Potrebbe essere l'introduzione della sfiducia costruttiva la chiave di volta per arrivare al varo della nuova legge elettorale. Perchè, dopo l'appello di Nicola Zingaretti agli alleati, subito raccolto da Luigi Di Maio, è oggi Matteo Renzi a lasciare intravedere uno spiraglio nello stretto sentiero che porta alla legge elettorale.
L'apertura di Renzi
Renzi, va sottolineato, rimane un sostenitore del Sindaco d'Italia, quel modello che declina su scala nazionale il sistema di elezione dei sindaci. Ma, ammette, "se si fa il proporzionale, allora si elimina anche il bicameralismo e si mette la sfiducia costruttiva. E' il sistema tedesco". Un varco, quello aperto da Renzi, in cui il Partito Democratico sembra pronto ad infilarsi.
E quella del Pd
E' il senatore dem Dario Parrini, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, a riprendere le parole dell'ex premier spiegando che "in un contesto imperniato su di una legge elettorale proporzionale, la via più lineare per razionalizzare la forma di governo è quella del cancellierato, con l'introduzione, ad esempio, della sfiducia costruttiva e del potere del primo ministro di proporre al capo dello stato sia la nomina che la revoca dei ministri".
Le ipotesi di correttivi
Ma il Partito Democratico rispedisce al mittente anche le accuse di voler stravolgere il dettato costituzionale minando la rappresentatività, politica e territoriale, attraverso il taglio dei parlamentari. "Per evitare qualsiasi guasto, bastano dei semplici adeguamenti regolamentari", spiega ancora Parrini: "Ci sono già delle ipotesi in campo, peraltro suscettibili di ulteriori approfondimenti: le commissioni permanenti senza danno alcuno potrebbero ad esempio diminuire da 14 a 10. Senza rischi può scendere il numero dei membri della giunta per il regolamento, della giunta per le elezioni e delle bicamerali 'permanenti'". Inoltre, "oggi circa 900 consiglieri regionali e oltre 70 parlamentari europei italiani sono eletti direttamente dai cittadini e li rappresentano in istituzioni che hanno rilevanti competenze legislative. Rispetto al quindicennio 1948-63 in cui operò con un Senato composto da meno di 250 membri elettivi, nel processo legislativo il Parlamento italiano ha oggi un ruolo meno centrale, non più centrale".
L'asse Pd-M5s
Prove di intesa che arrivano a 24 ore dal rinsaldarsi dell'asse Pd-M5s. Anche oggi il ministro Luigi Di Maio ha ribadito la necessità di rispettare il patto per le riforme sottoscritto alla vigilia del varo del Conte II: "Ha ragione" Nicola Zingaretti, "nel senso che noi abbiamo fatto un patto quando abbiamo formato il governo: avremmo tagliato il numero dei parlamentari e allo stesso tempo avremmo fatto una nuova legge elettorale e la riforma del regolamento delle Camere".
Di Maio rassicura
E anche Di Maio rassicura sulla tenuta dell'impianto istituzionale: "Io non condivido il concetto che con meno parlamentari il Parlamento è meno forte - ha spiegato l'esponente del Movimento 5 stelle - penso che si rafforzerà proprio perché riformeremo i regolamenti. Dobbiamo mantenere gli accordi. Su questo, come Movimento, siamo totalmente d’accordo".
I dem fissano il timing
Rimane l'incognita dei tempi. Perchè il referendum è fissato per il 20 e 21 settembre, fra meno di un mese. Prima di allora il pd chiede che la legge elettorale sia licenziata in almeno una Camera. Una esigenza che il vice segretario dem, Andrea Orlando, ribadisce: "Sarebbe importante che prima della consultazione referendaria arrivino segnali che vanno nella direzione di una legge elettorale che garantisca la rappresentanza e in questo senso mi pare che qualcosa si è visto anche se non è ancora abbastanza".
Il voto 'no' al referendum "è una sforbiciata a casaccio", dice Castagnetti
L'ultimo segretario del Ppi, il partito erede della storia della Democrazia Cristiana, dice in un'intervista a "la Repubblica" che quella del taglio dei parlamentari "è una revisione della Costituzione nello spirito populista e dell'anti parlamentarismo"
"I dem riflettano è una sforbiciata a casaccio". "Ho comprensione per chi gestisce questa delicata fase politica e ne rispetto le scelte. Ma io al referendum voto No. è una riforma che non merita neppure di essere chiamata tale, perchè si tratta di una sforbiciata al numero dei parlamentari non accompagnata da alcun disegno di riforma". Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, il partito erede della storia della Democrazia Cristiana, dice in un'intervista a "la Repubblica" che quella del taglio dei parlamentari "è una revisione della Costituzione nello spirito populista e dell'anti parlamentarismo che da troppo tempo imperversano" e pertanto "non vedere questo aspetto vuol dire essere politicamente ciechi".
Quindi Castagnetti consiglia al Pd di "riflettere sulle ragioni di merito per cui tre volte ha votato no in Parlamento" per poi ricordare ai dem che "quelle tre valutazioni di merito erano negative" e che "alla quarta lettura l'atteggiamento è cambiato in base all'accordo politico per dare vita a questo governo, che personalmente ho condiviso". Tuttavia, in quell'occasione "erano stati definiti correttivi, nessuno dei quali è andato in porto", rammenta ancora Castagnetti secondo il quale la riforma proposta dai 5 Stelle "è una delle tre proposte finalizzate a ridurre e mortificare il peso del Parlamento".
