"La vicenda dell'indagine su mio figlio a Bologna potrebbe mettere in difficoltà le nostre relazioni con l'Italia, che dovrebbe occuparsi piuttosto della mafia", aveva detto lo scorso 2 agosto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in un'intervista a Rai News 24, parlando di Bilal.
Il democratore turco ha grandi problemi di democrazia nel suo Paese, ma ha lanciato un invito lucidissimo e concreto per l’Italia, guidata da partiti che rifiutano di darsi una legge di disciplina, come vorrebbe l’art. 49 della Costituzione:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
I politici che si associano in partiti e restano privi di una legge sui partiti sono organizzati allo stesso modo della mafia, che verrebbe colpita direttamente al cuore da una norma del tipo “un’associazione è un insieme di cittadini/e che si vincolano ad un regolamento, rispettoso delle leggi e della Costituzione” senza necessità di trovar prove di altri delitti. I politici hanno omesso di dar leggi all’art. 49 per non restar sottoposti al delitto politico; hanno fatto norme specifiche antimafia che colpiscono però chi compie un ulteriore delitto oltre a quello associativo (assassinio, furto…). C’è la necessità di legiferare sui partiti e contro la corruzione mafiosa.
Dunque, io rilancio l’invito di Erdogan, senza nulla obiettare al giudice italiano che sta indagando sull’ipotesi di corruzione in capo al figlio di Erdogan: si mettano tra parentesi le questioni elettorali per privilegiare quelle sulla legalità dei partiti contendenti!
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