"Paradossalmente si potrebbe dire che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell'Italia sotto il regime fascista". Lo scrivono i giudici del tribunale di Bologna nell'ordinanza con cui si chiede alla Corte di Giustizia europea di esprimersi sul decreto migranti.
In seguito ad "alcuni provvedimenti giurisdizionali" e "sino alla decretazione d'urgenza" di cui al "dl Paesi sicuri" - spiega il tribunale - si sono manifestate "in modo obiettivo e virulento" delle "gravissime divergenze interpretative del diritto europeo" che occorre dissipare attraverso un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue. "In presenza di un gravissimo contrasto interpretativo del diritto dell'Unione, qual è quello che attualmente attraversa l'ordinamento istituzionale italiano - si legge - il rinvio alla Corte è opportuno al fine di conseguire un chiarimento sui principi del diritto europeo che governano la materia".
"Il sistema della protezione internazionale - argomentano i giudici prima di tirare in ballo la Germania nazista e il regime fascista - è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori, statuali o meno. Salvo casi eccezionali (lo sono stati, forse, i casi limite della Romania durante il regime di Ceausescu o della Cambogia di Pol Pot), la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Se si dovesse ritenere sicuro un paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica".
Cosi', ragionano i giudici, il Conseil d'Ètat francese "ha ritenuto illegittime le designazioni del Senegal e del Ghana, perché vi è persecuzione delle persone Lgbtqia+" e allo stesso modo si è comportata la Corte suprema inglese quando "ha dichiarato illegittima la designazione della Giamaica in ragione della persecuzione delle persone Lgbtqia+, osservando come in questi casi non si tratti di superare la presunzione di sicurezza sulla base di una eccezione individuale, ma di verificare se il paese sia sicuro per intere categorie di persone e ritenendo al riguardo irrilevante che il paese sia, invece, sicuro per la maggioranza della popolazione".
Il tribunale di Bologna chiede che la Cgue dica "se la presenza di forme persecutorie o di esposizione a danno grave concernenti un unico gruppo sociale di difficile identificazione - quali ad esempio le persone Lgbtiqa+, le minoranze etniche o religiose, le donne esposte a violenza di genere o a tratta ecc. escluda" la designazione di Paese sicuro; e se in caso di contrasto tra la direttiva europea e le disposizioni nazionali "sussista sempre l'obbligo per il giudice nazionale di non applicare queste ultime, in particolare se tale dovere per il giudice di disapplicare l'atto di designazione permanga anche nel caso in cui detta designazione venga operata con disposizioni di rango primario, quale la legge ordinaria".
Si chiede alla Cgue di esprimersi con urgenza, tra l'altro, per "la gravita' dell'inedito conflitto istituzionale in corso". "L'opinione per cui gli atti di designazione sono, quali 'atti di alta politica', sottratti al sindacato giurisdizionale -affermano i giudici - ha condotto a una gravissima e inedita crisi istituzionale, di cui ha dato ampiamente conto la stampa europea".
I ricorsi del Viminale non andranno alle Sezioni Unite della Cassazione
Non saranno le sezioni unite della Corte di Cassazione a discutere i ricorsi promossi dal Ministero dell'Interno contro l'ordinanza del Tribunale di Roma che non ha convalidato il provvedimento di trattenimento in Albania nei confronti di dodici migranti. La prima presidente della Corte di Cassazione ha infatti rigettato l'istanza di assegnazione alle sezioni unite e disposto che i ricorsi siano trasmessi alla Prima Sezione civile, che li discuterà il prossimo 4 dicembre in udienza pubblica. AGI