Ma "bisogna stare attenti a cosa si intende per naturale", avvertono gli esperti sentiti dall'AdnKronos Salute.
"Naturale non significa per forza 'buono' - precisa Leonardo Celleno, presidente dell'Aideco (Associazione italiana di dermatologia e cosmetologia - Qualcuno potrebbe dire che un prodotto è naturale perché ad esempio è a base di erbe alpine, salvo poi scoprire che non ne contiene in quantità diversa da altri". A meno che non si azzardi l'acquisto 'da bancarella', "non si tratta tanto di insidie per la salute, perché anche questi cosmetici sono fatti a norma di legge". Quanto alle possibili allergie, "i cosmetici in generale, 'verdi' o meno, possono essere una fonte importante e comunque non allarmistica - tranquillizza lo specialista - Le sostanze più a rischio di causare dermatiti allergiche (diverse dalle dermatiti irritative, che sono più comuni ma di cui i cosmetici non sono fonte) sono quelle profumate, seguite dai conservanti".
Ai cultori della natura 'in vasetto' Celleno consiglia di "scegliere prodotti di case conosciute, con etichette chiare, che non promettano azioni mirabolanti e siano certificate dagli enti preposti". Insomma, occhio al 'bollino'. Un punto non privo di criticità secondo Marinella Trovato, presidente della Siste (Società italiana di scienze applicate alle piante officinali e ai prodotti per la salute): "Servirebbe una certificazione unica", afferma, un solo riferimento che possa funzionare da bussola per orientare al meglio il consumatore. "Altrimenti l'anarchia continuerà a regnare sovrana".
Il concetto di base del cosmetico green, riferisce l'esperta, è quello di "sostituire le sostanze chimiche di origine sintetica con sostanze naturali che siano altrettanto performanti, cioè ugualmente valide dal punto di vista organolettico e quindi della gradevolezza del prodotto finale. Il problema per il consumatore è che oggi gli enti certificatori" deputati a garantire la natura 'bio' di un prodotto "si basano su standard molto diversi l'uno dall'altro". La quantità di sostanze naturali richiesta per ottenere la certificazione varia cioè "dal 'mettici quanto più puoi', fino a livelli che arrivano al 95% sul totale".
"Soltanto in Italia - prosegue Trovato - gli enti certificatori sono almeno 4 o 5", dall'Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale) al Ccpb (Consorzio per il controllo dei prodotti biologici). "Anche a livello europeo gli organismi sono più d'uno", da Cosmos Organic a Natrue, "e ognuno si è fatto un suo standard che magari definisce come 'unico' anche se così non è. Il più rigido oggi è quello della fondazione Natrue, creata da aziende tedesche che sono quelle con la maggiore tradizione nel campo dei cosmetici naturali".
Per fare chiarezza e offrire garanzie migliori e più trasparenti al consumatore "servirebbe un punto di riferimento unico", ribadisce la specialista. "Da anni anche l'International Organization for Standardization, l'Iso, ci sta lavorando", e "anche la Commissione europea avrebbe dovuto metterci mano". Ma l'attesa continua.
"La tendenza comunque ormai è questa: il business del naturale diventa sempre più importante - conferma la numero uno della Siste - Anche le multinazionali cosmetiche più storiche, che avevano come 'must' il cosmetico convenzionale, oggi rivendicano la presenza di sostanze naturali praticamente in tutte le loro linee".
"D'altra parte - ragiona Trovato - la chimica non solo non ha molto appeal presso il consumatore, ma ha perso molto anche in ricerca per ragioni che prescindono dalla tendenza sociale al biologico e al vegetale. Le regole sono molto più stringenti, la normativa è più severa e dunque è molto difficile sintetizzare qualcosa di nuovo che venga accettato".
Sul fronte della cosmesi naturale, a riprova del fatto che l''onda green' è destinata a salire, "in questi anni si è molto evoluto anche il mercato di materie prime. Sono più facili da trovare e l'offerta e sempre più articolata", conclude l'esperta. (adnkronos)
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