppure per altro. Tuttavia, ogni mattina, si ripeteva l’identica scena.

Una mattina il titolare s’avvicinò al clochard chiedendogli il nome. Il clochard disse di chiamarsi Robert e di aver studiato e di non sapere come mai si fosse ridotto in quel modo. Il titolare lo fece prendere dai suoi uomini, lo fece pulire, sbarbare e se lo portò nella city. Lo presentò ai suoi dipendenti come un nuovo collega. Uno dei dipendenti, sollevandosi in piedi, disse al padrone ed agli altri suoi colleghi che quello era il barbone che stava giù. Il titolare non volle sentire ragioni e intimò ai dipendenti di mostrare rispetto.

Robert ogni mattina si recava al lavoro, ora aveva una piccola casa (che gli aveva procurato il titolare), ma quando entrava nell’ufficio tutti i colleghi storcevano il muso, lo spingevano facendo cadere le carte che aveva in mano. Era uno stillicidio di dispetti tali da evidenziare una sorta di mobbing orizzontale. Insomma tutte le carognate possibili e  immaginabili. Fino al punto che un giorno misero le scrivanie contro la porta, per non farlo entrare.

Robert si mise a parlare, anzi cominciò a blaterare frasi scomposte davanti alla porta chiusa. Era fermo ed immobile come se fosse in catalessi. Nell’ufficio cominciarono a spostarsi mobili, volare faldoni, i computer venivano sollevati e gettati giù, fracassando le finestre. Era un trambusto totale. I dipendenti che venivano sbattuti da una parte all’altra. Ad un certo punto si udirono, scandite in modo stentoreo, come se amplificate, delle parole precise di Robert:" ed ora tutto a posto".

Quando Robert aprì con forza la porta per entrare, vide che gli impiegati erano davvero terrorizzati. Ma non era successo nulla. Tutto stava al suo posto. Non c’era nulla di rotto e le finestre ben chiuse. Robin aveva creato una suggestione collettiva. Tutti i dipendenti uscirono di corsa dalla stanza. Andarono dal titolare. Ma non era accaduto nulla e benché fossero tutti convinti del contrario e fornissero ogni dettaglio al titolare, non riuscivano a dimostrare assolutamente nulla. Lo stesso nulla che avrebbero detto se Robert gli avesse denunciati per mobbing. Il titolare stesso era sceso giù a controllare più volte.

Il titolare prese allora una decisione, spostò Robert in un altra azienda, in un altro quartiere nominandolo direttore. L’ufficiò centrale ridusse il personale.

Robert ora aveva l’autista ed un giorno, mentre andava a trovare il suo capo, nella sede centrale, e mentre l’auto con i vetri scuri passava lentamente lungo il viale, lui vide sul marciapiede, dove era vissuto lui per tanto tempo, altri clochard, e stavolta sia maschi che femmine. Erano appoggiati al muro, taluno ad un palo, capelli lunghi e barbe incolte. Li osservò attentamente, tentando di riconoscere i suoi ex colleghi.

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