ANNO XVIII Maggio 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Martedì, 07 Novembre 2017 00:00

Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili: le vocazioni!

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Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. 


Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia! 
O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! 
Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? 
O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? 
Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen. 

Salmi 69(68),30-31.33-34.36-37. 
Io sono infelice e sofferente; 
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro. 
Loderò il nome di Dio con il canto, 
lo esalterò con azioni di grazie, 

Vedano gli umili e si rallegrino; 
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio, 
poiché il Signore ascolta i poveri 
e non disprezza i suoi che sono prigionieri. 

Perché Dio salverà Sion, 
ricostruirà le città di Giuda: 
vi abiteranno e ne avranno il possesso. 
La stirpe dei suoi servi ne sarà erede, 

e chi ama il suo nome vi porrà dimora. 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 14,12-14. 
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 
Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 
e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti

Ho messo in titolo l’espressione di san Paolo, che posso riformulare così: le vocazioni sono doni di Dio irrevocabili.

A me ha dato l’archeologia del linguaggio [ in www.tellusfolio.it quest’anno è cominciato con http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=%2Findex.php&cmd=v&id=20760

Carlo Forin. Amu: “Io sono” detto da Dio

in zumero] irrevocabile da 25 anni. Questo mi fa riconoscere zumero DUN = Padrone e Dio DUN U, Padrone di tuttou. Io, che venticinque anni fa ero agnostico, oggi riconosco Dio mio padrone ed io suo URDU, schiavo maschio. Fortunatamente, il massimo dono di Dio è suo Figlio, Gesù, che riconosco come GESH.UB, Albero (del) Cielo, e GESH.BU, Albero (di) conoscenza, BWN, buona. Dico fortunatamente perché altrimenti sarei irrevocabilmente condannato alla Gheenna.

La pratica dell’archeologia del linguaggio mi impone di chiedere ancora a chi ha confidenza col papa emerito Benedetto XVI: che riconosca l’irrevocabilità del dono di salvezza di Dio nella divinazione di Mattia, scelto ad occupare il posto di Giuda perché il suo nome è formulato velato da TIA-MAT. In Gli apostoli pubblicato nel 2008, quando era papa, il nostro teologo diede una lettura liberale della decisione divina chiesta da Pietro per sorteggio chi avesse preferito tra Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto e Mattia. Dio scelse Mattia perché il dono del Figlio all’umanità cambiava l’ordine del mondo, a prescindere dal tradimento di Giuda, così come rivoluzionava l’ordine della massima divinità mesopotamica TIAMAT anche col nome MATTIA.

Così, con l’occasione, gli chiedo di modificare in DEUS CARITAS EST la sua citazione di Virgilio –omnia vincit amor- perché Virgilio mago bianco etrusco giudicava Amor e Venus creature infernali. Perciò il suo ‘tutto vince amore…purtroppo’ non si combina con la kar.it.ash ‘forza. luna-sole. Uno d’origine’ (in zumero). 

Dio mantiene vivo il papa emerito (eme.rito = rito eme ghir) perché corregga queste ‘piccole’ imperfezioni. Io che gli voglio bene un sacco vorrei che qualcuno lo informasse. Ha fatto l’errore di citare Odifreddi dandogli modo di ritenersi importante. Faccia un’opera buona anche per sé.

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