Non è stato così, ovviamente, e dalla striscia di Gaza alla vicina Siria e agli altri conflitti regionali e locali le vittime delle violenze pubbliche e private hanno fatto la parte del leone. Qualcuno dall’animo candido e immacolato si sarà chiesto il perché dalle parole non siamo riusciti a passare ai fatti e cerca di trovare una qualche spiegazione che riesca a salvare capra e cavoli. In effetti la spiegazione c’è e la dobbiamo interamente alle ciniche logiche del capitalismo, all’economia di mercato, all’avidità dei satrapi di turno. Lo dobbiamo all’ipocrisia e alla falsità di chi ci governa nel mondo. Ci copriamo il capo di cenere e inorridiamo al cospetto di violenze di ogni genere che fanno scempio del nostro prossimo ma non andiamo al cuore del problema per dire basta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa sempre più sofisticate e micidiali, nel foraggiare i ras locali di strumenti di morte per guerre tribali e regionali dove il primato sta nei crimini che sono capaci causare. E noi queste creature del male siamo disposti ad accoglierle e riverirle una volta giunti nei paesi della cosiddetta democrazia compiuta.
Questa verità speculare ci mostra con crudezza i limiti di una civiltà deprivata dei suoi valori fondanti e che fa scempio dei principi che pure abbiamo fissato a nostra guida e insegnamento.
E’ un limite che misura la nostra inadeguatezza a parlare di pace senza aggettivazioni: pace e libertà, pace e giustizia, pace e rispetto per i nostri simili. Se non riusciamo ad andare oltre le nostre miserie umane la parola pare resta nuda come la verità e perde la sua stessa natura e significato. (Agenzia Fidest)
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