Il Venezuela è un angolo di paradiso in cui il demonio ha stabilito la sua casa. In questa terra caraibica che ha accolto milioni di migranti che lasciavano l’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale e nei decenni successivi, come una madre amorevole che riceve un figlio fra le braccia, circa dodici anni fa “ha dato terra” ad Antonio Nazzaro, che l’ha scelta e amata e mai abbandonata.
Questo libro non intende dare una corretta chiave di lettura di ciò che sta succedendo in Venezuela da oltre due mesi e che affonda le sue radici negli ultimi diciannove anni della storia venezuelana, non intende accusare uno schieramento politico e osannarne un altro. Questo libro vuole solo gridare e immortalare come una fotografia, il dolore lacerante di chi assiste un malato terminale nell’attesa che avvenga un miracolo.
La ricostruzione della vita quotidiana di un cittadino qualunque negli ultimi anni in questo Venezuela ricchissimo di petrolio, oro, minerali e materie prime, ma che oggi vede una elevata percentuale della sua popolazione frugare nella spazzatura per poter mangiare qualcosa, le ore di attesa e le estenuanti code per acquistare un pacco di farina di mais, un chilo di riso o qualsiasi altra cosa si riesca a trovare, doversi lavare in tutta fretta perché in qualunque momento potrebbe andare via l’acqua nonostante il Paese abbia il giacimento di acqua potabile più grande al mondo, l’aver paura anche del proprio vicino, dover camminare per strada voltandosi continuamente alle spalle per controllare se qualcuno ti sta seguendo per de-rubarti, è una pugnalata al cuore del nostro autore, che arriva al punto di maledire questo libro perché “è solo uno stupido inutile dolore”.
Il Venezuela oggi è una dolorosa ferita aperta nei cuori di chi lì è nato o ci ha vissuto, ma è stato costretto a racchiudere il suo mondo e la sua vita in una valigia di 20 kili con cui ha dovuto percorrere il pavimento a mosaico disegnato da Carlos Cruz Diez per l’aeroporto di Maiquetía, calpestato da milioni di venezuelani vittime di una vera e propria diaspora che ha spezzato intere famiglie, per poter costruire una vita dignitosa in qualunque altra parte del mondo in cui non debba continuamente essere umiliato da chi sostiene che le code (lunghe anche 24 ore) davanti al supermercato, siano uno strumento di socializzazione. Uno strumento di socializzazione che spesso si trasforma in momento di violenza o addirittura morte mentre ci si contende l’ultimo chilo di pollo.
Nei suoi “Appunti dal Venezuela”, Antonio Nazzaro sceglie di non citare i nomi delle persone morte durante questi due mesi di protesta perché vuole che abbiano un solo volto, e che si chiamino Daniel, Diego, Neomar o Luis poco importa, il loro volto è quello di tutti e la loro morte appartiene a tutti.
Barbara Stizzoli
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