ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Domenica, 02 Dicembre 2018 10:31

Nel settore delle Costruzioni sono in crisi anche le grandi aziende

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Non sono solo le piccole e medie imprese del settore a soffrire. Uno studio. La crisi del settore delle costruzioni non riguarda solo le piccole e medie imprese ma anche i grandi operatori del settore.

edile

Secondo le elaborazioni di 'Edilizia e Territorio', il valore residuo delle commesse che fanno capo alle aziende in difficoltá vale circa 9,4 miliardi di euro. Le imprese coinvolte sono Astaldi, Condotte e Grandi Lavori Fincosit di Roma e la Tecnis di Catania che sono attualmente interessate in procedure concorsuali. A queste si aggiunge lo stato di sofferenza della Cmc Ravenna che qualche settimana fa non ha pagato la cedola di un bond per crisi di liquiditá e di Trevi.

I diversi tipi di stati di crisi

Queste aziende in difficoltá finanziaria sono esposte nei confronti dei fornitori e delle banche e quindi non è sicuro che ci siano risorse sufficienti per portare avanti le commesse a loro assegnate. Le aziende in concordato sono in una sostanziale situazione di mancanza di risorse, quindi non possono alimentare la produzione perché non possono pagare i fornitori. Il concordato in bianco prevede un periodo di tempo per presentare al Tribunale un piano concordatario in cui avanzare delle soluzioni (ricapitalizzazione, prestito ponte o ingresso di nuovi soggetti nell'assetto societario). L'amministrazione straordinaria, infine, è uno stato che presuppone lo stato di insolvenza.

Le societá in difficoltá

  • Astaldi (11.510 addetti) è la seconda societá di costruzioni in Italia dopo Salini Impregilo: è in concordato in bianco. Ha in capo lavori per il nodo ferroviario di Genova e il Quadrilatero stradale Marche e Umbria (i cantieri in questi casi come noto sono fermi). Tra gli altri lavori in corso ci sono la costruzione di metropolitane in Campania, la diga del monte Nieddu. Poi ci sono commesse consortili da avviare come le linee della metro automatica a Milano, la statale 106 Ionica, una delle due tratte ad alta velocitá Napoli-Bari (in cordata con Salini Impregilo) e la commessa ferrovia in Sicilia (Bicocca-Catenenuova).
  • Condotte (3.000 dipendenti) è in amministrazione straordinaria e ha in capo prevalentemente commesse in consorzio: si va dalla passante di Firenze, la stazione ad alta velocitá, all'ospedale di Caserta (con i cantieri fermi) fino alla commessa stradale Lioni-Grottaminarda. L'azienda ha anche partecipazione ai consorzi dell'Av Terzo Valico Genova-Milano e nell'ambito della Milano-Venezia.+
  • Tecnis è in amministrazione straordinaria e a breve ci sará la cessione. Tra i cantieri gestiti dalla societá, ci sono il nodo ferroviario di Palermo (una commessa Rfi), il raddoppio della Tiburtina a Roma e una commessa sulla Salaria all'altezza di Micigliano, gli ospedali della regione Calabria (una committenza della Regione), la viabilitá di accesso al porto di Salerno Porta Ovest (commessa dell'autoritá portuale), l'ospedale San Marco a Catania e una parte di viabilitá della Potenza Melfi.
  • Grandi Lavori Fincosit (1.079 addetti) è in concordato in bianco e gestisce lavori per l'ospedale di Udine, la strada Ro-Monza e il metrò di Firenze (quasi completato).
  • Mantovani ha chiesto al Tribunale di Padova domanda di concordato in continuitá aziendale a causa della situazione di tensione finanziaria per i mancati incassi degli ingenti crediti che la societá vanta nella vicenda della realizzazione del Mose.
  • Cmc Ravenna (Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna, 6.900 addetti) ha poche settimane per evitare il default. Entro fine novembre gli advisor devono reperire soluzioni per la ripresa. Ha in capo la commessa stradale in Sicilia di Porto Empedocle e un'altra in Liguria, la Savona-Albisola.
  • Trevi (quinta posizione, 5.783 addetti): va avanti con l'operazione di rafforzamento patrimoniale e ristrutturazione del debito. (gianluca maurizi per Agi)

Tutte le cifre della grande paralisi nei cantieri italiani

 

Sbloccare subito i cantieri se non si vogliono annullare gli effetti positivi degli investimenti pubblici stanziati nella manovra, vanificando ogni impatto sulla crescita economica. È l'allarme lanciato dall'Ance, l'Associazione nazionale costruttori edili, che chiede di velocizzare i processi di spesa sulla scia del modello spagnolo del 2008. Con la legge di Bilancio, sottolinea l'Ance, c'è una fortissima spinta sugli investimenti pubblici, ma l'approccio e il meccanismo burocratico sono sempre gli stessi. La grande preoccupazione che l'associazione sottopone ai legislatori è la necessitá di rendere "attivi e concreti" gli investimenti, senza i quali "non ci sará impatto sulla crescita e la manovra prevista non sará ottemperata".

