ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Venerdì, 21 Febbraio 2020 02:02

Migrazione italiana o italica espanzione culturale e commerciale che dura da secoli – Prima parte: Gli italo-levantini

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 Gli italo-levantini  negli anni '20 del '900 Gli italo-levantini negli anni '20 del '900

Quando si parla di migrazione italiana ci si riferisce a quella dello Stato Italiano 1861. Ma in realtà è molto più antica ed è in prevalenza nata da una serie di colonie commerciali avamposti delle repubbliche marinare. Gibilterra il 50% della popolazione era genovese e la lingua locale era il genovese, sino all'arrivo degli inglesi. Corfù, Istanbul vi erano le comunità veneziane. Libia era colonia del Regno di Sicilia che mantenne la concessione delle zolfatare fino al 1860. Il Caso più numeroso fu la Crimea ed Odessa quest'ultima inizialmente si chiamava Ginestra ed era abitata da veneti poi 1794 con la fondazione di Odessa si incremento la presenza italiana che era del 10% degli abitanti. Nelle Americhe liguri, veneti, piemontesi, Lombardi arrivarono in massa fin dalla fine del 1700. Dato storico 1835 Giuseppe Garibaldi era ospite della Comunità ligure a Montevideo. Ospedale Italiano di Buenos Aires nasce nel 1853 ad opera di migranti liguri, veneti, Lombardi, piemontesi... L'italia nasce 1861 con la nascita dell' Italia vi fu la grande migrazione delle popolazioni del ex duo regno di Sicilia che scappavano dalla reprepressione dei Savoia. In Venezuela gli italiani arrivarono con Simon Bolivar nel 1805 per combattere al suo fianco nella guerra d'indipendenza e dato storico incontestabile su sette firmatari dell'atto di indipendenza ben 2 sono italiani. Come sempre la storia è un po' diversa dalla narrazione ufficiale.

Ma andiamo a vedere in sintesi la nostra migrazione che chiamerei più “Italica” che italiana visto che storicamente l'Italia nasce il 17 marzo del 1861, ma l'italicità espansione , commerciale e culturale copre tutti i 5 continenti, limitandomi al dopo Impero romano, dimostrandovi che è praticamente costante nei secoli.

Iniziamo il nostro viaggio dalle Repubbliche marinare: Amalfi, Genova, Pisa e Venezia solo per limitarmi alla nostra bandiera della marina con al centro i 4 simboli delle Repubbliche marinare più grandi e longevoli, ma chi voglia approfondire l'argomento scoprirà che furono molte di più.

Gli italo-levantini

Una delle comunità storiche di emigrati italiani sono gli italo-levantini, che da secoli sono radicati nella moderna Turchia, specialmente a Istanbul (l'antica Costantinopoli) e a Smirne. Gli italo-levantini, che sono insediati nel Mediterraneo orientale dai tempi delle crociate e delle repubbliche marinare italiane, sono una piccola comunità di discendenti dei coloni genovesi e veneziani (e in minor parte pisani e fiorentini) che si sono trasferiti nei fondachi orientali delle repubbliche marinare, principalmente per il commercio e per il controllo del traffico marittimo tra la penisola italiana e l'Asia. Le loro principali caratteristiche sono quelle di avere mantenuto la fede cattolica in un Paese prevalentemente musulmano, di continuare a parlare l'italiano tra loro (pur esprimendosi anche in turco, greco e francese nei rapporti sociali) e di non essersi fusi (con matrimoni misti) con le locali popolazioni turche. Nei decenni intorno alla prima e alla seconda guerra mondiale vennero definiti "levantini", ovvero "italiani del levante". Al 2017 sono presenti, in Turchia, circa 4.000 italo-levantini.

La Torre di Galata a Istanbul, in Turchia, costruita nel 1348 dalla Repubblica di Genova e tuttora simbolo degli italo-levantini

Le colonie delle repubbliche marinare in Oriente

La Repubblica di Genova e la Repubblica di Venezia, ai tempi delle crociate, crearono numerose e importanti colonie nei territori bizantini. Anche la Repubblica di Pisa, il Ducato di Amalfi e la Repubblica di Ancona si riscontrano comunità pugliesi, provenienti dalle più importanti città portuali a partire dalla più nutrita comunità dei baresi ed otrantini. Le diverse comunità ebbero colonie commerciali a Costantinopoli, Smirne e in altri porti dell'Impero d'Oriente.

