Stiamo, noi tarantini, sopra un tesoro e non l’abbiamo mai saputo, confinati da una monocultura siderurgica che serviva al sciur brambilla di Milano per fare le lambrette o a quello di Torino che faceva oltre le auto anche le lavatrici Fiat. Non abbiamo capito l’inganno. Solo quando Cippone grida andando a Verona “il nostro anfiteatro è uguale”. Avvertiamo un colpo alle sinapsi. Ma il problema è che il nostro sta sotto.
La vicenda odierna è nella cronaca di questi giorni prepasquali: il ritrovamento delle antiche fornaci del Fusco, e Nicola Cippone su messenger mi scrive: “ …prendi il capitolo sul Carmine e da intelligente che sei pubblica a scelta il brano più significativo. Gli archeologi si sono bloccati sull'arco gotico pensando che nel contesto non ci azzecca. Non hanno letto che il Lazzaretto è del vecchio XIV secolo. Allora fallo presente e scrivi che quell'arco è solo l'inizio dell'insediamento. Esso fu costruito su un'area artigianale, in cui c'erano anche le fornaci per laterizi”.
Come dire che come al solito, noi ci fermiamo solo all’inizio, facciamo la conferenza per dire che siamo colti, magari si mette una vetrina e si chiude tutto. Nel libro di Nicola Cippone, Il Borgo prima del Borgo, che rappresenta una sorta di compendio storico fondamentale per la città, nel capitolo V si parla di queste fornaci ma all’interno di un vasto insediamento che comprende la chiesa dei carmelitani e il Lazzaretto dei lebbrosi. Ecco cosa scrive Cippone nel suo libro.
IL CARMINE O IL LAZZARETTO DEI LEBBROSI
Esiste una copiosa bibliografia sulla storia del Carmine. L’inedito è costituito dal ritrovamento di una parte del medievale lazzaretto, oltremodo singolare proprio perché al centro della città, in un punto in cui in apparenza nessun edificio è più antico di qualche secolo: in via Giovinazzi, accanto al cinema Fusco, all'interno dell'isolato n. 18, si conservano i resti di un edificio medievale, il lazzaretto dei lebbrosi, in cui alla fine del ‘500 si insediarono i Carmelitani. II ritrovamento è tanto più clamoroso se si considera l’ampiezza del rudere. Una planimetria del 1854, tuttora inedita, ne rivela la pianta originaria a forma di trapezio scaleno, con il Iato diagonale lungo la strada per San Francesco (tav. 23).
Secondo la planimetria del 1823, la sua quota in quel punto era di palmi 34,6 circa 10 metri e mezzo, mentre il pavimento della chiesa conservava l'antica quota identica a quella del piano di città odierno che è posto a 15 metri s.I.m.
La struttura del caseggiato chiudeva il cortile dal Iato di sud-ovest, il prospetto laterale nord lo divideva alla strada di S. Francesco, ed il resto del cortile era chiuso da un muro di cinta (fig. 55).
Fig. 55: Schizzo assonometrico del convento del Carmine dalla pianta dell'arsenale di artiglieria de! 1854. (dis. dell'Autore)
' ASN. Piante dei locali del Carmine addetti per Arsenale di Artiglieria fuori la Porta di Lecce della Reai Piazza di Taranto.Ministero Guerra, fascio 2084, fs. •1835, folio 3L. anno 1854. La città ebbe due lazzaretti, il Carminealla Porta di Lecce, ed un altro dal lato opposto della città, fuori la Porta di Napoli, all'inizio • Iella strada per la Calabria. Quest'ultimo ancora attivo agli inizi del '900.