E non c'è tempo da perdere: secondo gli ultimi dati elaborati dai costruttori, le opere bloccate ammontano a oltre 27 miliardi di euro per più di 300 casi segnalati su tutto il territorio nazionale. I tempi medi per la realizzazione dei lavori vanno dai 2 anni e mezzo fino ai 15, e il settore versa in una situazione drammatica: dal 2008 sono stati persi oltre 600.000 posti di lavoro e oltre 120.000 imprese sono scomparse. A questi numeri allarmanti si aggiungono le crisi dei grandi costruttori italiani, da Astaldi a Condotte fino a Tecnis, che mettono a rischio cantieri, giá avviati o in fase di avvio, per oltre 9 miliardi di euro.

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A farne maggiormente le spese sono gli interventi per le scuole: nel 30% dei casi segnalati si tratta di opere di manutenzione e messa in sicurezza di edifici scolastici. Seguono le opere di gestione delle acque con il 29% delle segnalazioni concentrate principalmente nel Mezzogiorno. E ancora, interventi per la viabilitá che riguardano messa in sicurezza, manutenzione e realizzazione di strade statali, provinciali e comunali (il 15% dei casi segnalati) e opere idrogeologiche (11%).

Un bilancio aggiornato su sbloccacantieri.it, il sito lanciato dall'Ance in cui è possibile segnalare opere incompiute, ferme o rallentate.

Modifiche al Codice degli appalti

Nell'audizione al Parlamento sulla legge di Bilancio del 12 novembre scorso, l'Ance ha chiesto di mettere a punto un decreto legge che ricalchi il 'Plan Espana' che prevedeva l'apertura di cantieri per 13 miliardi in due anni bruciando una serie di passaggi burocratici e normativi. Proprio il 28 novembre il Cipe ha approvato il nuovo regolamento "adottando innovazioni finalizzate a velocizzare le procedure e l'efficacia delle decisioni concernenti gli investimenti pubblici". Il governo sta dunque lavorando al tema attraverso le modifiche del Codice degli appalti. Nel decreto semplificazioni ci dovrebbe essere un primo pacchetto di norme per sbloccare i cantieri, mentre parallelamente si lavora a una legge delega.

A Palazzo Chigi c'è un dibattito aperto: non sono in pochi a guardare con favore l'ipotesi di una strategia vicina quanto più possibile alla struttura legislativa realizzata dalla Spagna. Altri invece sono più cauti nello sposare quel modello, preoccupati del fatto che in un Paese come l'Italia con un grande livello di corruzione e malaffare non si possono saltare tutte le procedure.

 

Per sbloccare i cantieri (e l'economia) serve subito il modello spagnolo

Per sbloccare i cantieri in Italia occorrono "tempi biblici" dovuti a un eccesso normativo e burocratico. Bisogna adottare il modello spagnolo del 2009 che prevede investimenti pubblici cantierabili da subito. È la ricetta indicata dal presidente dell'Ance, Gabriele Buia, per far risollevare un settore in crisi da ormai troppi anni. Le costruzioni hanno visto dal 2008 la chiusura di oltre 120.000 imprese con un'emorragia di piu' di 600.000 posti, spiega Buia, aggiungendo che servono interventi immediati. Da una parte c'è infatti un clima di incertezza dal punto di vista normativo e dall'altra delle lentezze burocratiche nel dare seguito alle spese stanziate. Va messo in campo uno snellimento molto significativo e il modello spagnolo potrebbe essere l'approccio giusto.

Quali sono i tempi medi per la realizzazione di un'opera in Italia?

"I tempi medi sono dati dalla presidenza del Consiglio, non do i nostri che potrebbero essere di parte. La media dei lavori in Italia per quelli da 200.000 euro va dai 2 anni e mezzo fino a più di 15 anni per quelli superiori ai 100 milioni. È sotto gli occhi di tutti che abbiamo una macchinositá e un'inefficienza dovute all'eccesso normativo e burocratico che fa sì che si arrivi a questi tempi. Non solo il 54% di questi tempi sono 'tempi di attraversamento', cioè i tempi necessari per avere le autorizzazioni di tutti gli enti e istituzioni necessarie. Se questi tempi fossero ridotti creerebbero un immediato ritorno sull'economia reale e sulla crescita del Pil che invece dilatiamo negli anni".

Il Cipe il 28 novembre ha approvato un nuovo regolamento. È un intervento sufficiente per velocizzare i processi?