Oltre quelle delle repubbliche marinare, vanno ricordate le colonie del Regno di Sicilia. (Libia, Malta, e nei Balcani)

Genova e Venezia crearono a Costantinopoli popolosi "quartieri" di circa 60.000 abitanti, ma già nel 1182 furono oggetto di un massacro, da parte dei bizantini. La presenza "latina", peraltro, si reintegrò dopo la Quarta crociata (1204), "sponsorizzata" dai veneziani, che portò alla conquista cattolica di Costantinopoli.

Amalfi aveva fondachi a Costantinopoli, Laodicea, Beirut, Giaffa, Tripoli di Siria, Cipro, Alessandria d'Egitto, Tolemaide e addirittura a Bagdad e in India (AA. VV., capitolo Amalfi, in Napoli e dintorni (guide rosse del TCI), Touring editore, 2001, p. 625-626 ).

Ancona stabilì i suoi fondachi in varie città d'Oriente. A Costantinopoli era il fondaco più importante, dove gli anconetani avevano una propria chiesa, Santo Stefano; inoltre nel 1261 venne loro accordato il privilegio d'avere una cappella nella basilica di S. Sofia tre colonie anconetane erano in Siria (a Laiazzo e a Laodicea), in Romania (a Costanza), in Egitto (ad Alessandria), a Cipro (a Famagosta), in Palestina (a San Giovanni d'Acri), in Grecia (a Chio), in Asia Minore (a Trebisonda). Spostandosi verso occidente, fondachi anconitani erano presenti nell'Adriatico a Ragusa e a Segna, in Sicilia a Siracusa e a Messina, in Spagna a Barcellona e a Valenza, in Africa a Tripoli.

Le colonie gaetane (Gaeta) erano a Tunisi, Bugia, Tripoli ed Alessandria d'Egitto.

Vi erano colonie genovesi in Anatolia (Smirne, Trebisonda e altre), nell'Egeo (Chio/Chios, Mitilene e altre), in Palestina e Libano (Acri) e a Costantinopoli (Pera, Galata), come pure colonie veneziane a Creta, Rodi, Cipro e Negroponte.

«Alle "colonie" genovesi e veneziane distribuite nelle principali città greche e dell'Asia Minore, ma anche in altre parti dell'Impero d'Oriente, costituite da mercanti, artigiani e banchieri, facevano riscontro... l'esistenza di quartieri o anche solo di strade che i mercanti delle due repubbliche marinare avevano ottenuto come feudi nei principali centri commerciali dell'Impero ottomano. I più noti di tali gruppi sono quelli nell'Egeo, a Salonicco, a Chio, a Creta e, in Asia Minore, a Costantinopoli e a Smirne, per i quali già a fine ottocento si distingueva fra un nucleo immigrato di recente e quello "indigeno o storico", discendente dagli insediamenti genovesi e veneziani dell'epoca delle repubbliche marinare. L'importante comunità genovese e veneziana, che risiedeva dal XIV secolo a Istanbul nel quartiere di Galata, sarebbe stata ben riconoscibile agli occhi dei visitatori ancora alla fine del seicento. A questi gruppi andava sommato il contingente degli ebrei sefarditi giunti da Livorno nel Settecento, i francos, spesso sotto la protezione dei consoli francesi.» Patrizia Audenino: Migrazioni italiane

Pisa ebbe fondachi a Costantinopoli, Antiochia, Laodicea, Tiro, San Giovanni d'Acri, Giaffa, Tripoli di Siria, Alessandria d'Egitto e il Cairo. A Tiro fu costituita la nota "Società dei Vermigli" che si segnalò nella difesa della città contro l'attacco del Saladino nel 1187.