L'ex segretario Ppi poi aggiunge: "Ci vuole un atto di fede per pensare che quei correttivi siano approvati ora in una situazione politica ancora piu' difficile. Per la legge elettorale proporzionale c'erano le condizioni quando Italia Viva sperava in consensi a due cifre, adesso non mi pare che i renziani siano piu' disponibili. E dunque non c'è la maggioranza".
Per Clementi servono riforme sistemiche e coerenti
Sul Sì o il No al referendum sul taglio dei parlamentari il costituzionalista si dice al momento ancora incerto su dove propendere, ma intanto critica le ragioni del No: "Non ci sono pericoli"
"Con questo taglio non ci sono pericoli". Sul Sì o il No al referendum sul taglio dei parlamentari si dice al momento ancora incerto su dove propendere, ma intanto critica le ragioni del No. In un'intervista al quotidiano "La Stampa" il costituzionalista Francesco Clementi dice che "questo testo, a differenza della riforma del 2016, è una riforma "secca", non organica, mentre ho sempre ritenuto utile una diversa ristrutturazione del bicameralismo e in quel quadro una riduzione del numero dei parlamentari". Affermazione dalla quale fa derivare la sua attuale incertezza, che si traduce in: questa alternativa "Aspettare che nei prossimi anni le forze politiche facciano una proposta organica oppure favorire una riforma incompleta, che tuttavia rompe la cappa di immobilismo?".
Tuttavia si sente di escludere che il voto al taglio dei parlamentari possa costituire un vulnus alla democrazia: "Evitiamo di gridare "al lupo, al lupo". Rimarremo un Paese democratico, comunque vada", afferma Clementi. E aggiunge: "La democrazia ha un costo e non bisogna vergognarsi a dirlo: contano le funzioni, non i costi". Poi sottolinea: "Una rappresentanza di qualità non la dà il numero dei rappresentanti, ma gli elettori con un voto attento". Ma aggiunge anche: "Servono riforme sistemiche, coerenti ed omogenee. Se vincesse il Si', dovrebbero essere approvati innanzitutto quei provvedimenti integrativi che già giacciono in Parlamento: dall'allineamento dell'età per l'eleggibilità a deputato e senatore; la riduzione dei delegati regionali per l'elezione del Capo dello Stato, per evitare squilibri nel voto; e il superamento della base regionale del Senato che, nell'impossibilità al momento di modificare il bicameralismo paritario, può contribuire pure a ridurre il rischio di due maggioranze diverse tra Camera e Senato. Un problema non da poco", rileva.
Ma tagliando i parlamentari si rischia di mandare in crisi il funzionamento del Parlamento? Alla domanda Clementi risponde cosi': "Senza altre e conseguenti riforme, in parte, si'. Per cui vanno ripensati i regolamenti parlamentari", tuttavia "il Senato indubbiamente ne soffrirebbe di più. Ma mai più di quel monocameralismo casuale che oggi registro: con una camera che, a turno, fa, e l'altra che approva a scatola chiusa. Altro che bicameralismo paritario", dunque.
Per il costituzionalista Azzariti il referendum "è una truffa"
Siamo di fronte a una "riforma improvvisata per motivi strumentali", dice l'esperto, secondo cui "ci fanno parlare di numeri e non del vero problema che è la fuga del potere dal Parlamento"
"Riforma improvvisata per motivi strumentali" Lo definisce addirittura "un referendum truffa" il costituzionalista Gaetano Azzariti, che in un'intervista a "La Stampa" motiva il suo severo giudizio dicendo che "essenzialmente ci fanno parlare di numeri e non del vero problema che e' la fuga del potere dal Parlamento", percio' definisce la riforma voluta dai 5 Stelle come una "riforma costituzionale improvvisata, insomma, figlia dello strumentalismo politico". E aggiunge anche: "Penso che l'autorevolezza dei componenti di un organo dipende dall'autorevolezza dell'organo stesso. Se non riusciremo a riportare il Parlamento al centro, come la nostra Costituzione vuole, non sara' la riduzione degli eletti a cambiare le cose. Ne sono consapevoli anche molti fautori del Si', infatti affermano che il taglio sara' il primo passo di successive modifiche".
Pertanto il costituzionalista ritiene che "sarebbe meglio iniziare dalle successive modifiche" e "chi sostiene che meno significa piu' autorevoli, dice una mezza verita'. Qualcuno - sottolinea Azzariti - dovrebbe allora ricordare chi in passato voleva far votare solo i capigruppo, perche' erano piu' autorevoli. Per paradosso, continuando su questa via, un dittatore unico sarebbe il piu' autorevole di tutti. Una iperbole, sia chiaro", tiene a precisare. Poi chiosa: "E' indispensabile una riforma del Parlamento per ridargli la sua centralita'. Sbaglia infatti chi si limita a difendere l'esistente. Cosi' com'e', e' un Parlamento indifendibile". (AGI)