"Oggi la normativa prevede che le opere di un certo importo passino dal Cipe prima di essere approvate", spiega il presidente dell'Ance. "Purtroppo però questi passaggi spesso sono molteplici anche per ogni minima variante del progetto. Ci sono dei casi emblematici come la statale Ionica che ha perso 3 anni per queste autorizzazioni. Poi non basta, perché si passa alla Corte dei Conti che controlla ogni provvedimento. In più c'è il Consiglio superiore delle opere pubbliche per tutti i lavori superiori ai 50 milioni di euro. È un susseguirsi di autorizzazioni, di pareri. Poi il tempo che viene impiegato per tutti i passaggi da ministero a ministero che a volte sono 'biblici'. Alla fine, l'unico risultato che si ottiene è che l'investimento programmato nell'ambito di un anno specifico nella legge di bilancio non viene messo in campo".

Cosa prevede la legge di Bilancio di quest'anno?

"Con la legge di Bilancio c'è una fortissima spinta sugli investimenti pubblici: 15 miliardi di euro in più per i prossimi 3 anni, di cui 5 per il 2019. Questo corrisponderebbe a un aumento del 15% degli investimenti, dopo che dal 2005 a oggi sono calati del 51%. Però l'approccio e il meccanismo burocratico sono sempre gli stessi. Noi non riusciremo con questa programmazione a rispettare i tempi e il grande rischio che corriamo è quello di vedere annullati gli effetti degli investimenti pubblici di questa manovra. La nostra grande preoccupazione, che abbiamo sottoposto ai legislatori, è la necessitá di velocizzare i processi di spesa senza i quali non ci sará impatto sulla crescita e la manovra prevista non sará ottemperata".

Cosa si deve fare, qual è la soluzione?

"È il modello spagnolo che stiamo promuovendo. L'unica possibilitá con cui ottemperare alle previsioni di bilancio è mettere in atto una misura come quella adottata in Spagna nel 2009. È stato messo in campo un decreto reale (il 'Plan Espana') in cui si prevedeva di spendere in due anni 13 miliardi di euro. Nel primo anno hanno speso 5,7 miliardi, nel secondo la differenza. Ci sono riusciti e così hanno riacceso il volano della crescita. Oggi la Spagna marcia con un Pil del 2,8% e l'Italia comincia a decrescere. Siamo in attesa di vedere cosa ci sará nel decreto semplificazioni. Occorre che ci sia un decreto legge che preveda che entro pochi mesi si aprano i cantieri, bruciando una serie di passaggi. In 4 mesi la Spagna ha recepito i progetti che i comuni hanno mandato, hanno predisposto una task force di tecnici che ha redatto bandi, controllato e validato rapidamente progetti, li hanno appaltati e consegnati per l'esecuzione. Chiaramente era più un piano di piccole e medie opere non di opere strategiche, ma questo ha dato linfa immediata a tutta l'economia".

Quanto è costata la crisi alle costruzioni e quanto sono scesi gli investimenti?

"Il mondo delle costruzioni in Italia attiva 32 sistemi economici su 35. Abbiamo perso sul fattore della produzione circa 70 miliardi l'anno dal 2008. Prima avevamo delle produzioni da 200 e più miliardi ora viaggiamo tra i 120-130. Questo ha creato un gap infrastrutturale di 84 miliardi. Siamo l'unico settore che ha perso oltre 600.000 posti di lavoro e oltre 120.000 imprese e mi meraviglio come mai il ministero competente non abbia dato attenzione a questo. Ci si accorge del problema solo quando le grandi imprese vanno in crisi. Bisognerebbe che il ministro aprisse un bel capitolo di crisi di questo settore che sta soffrendo da tanto tempo e che ormai non ha più risorse e possibilitá di dare apporto al Pil. Forse ci sono motivi più importanti in Italia del gossip".

Che cos'è il modello spagnolo

Il 'Plan E' (Espana) è stato adottato dopo lo scoppio della crisi del 2008 con un decreto del re di Spagna del 28 novembre del 2008. È stato finanziato inizialmente con 8 miliardi di euro per il 2009 e poi con altri 5 per il 2020. In due anni sono stati aperti cantieri per un totale di 13 miliardi eseguendo lavori pubblici su strade, scuole, ospedali e sicurezza del territorio. Ha avuto un'attuazione molto veloce attraverso un sistema di regole e di supporto a comuni ed enti locali (che erano 8.000 come in Italia).

L'approccio spagnolo ha snellito le procedure e dato certezze agli enti locali attraverso una struttura di missione (una task force di 150 persone) costruita ad hoc che dava assistenza e rispondeva a tutti i dubbi ed esigenze delle amministrazioni. Sono anche stati messi a disposizione documenti tipo (bandi di gara, decisioni di finanziamento e approvazione dei progetti), consentendo di spendere le risorse stanziate nei tempi stabiliti. La task force garantiva anche sulla bonta' delle procedure e sulla possibilitá di procedere speditamente. Solo per fare un esempio, dopo l'ok della struttura di missione il comune aveva al massimo 7 giorni per pubblicare la gara.


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