Chiunque può approfondire per ragioni di spazio salto le Colonie del Regno di Sicilia che assorbi quelle di Amalfi, Gaeta, quando nel 1130 diventarono parte integrante del Regno di Sicilia sino al 1860. La Libia e Malta però meritano almeno una sintesi. La Seconda Crociata permise infine ai Normanni di Ruggero II di Sicilia di impadronirsi dell'intera costa libica, compresa tra Tripoli e Capo Bon (1135), pur ridando in breve tempo (1163) agli Almohadi di al-Andalus che assunse il titoòo di Re di Libia. Dal 1350 sino alla metà del XV secolo furono i governatori Hafsidi di Tunisi a governare in autonomia la Libia finché le principali città si proclamarono autonome, arricchendosi con la "guerra di corsa" foraggiata anche dalle autorità hafsidi e che vide impiegato un buon numero di corsari che, nel mondo latino coevo, furono definiti "barbareschi".

La minaccia dei corsari barbareschi spinse nel 1510 i re del Regno di Sicilia, in accordo con la Spagna a intervenire, affidando Tripoli e Malta ai Cavalieri di San Giovanni, conservando la concessione delle zofatare libiche sino al 1860, che fu insieme alle zofatare siciliane e all'apertura (1889) del canale di Suez le ragioni del finanziamento inglese a i Mille di Garibaldi, ma questa è un'altra storia.

La conquista ottomana di Costantinopoli e la "Nazione latina"

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italo-levantini del 1800

 

Dopo la conquista turca di Costantinopoli (1453), il problema principale di questi coloni e commercianti, così come per quelli di origine francese, provenzale, napoletana, catalana, anglo-sassone o mitteleuropea, residenti nell'Impero Ottomano, fu quello di definire i rapporti con lo Stato islamico, il quale si caratterizzava essenzialmente come un'istituzione teocratica. La soluzione obbligata fu quella di definire se stessi in base alla propria fede, e cioè la religione cristiana (cattolica), costituendo così un'unica entità culturale a prescindere dalla propria origine etnica: la nazione latina; in ciò furono assecondati dal costituirsi di altre entità a base religiosa che si formarono nell'impero, e cioè la "nazione ebraica", quella "armena" e quella "greco-ortodossa". Per tale motivo furono frequenti i matrimoni tra i cittadini europei dell'Impero, accomunati dalla fede cattolica; di conseguenza, poiché in Italia i componenti della nazione latina furono complessivamente definiti "levantini", è più logico definire l'elemento di origine italiana come "italo-levantino", anziché "italo-turco".

Con la caduta della Repubblica di Venezia (1797) e della Repubblica di Genova (1802), agli italo-levantini originari delle due antiche repubbliche fu attribuita la cittadinanza, rispettivamente, dell'Impero d'Austria (Regno Lombardo-Veneto) e del Regno di Sardegna. Inoltre, negli anni successivi alla Campagna d'Egitto (1798) di Napoleone Bonaparte, si ebbe una notevole penetrazione economica e culturale francese nell'Impero Ottomano. Per tale motivo, nel corso dell'ottocento, la comunità italo-levantina iniziò a subire un processo di assimilazione da parte della Francia, e finì per adottare la lingua francese, mantenendo l'italiano solo come seconda lingua di famiglia.

A fine ottocento, nella Turchia europea, gli italo-levantini erano circa 7.000, concentrati a Galata, cittadina "Genovese" divenuta quartiere di Istanbul. Inoltre a Smirne, agli inizi del novecento, vi era una colonia genovese-italiana di circa 6.000 persone. In quei decenni, letterati come Willy Sperco iniziarono a identificarsi come italo-levantini della Turchia, per differenziarsi dai "levantini" dell'Egitto (italo-egiziani) e del Libano (italo-libanesi).

