In calce c’è una nostra postilla a memoria dei contemporanei della città jonica a spiegare i nostri punti interrogativi.
Ecco la premessa di Cippone di oggi
Miei cari amici di facebook, spero che riusciate a leggere la data dell'articolo pubblicato su un quotidiano di Taranto: venerdì 26 novembre 2004, 12 anni fa. Relativamente all'anfiteatro tarantino, è uno dei più recenti. Delle decine di articoli da me pubblicati sulla stampa, la Gazzetta del Mezzogiorno, il Corriere del Giorno, il Quotidiano ecc., i primi risalgono agli inizi degli anni '90 e più, quasi trent'anni. Ma i decenni trascorsi non sono serviti; l'anfiteatro, intero nella sua ellisse e alto dal piano di calpestio almeno 8 metri, ancora giace, ignorato. La dottoressa Dell'Aglio, dopo molti articoli da me scritti, in un'intervista rilasciata alla stampa locale, affermò che dell'Anfiteatro non restava che qualche piccolo frammento. Da ridere! E ancora oggi la tengono in considerazione! Pur essendo quello ha affermato la negazione della storia e della cultura. Mi piacerebbe che questa pagina del quotidiano tarantino arrivasse sulla scrivania del Soprintendente o della direttrice del museo. Trovandomi a Bologna, vorrei che qualche amico informasse di questa situazione le autorità e la Soprintendenza, con la speranza che qualcosa succeda!
Ecco la pagina del Quotidiano del 2004 rifatta e rimessa online con questo titolo
RIAFFIORA L’ANFITEATRO, DOPO 200 ANNI
L'Anfiteatro, dal quale la via del Borgo cittadino prende il nome, sembra iniziare a riaffiorare (?) attraverso il rinvenimento dei ruderi datati oltre due secoli fa nell'area sotterranea al di sopra della quale è prevista la costituzione del teatro dell’animazione (?). Sulla questione interviene Nicola Oppone approfondendo l'argomento e auspicando che venga realizzato un percorso sotterraneo che ne permetta la fruizione.
Riponiamo di seguito il suo intervento.
“In via Anfiteatro vengono dissotterrati quei ruderi che da sempre la comunità tarantina anela di vedere, gli stessi ruderi che oltre duecento anni or sono, nella primavera del 1789, il nobile svizzero De Dalis Marschlins, economista ed appassionato di antichità, giunto a Taranto al seguito dell’arcivescovoCapecelatro, descrisse dopo alcuni sopralluoghi fra i relitti della città antica: “Verso sera visitai il giardino dei monaci Teresiani onde esaminare gli avanzi del classico teatro di Taranto. Un arco basso, pochi gradini ricoperti di rovi (...).” Diciotto anni prima, nel 1771, Cataldantonio Carducci descrisse i pochi ruderi che erano ancora visibili nello stesso giardino, tutti d’opera reticolata (...). Dovrebbe bensì scavarsi per osservar dove vadano a finir quegli spezzoni (..).
All’orlo del fondo dove sono quei vecchi muri del suddetto Giardino de’Teresiani, fu per avventura l’anno passato una volta obliqua, appunto come di una tromba di scala, che va sotterrai..), da ciò potrebbe venirsi forse in cognitione, per dove correva l’ordine de’ sedili, che avean portici e scale."
A pochi metri dalla riva di Mar Grande quei pezzi dell’anfiteatro in opera reticolata, consumati dal sole e dalla salsedine portata dallo scirocco, spuntavano ancora fra le piante dì cappero e cipollazzi nel giardino sotto il convento Teresiani, oggi S. Giovanni di Dio.
“Sarebbe molto facile”, commenta il nobile de Salis, “ripulire e liberare dai rottami quel posto memorabile, e forse anche lasciare scoperta la parte inferiore del teatro; ma dappoiché ò caduto nelle mani dei monaci, è facile prevedere che la cosa non si avvererà giammai".
Finalmente oggi, dopo due secoli, l’anfiteatro inizia ad affiorare nell’omonima strada, con muri in opera reticolata che sostenevano le gradinate, scalene in opus latericium di accesso ai diversi settori.
Il livello dell’area occupata all’epoca dal monumento è artificiale, in quanto fu ricavato sul crinale di un’altura rivolto verso Mar Grande, Montedoro, esistente fino alla prima metà dell’800.
Comunque, con ogni cautela, in base alla documentazione cartografica raccolta in numerosi archivi da chi scrive, l’impianto del monumento dovrebbe trovarsi a 6 o 7 metri sotto l’attuale piano di calpestio di via Anfiteatro.
Gli scavi e la successiva fruizione dell’anfiteatro grazie ad un percorso sotterraneo, contemporaneamente al restauro e riuso a teatro d’animazione del mercato coperto, che non deve essere rimosso, contribuirebbe a dare un valore culturale straordinario all’intervento.
Rassegnarsi ad un programma che prevedesse il restauro ed il riuso del mercato coperto a teatro d’animazione e per questa ragione costringesse la comunità tarantina a rinunciare ancora per secoli alla fruizione dell’anfiteatro sottostante sarebbe una soluzione insopportabile. In una città affollata di associazioni, società, istituti, uomini di cultura pronti a raccogliere medaglie e prebende, tuttavia misteriosamente renitenti - ma non troppo - sull’argomento, il Comitato per la valorizzazione dell’anfiteatro tarantino – di cui lo scrivente è il portavoce - sostenuto da poche associazioni ambientaliste, è stato il solo a difendere il monumento della città magnogreca.
Attualmente più fattori contribuiscono acchè si realizzi il rinvenimento archeologico più importante di questo secolo: l’attività della Soprintendenza Archeologica che, nonostante alcune difficoltà iniziali e le notorie esigue risorse, ha imposto i dispositivi previsti dalla legge; l’impresa costruttrice che, essendo di Taranto, opera bene e nell’esclusivo interesse della città e, non ultima, la vigile e silenziosa attenzione della città intera.
Ahimè, diciamo noi, il recupero non c’è stato durante il decennale dell’attuale sindaco, e neanche il teatro di animazione, sono ritornati gli uffici comunali, il piano è stato asfaltato e tutto quello che diceva la dottoressa che cita il nostro Cippone, è un rettangolo recintato spesso con spazzatura senza un cartello e con…quattro pietre. Tarantiniiiiiii……!
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