to open; to let out; to go away; to be at a distance (in space or time); to drive away; to separate, remove (regularly followed by ra2; cf. bara4 (to spread out, open wide; released; separated)[2] and semantics of bar; there were originally four separate signs: BAD; IDIM; TIL; USH2) (open container with motion away from) [BAD archaic frequency: 23][3].
Il secondo motivo che ha reso difficile la composizione delle due sillabe nello stesso verso, be ne, sta nel fatto che il zumero è una lingua ventiva [(espressa con ‘che venga’ reso da am3): am en = ‘che venga il signore’]. Il signore plenipotenziario della città, en, veniva auspicato per venire a risolvere qualsiasi problema. Tanto è vero che l’ebr. ha conservato amen = verità l’auspicio ‘che venga il Signore’ della città, e, con la fine di tante città, è rimasto religiosamente il Signore dio come ‘verità’, che i religiosi non vogliono discutere essendo la parola più pronunciata da Gesù in aramaico. Ar-am ‘-che venga-am preghieraar’[4] in zumero..
Il terzo motivo sta nel fatto che ne, ‘costui’, sembra non rapportato direttamente con En, signore/tempo, perché le persone qualunque di norma non erano en.
ne
this (one); that (one) (abbrev., ne-e; ne-en) [NE archaic frequency][5].
Dico ‘sembra’ perché, in realtà è rubricato esattamente, ma nei rinvii Halloran preferisce il significato ‘tempo’ per en = signore-tempo:
ne-e; ne-en (-nam)
this (one); that (one); these, those; refers to objects ‘here’, near the speaker –‘thing’ + e, demonstrative pronoun, this one)[6].
Ne-en pari al massimo astrattivo nam rivela che, in realtà, Halloran ha sfiorato la risoluzione del problema ne-en = ‘generazione (della) persona’, nen, reciproca diene.
Io ho potuto risalire partendo dal termine italiano ente, in lat. abl. ente dal verb. part. pres. verbo esse: ens, entis. La lettura circolare di en.te = te.en: ‘incontrote (il) signoreen’. Questo è rubricato:
te-en (cf., ten). Ma il dizionario Halloran ha scelto per en il significato tempo e non signore, che in origine ha considerato:
en
n., dignitary; lord; high priest or priestess; ancestor (statue); diviner [EN archaic frequency].
v., to rule.
adj., noble (cf., uru16 [EN] (-n))[7].
anche per le altre persone (ma, col numero deponente, che segnala la rarità maggiore):
-en3
Represents 1.sg. or 2.sg. pronominal suffix /-en/[8].
Il quarto motivo è il fatto che il sumero.gramma temen, ‘perimetro’, più frequente, è stato trovato meno spesso fratto in:
te-me-en; te-me (cf., temen)[9].
Il quinto motivo: non è stato riconosciuto l’archetipo DA DUE UNO ben rappresentato da me.lam.mu, ‘l’atto creativo della divinità, che in un lam(po) faceva apparire me+mu, ovvero le parole origine di tutte le altre. L’espressione te-me veniva letta me-te:
me-te
appropriate symbol, characteristic; fitting thing; suitability; unique; ornament, adornement; proper dress; dignity (‘function’ + ‘to meet’, or ‘office’ + ‘symbol’; cf., ni2-te [alone; personally; (one)self; one’s own (‘self’+ ‘symbol’; cf., me-te [10]][11]
Si noterà come la terna te-me-en spieghi la coppia te-me con me-te senza ‘funzione’, da riconoscere ‘atto creativo’, e senza simbolo, da riconoscere ‘connessione’.
La bizzarria tocca l’apice col quinto motivo: il spiega IL BENE.
IL è il più antico nome di Dio[12]: spiega bene il bene.
[1] Lo Zingarelli 2018.
[2] Halloran: 31.
[3] Halloran:27.
[4] http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=%2Findex.php%3Flev%3D153&cmd=v&id=20093
[5]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 193.
[6] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 194.
[7] John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 61.
[8]John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Los Angeles, Logogram Publishing, 2006 : 62.
[9] Halloran: 274.
[10] Halloran: 196.
[11] Halloran: 173.
[12] Secondo Robert A. Di Vito, Studies in third millennium sumerian and akkadian personal names, The designations and Conception of the Personal God, Roma, E.P.I.B., 1993: the element il: 235 sgg.