ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Martedì, 14 Febbraio 2017 00:00

La sola via di risoluzione del debito pubblico italiano

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Il 25 marzo festeggeremo i 60 anni del Mercato Comune Europeo. Una strada maestra per rendere più forte l’euro, ignorata da Francois Villeroy De Galhau (in Due strade per rendere l’euro più forte dell’inserto Affari & Finanza de la Repubblica, lunedì 13 febbraio 2017, e da tutti i commentatori politici [Bruxelles, la nuova mappa del potere, l’Europa marcia dietro Angela Merkel è il titolo generale dell’inserto]) è l’unità fiscale dell’Europa.

A pag. 10 di questo inserto l’articolo di Francois Villeroy De Galhau è posto sopra quello di Giovanni Ajassa (Direttore del Servizio Studi, Bnl Gruppo Bnp Paribas), La grande incognita del ritardo italiano per il debito pubblico.

Il contesto mi consente di alzare il tema che gradirei tanto qualcuno porgesse al nostro ministro dell’economia Padoan, che l’altro giorno non è riuscito a risollevarmi esibendo i 19 miliardi di maggior incasso del fisco: il monte del debito pubblico potrebbe venir attaccato alla radice e risolveremmo l’incognita del suo peso sul nostro futuro.

Giovanni Aiassa dà un quadro dell’evoluzione del debito pubblico, negli ultimi dieci anni, che mostra l’Italia meno peggiorata degli altri, ma ancora inaffidabile per l’entità colossale del monte ereditato.

Tra il 2007 e il 2017 il rapporto tra il debito pubblico ed il Pil è aumentato al di sopra della soglia obiettivo del 60 per cento in tutte le principali economie dell’area euro. Seppur marginalmente, è accaduto persino in Germania. In Spagna il “ratio” tra debito pubblico e prodotto è triplicato, dal 35% al 100%. In Francia è aumentato dal 66 al 97%. In Italia siamo cresciuti solo di un terzo, dal 100% al 133%. Da un punto di vista statico, l’Italia rimane tra i grandi paesi europei quello più distante dalla soglia del 60%. Ma, dinamicamente, è inevitabile osservare come la misura di non-compliance rispetto ai vincoli fiscali si sia rivelata ben più forte in paesi diversi dal nostro. E come la maggiore non-compliance fiscale altrove si sia accompagnata ai citati risultati in termini di una migliore crescita economica.

Dunque, l’Italia è peggiorata meno negli ultimi dieci anni, ma l’enormità del debito già fuori da ogni parametro all’origine dell’euro continua a schiacciare la prospettiva di sviluppo sotto il trend degli altri paesi.

Dunque l’Europa a due velocità, che Angela Merkel vuol fissare nei trattati il prossimo 25 marzo, colpirà l’Italia tra i primi paesi e la metterà in serie b per sempre.

Prendiamo atto, prima di tutto, di questa evidenza.

Poi, poniamoci l’obiettivo di eradicare in radice la sorgente italiana della divaricazione tra le entrate fiscali reali e le entrate fiscali dovute anno per anno [che porta negli anni ad allargare smisuratamente l’incasso finale dall’attesa dell’erario]. Quando il singolo contribuente che ha la facoltà di proporre al fisco il suo bilancio annuale dovrà incontrare il funzionario pubblico che accoglierà la sua dichiarazione e gli opporrà subito le aspettative dell’erario si aprirà il confronto tra la stima pubblica e lo specifico caso privato, tendenzialmente diverso da ogni altro.

La conclusione di questo confronto sarà il rinnovo dell’alleanza pacifica tra il cittadino contribuente ed il fisco italiano. Non ci saranno più code di ricorsi e liti.

Il serpente dell’evasione fiscale resterà mozzato.

Ci sarà una gigantesca revisione di comportamenti burocratici da rimuovere? Dovranno venir colpiti i nidi della corruzione amministrativa?

Sì.

Ma non c’è altra via per evitare la serie b!

Padoan potrà accelerare la dismissione degli asset pubblici ed il monte resterà colossale ed in crescita.

Io non so se il popolo italiano avrà la forza di ammazzare il serpente burocratico. Ma lo può fare!

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