Prima dell'insediamento dei Carmelitani la chiesa - all’epoca piccola - era dedicata a San Lazzaro, ed aveva la facciata ed il relativo ingresso ad est, all’interno del cortile. Un accesso in salita, probabilmente una rampa con una dozzina di gradini dalla stessa strada al lazzaretto, consentiva l'accesso all'ampio cortile lastricato," così come è descritto negli Acta Sanctae Visitationis dell’arcivescovo Brancaccio. In pianta l'intero complesso si sviluppa, come si è detto, con forma trapezoidale, di cui la punta più occidentale era proprio la chiesa. Dallo spigolo meridionale della facciata, unito alla stessa, si sviluppava l’edificio dell'antico lazzaretto che aveva il prospetto esterno prospiciente il Iato est della strada per Leporano. Il lato ovest della stessa era chiuso dal muretto a secco del giardino dei Carducci Il prospetto interno del lazzaretto delimitava invece l’ampio cortile. La costruzione all'estremo opposto della chiesa, ad oriente, è un ampio vano in parte ricavato nel banco di roccia di Montedoro, con volta a botte (fig. 56). Con altri pochi vani è la porzione superstite.
Fig 56 - Taranto chiesa del Carmine. Ambiente con volta a botte dell'ex arsenale di artiglieria
Ci si rende conto dell'ampiezza dell'insediamento se Io si raffronta all’odierno contesto urbano: la chiesa del Carmine, che insiste sulla pianta della chiesa antica, presenta il prospetto nell'omonima piazza; il locale con la volta a botte, che è collocato all'estremo opposto, è quasi a ridosso di via De Cesare, a qualche metro di distanza.
La Strada di Lecce iniziava dall'omonima porta urbica. Dopo un centinaio di metri passava accanto all’alto muretto a secco del casino Carducci, che era posto sul Iato destro. Dallo stesso Iato, dopo pochi metri proprio a ridosso della facciata della chiesa del Carmine, si staccava un’altra strada più stretta ed in discesa verso Mar Grande.
Era l’antica provinciale per Leporano. Nello spazio chiuso dalle due strade era l’edificio del lazzaretto, posto sulle pendici di Montedoro. In quel punto il piano della strada per Lecce era cinque metri più basso del pavimento della chiesa del Carmine. Proseguendo cinquecento metri oltre i conventi del Carmine e di S. Giovanni di Dio, si giungeva a quello di San Francesco di Paola, che dette il nome alla strada.
La chiesa del Carmine era, come oggi, ad una sola navata, divisa trasversalmente da un arco trionfale da cui pendeva un crocifisso. La copertura lignea era costituita da capriate in legno abete ricoperte di tegole. Sotto il pavimento vi era il sepolcreto. Tutte le pareti erano affrescate e presso l'altare, in un'iscrizione, si leggeva: "Ricordati Signore di tuo fratello Giovanni Scurta di Albania. Precettore di questa sacra casa, che costruì questa chiesa ad onore di Dio e della vergine Maria, ed edificò per mano del presule Ven. Arcivescovo di Taranto nell'anno del Signore 1300 il primo di maggio e fece dipingere quest'opera per mano del mae stro Giraldo Galivita"?
La chiesa fu costruita nel 1300 sotto il titolo di San Lazzaro o di Santa Maria Maddalena, o anche di Santa Maria della Misericordia, per cui il lazzaretto era attivo già in quel secolo.
La facciata e l'ingresso principale erano all'interno di un recinto che chiudeva un vasto cortile, pavimentato con basole per gran parte dell'estensione. L'ingresso secondario e la sagrestia erano posti lungo la strada per Leporano, il resto delle costruzioni si articolava in più fabbriche: l'ospizio, un palazzetto, il forno, pozzi e cisterne, un ulivo[1] e un porticato a colonne con copertura ad incannicciata e tegole, dal quale i lebbrosi chiedevano l'elemosina ai passanti. Nel 1578 l'arcivescovo trovò quattro lebbrosi, tre uomini ed una donna, che disponevano di quel vasto complesso: “tres mulieres et uno homo '?
II porticato era posto in alto sul pendio a ridosso di Mar Grande, con lo stesso panorama di oggi, in un contesto naturale e meno geometrico con poche case coperte di embrici, un olivo, un pozzo, il portico.
La descrizione di quel contesto e della strada che nell'800 passava sotto il ponte del Carmine, è riportata in una relazione tecnica dell'archivio del Comune stilata nel 1844, e ritrae con efficacia il sito, che era del tutto diverso da quello attuale.