Siamo nella Terrazza Falanthra, un poeta materano mi dice che l’ha cercata su Google map e non l’ha trovata, sfido, rispondo io, è una casa privata di una coppia straordinaria di pensionati paramedici che amano gli altri.
L’altro giorno, nel bellissimo rotocalco televisivo su le Ragazze della nostra Italia, emerge la vicenda della prima coppia aperta tra Mirella Parachini, la ginecologa che ha fatto mille battaglie col compianto Pannella fin dal 1974. Ne parlavo con Vito, un coriaceo martinese che ha avuto un riconoscimento per un racconto. Qui, però, siamo nella perifrasi di un nuovo paradigma, coppia aperta non al sesso ma al sociale, che mostra il proprio amore agli altri, riempie la propria casa di amore per la sofferenza, per la solitudine, che vive l’arte della condivisione vera che non è fatta di qualche click sul social, né di pacche sulle spalle, ma di lavoro faticoso, associazione, volontariato, solidarietà. Il clima non è dalla nostra parte, per un’iniziativa su una terrazza del quartiere Paolo VI.
Alle 17,00 piove qualche goccia, poi cielo e terra si mescolano una patina grigia uniforme e arriva l’acquazzone, il vento, la burrasca. Resto sotto il gazebo ad osservare. Mi sovviene il retaggio filosofico, Kant scriveva che il giudizio estetico riguarda anche il sublime che si raggiunge nella tempesta, quando meraviglia e sgomento per un evento naturale, assorbono tutti i neuroni della nostra attenzione, fino a fare foto di un tornado, di un mostro che arriva.
Come fa la moglie di un medico poeta a fine serata, mostrandomi le foto di Taranto con lo smartphone. Verso le sei, dopo un’ora di pioggia, la luce diventa più chiara, quasi dorata, la fotografo per cogliere la speranza.
Poi arriva l’arcobaleno, il tempo si sposta, dal 12* piano è più facile osservarlo dirigersi verso est borbottando laggiù sulla linea dell’orizzonte, si attenua il vento, si apre un varco nel cielo. Mancano pochi minuti alle 20,00 ora di inizio e si monta tutto. Si comincia. Non sono i settanta previsti, qualcuno non ce l’ha fatta per il tempo bislacco, per impedimenti fisici, ma la terrazza si riempie ed il reading poetico tra attestati, antologia stampata e coppe ha inizio e si dipana la serata conclusiva del 4° concorso letterario “Un sogno nel cassetto” organizzato dall'associazione di volontariato Falanthra, a Paolo VI, sulla terrazza di un appartamento privato.
Che dire ancora? Ma si, del pezzo di VerbumlandiArt, associazione leccese proiettata nel mondo dove si muove il globetrotter Palmerini, presente in parte, degli incontri e delle chiacchiere serali, nella fase del convivio, dove Luca, un poeta modenese che mi saluta, però con la voglia di parlare a lungo delle sue esperienze sanitarie con la madre – le mamme sono state presenti nei racconti e nelle poesie, mamme da amare, da perdonare – mentre la Luna, quasi piena appare nel cielo, a pochi giorni dal 20 luglio 2019 quando con il Moon Day, la Rai celebra i 50 anni dello sbarco.
A me piace rappresentarla con la sua vena di malinconia che spinge i poeti col naso all’in su ammaliandosi di parole, di vezzi cortesi, presi al volo mentre canta Veronica Giusti con la sua voce avvolgente ed è magia, tenerezza, con Marco Buzzerio, che con lei fa gruppo Dr Jazz e Mr Funk, sta alla consolle.
E chiudo davvero con le parole di una giurata che ringrazia poeti e scrittori perché la lettura l’ha aiutata ad uscire da una situazione difficile.
Non dico quanto di quest'ultima vicenda appartiene allo scrivente, ma è quello che ci vuole per dare spessore, succo, dolcezza ad un evento che diventa un pezzo di vita, da raccontare, finché voglia ce ne vorrà. Alla prossima.