L’opposizione venezuelana ha passato il primo scoglio per il referendum revocatorio volto alla destituzione del presidente Nicolas Maduro: benché il governo contesti la validità di parte delle firme e dell’intera procedura, i movimenti anti-chavisti riuniti nel Tavolo dell’Unità Democratica sono riusciti a raccogliere il milione di firme previsto dalla legge, ed è stato il Consiglio Elettorale Centrale a certificarlo:
Il Consiglio non ha però fissato una data per la prossima tappa di un processo lungo, che prevede la raccolta e la convalida in soli tre giorni delle firme del 20% degli elettori (almeno quattro milioni), in modo che il referendum venga indetto. Quindi, perchè la consultazione abbia successo, il sì alla destituzione di Maduro deve ottenere un numero pari o maggiore a quello degli elettori che lo hanno votato nel 2013, ossia oltre 7,5 milioni.
“In tutti i 24 Stati è stato raggiunto il requisito dell’1% di voti validi, e la certificazione sarà estesa dalla segreteria”, ha detto la presidente del Consiglio Elettorale, che ha fatto riferimento anche alla verifica delle firme contestate dal governo.
E per il governo è tra l’altro la motivazione stessa del refrendum a rendere caduca tutta la procedura: “Il referendum destitutivo è legalmente morto perché non si può costruire nulla su questa base che è profondamente fraudolenta”, ha detto un esponente della maggioranza socialista.
Il problema per l’opposizione è che, approvata la prima fase, non c‘è ancora una data per il varo della seconda, nella quale si dovranno raccogliere le firme del 20% degli iscritti nelle liste elettorali.
Se Maduro cadesse quest’anno si ricorrerebbe a un nuovo voto, altrimenti verrebbe semplicemente sostituito fino a fine mandato dall’attuale vice-presidente.
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