La guerra italo-turca (1911-12)

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Le situazioni di privilegio per gli italo-levantini si incrinarono con lo scoppio della guerra italo-turca (1911) e, soprattutto, con l'occupazione italiana delle isole del Dodecaneso (1912), all'epoca comprese nei confini dell'impero. La risposta turca non si fece attendere: il 9 maggio 1912, il governo ottomano decise l'espulsione degli italiani residenti nel vilayet di Smirne e, poiché continuava l'occupazione delle isole, il 28 maggio successivo la Sublime Porta decretò l'allontanamento di tutti i cittadini italiani residenti in Turchia, ad eccezione degli operai addetti alle costruzioni ferroviarie, degli ecclesiastici e delle vedove. Tali provvedimenti interessarono 7.000 italo-levantini da Smirne e 12.000 da Costantinopoli. Per evitare il rimpatrio, molti optarono per la cittadinanza ottomana. Gli espulsi furono rimpatriati nei giorni successivi nei porti di Ancona, Napoli e Bari.

La situazione si ricompose con la stipula del Trattato di pace di Losanna del 18 ottobre 1912, ove, all'art. 9, si prevedeva: "Il governo ottomano volendo attestare la sua soddisfazione per i buoni e leali servizi che gli sono stati resi dai sudditi italiani impiegati nelle amministrazioni e che egli si era visto forzato a congedare all'epoca delle ostilità si dichiara pronto a reintegrarli nella situazione che avevano lasciata. Un trattamento di disponibilità sarà loro pagato nei mesi passati fuori d'impiego e quest'interruzione di servizio non porterà nessun pregiudizio a quelli impiegati che avrebbero diritto a una pensione di riposo. Inoltre il governo ottomano s'impegna ad usare i suoi buoni uffici presso le istituzioni con le quali è in rapporto (debito pubblico, società ferroviarie, banche ecc.), perché agiscano nello stesso modo verso i sudditi italiani che erano al loro servizio e che si trovano in condizioni analoghe". Non tutti i rimpatriati, peraltro, optarono per il rientro in Turchia.

Dalla caduta dell'Impero ottomano

l 9 settembre 1914, il governo imperiale ottomano notificava alle potenze europee interessate la decisione di abolire il regime delle capitolazioni a partire dal 1º ottobre 1914. La situazione dei cittadini italiani nell'Impero si aggravò di nuovo con lo scoppio della prima guerra mondiale, che vide i due Stati combattere su fronti opposti. Facilmente intuibile che i nostri connazionali non passarono anni felici, ma restarono.

Nel 1922, a seguito dell'incendio e della distruzione di Smirne nella guerra greco-turca, da parte dell'esercito di Kemal Ataturk, molti Italo-levantini si rifugiarono nel Dodecaneso o direttamente in patria. L'art. 28 del secondo Trattato di pace di Losanna, firmato il 24 luglio 1923, sanciva la completa abolizione delle capitolazioni, anche se alcune garanzie per gli stranieri erano state concordate in una "convenzione sullo stabilimento e la competenza giudiziaria", conclusa in pari data, e in una "dichiarazione relativa all'amministrazione giudiziaria" sottoscritta dalla delegazione turca. Cessava così definitivamente lo status di privilegio ricoperto, sino allora, dalle comunità italiane in oriente.

Nel 1935 la comunità degli italo-levantini nella Turchia di Kemal Ataturk arrivò comunque a contare circa 15.000 membri. La loro presenza fu importante nella decisione turca di adottare l'alfabeto latino per la lingua turca.

Dopo la seconda guerra mondiale si è verificato un notevole ulteriore calo nella consistenza numerica degli italo-levantini, specialmente dopo i moti anti-greci di Istanbul del 1955. Molte famiglie hanno lasciato la Turchia per risiedere comunque al di fuori dell'Italia, pur mantenendo la nazionalità italiana. Proprio nei decenni intorno alla prima e alla seconda guerra mondiale vennero definiti "levantini", ovvero "italiani del levante".

Attualmente, in Turchia, i discendenti dell'antica comunità sono circa un migliaio, concentrati principalmente nell'area metropolitana di Istanbul e a Smirne: lo scrittore Giovanni Scognamillo ne è uno dei principali rappresentanti. Gli italiani complessivamente residenti in Turchia, invece, in base ai dati dell'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero), sono 3.921 al 31 dicembre 2012.

Oggi mi fermo qui nella seconda parte vi raccontero degli Italo-Libanesi, degli italiani di Odessa, degli italiani di Crimea e dei Genovesi di Gibilterra

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