ANNO XVIII Dicembre 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Mercoledì, 24 Gennaio 2024 19:26

Carcinoma uroteliale, nuovi dati confermano terapia mantenimento con avelumab

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Lo anticipa Merck, in occasione del Simposio annuale sui tumori genitourinari della American Society of Clinical Oncology (Asco), in programma a San Francisco dal 25 al 27 gennaio.

Nuovi dati real-world, cioè dalla pratica clinica, rafforzano ulteriormente il regime terapeutico che prevede una chemioterapia di prima linea a base di platino, seguita da una fase di mantenimento con avelumab come standard di cura per i pazienti eleggibili affetti da carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico, che non sono andati in progressione dopo la chemioterapia di prima linea. Lo anticipa Merck, in occasione del Simposio annuale sui tumori genitourinari della American Society of Clinical Oncology (Asco), in programma a San Francisco dal 25 al 27 gennaio.

I dati - spiega una nota - includono studi real-world che confermano, come nello studio clinico 'Javelin Bladder', una sopravvivenza globale mediana di circa 30 mesi nei pazienti senza progressione dopo la chemioterapia di prima linea. Ulteriori analisi effettuate su dati real-word offrono per la prima volta spunti circa i risultati di sopravvivenza globale ottenuti proponendo una sequenza terapeutica che prevede, per pazienti in progressione dal regime di trattamento 'Javelin Bladder', l'utilizzo di anticorpi farmaco-coniugati (Adc, Antibody-drug conjugate) come enfortumab vedotin. Alcuni dati preliminari suggeriscono che nei pazienti che hanno ricevuto la terapia con un Adc, dopo il regime 'Javelin Bladder', la sopravvivenza mediana dall'inizio della chemioterapia di prima linea ha raggiunto i 40 mesi.

"Avelumab, nel trattamento di mantenimento di prima linea - afferma Philippe Barthélémy dell'Institut de Cancérologie Strasbourg Europe, Francia - è diventato lo standard of care per i pazienti con tumore della vescica localmente avanzato o metastatico, con un profilo di efficacia e sicurezza ben consolidato e supportato da anni di esperienza nella pratica clinica quotidiana. Queste nuove analisi si aggiungono all'ampio corpus di evidenze scientifiche che dimostrano come il trattamento di mantenimento con avelumab possa contribuire a prolungare la sopravvivenza globale e offrire potenzialmente una qualità di vita migliore". Inoltre, aggiunge l'esperto, "l'analisi dello studio real-world 'Avenance', attualmente in corso, potrebbe fornire nuove indicazioni secondo le quali l'uso iniziale del regime 'Javelin Bladder', seguito da un trattamento di seconda linea con un Adc come enfortumab vedotin, potrebbe migliorare notevolmente gli esiti di sopravvivenza globale dei pazienti. Questi risultati sottolineano l'importanza di un trattamento strategico di sequenza per ottimizzare i risultati dei pazienti". 

"Lo studio 'Javelin Bladder 100' - osserva Tamas Sütö, Senior Vice President e Head of Medical Unit Oncology di Merck - ha contribuito a trasformare lo standard di cura per i pazienti con tumore della vescica in stadio avanzato in un momento in cui, da decenni, non si vedevano importanti progressi. Continuando a condividere le nuove ricerche su avelumab, compresi i dati sulla qualità della vita correlata alla salute, sulle popolazioni 'chiave' di pazienti e sulla sequenza terapeutica, possiamo aiutare ulteriormente i clinici a prendere decisioni consapevoli circa il trattamento di ogni singolo paziente".

Il tumore della vescica è il decimo tumore più comune al mondo, ricorda la nota. Nel 2020 sono stati diagnosticati oltre mezzo milione di nuovi casi, con circa 200mila decessi per questa malattia a livello globale. Il carcinoma dell'uretra, che rappresenta circa il 90% di tutti i tumori della vescica, diventa più difficile da trattare man mano che avanza, diffondendosi attraverso gli strati della parete della vescica. Solo il 25%-55% dei pazienti riceve una terapia di seconda linea dopo la chemioterapia di prima linea.

Avelumab è un anticorpo monoclonale umano contro il ligando del recettore di morte programmata (Programmed cell death) PD-L1. Bloccando l'interazione ligando-recettore, rispettivamente tra PD-L1 e PD-1, ha dimostrato in modelli preclinici di agire sbloccando la soppressione della risposta antitumorale immunitaria mediata dalle cellule T. Adnkronos

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